urlo
s. m. [der. di urlare] (pl. gli urli, degli animali o anche dell’uomo, se isolati o comunque non considerati nel loro complesso; le urla, solo dell’uomo). – Grido acuto e prolungato: l’u. del lupo, del cane, dello sciacallo; urli di belva ferita; mandare, emettere, dare, fare un u.; con partic. riferimento all’uomo: un u. di gioia, di entusiasmo, di dolore, di spavento; cacciare, gettare un u. (soprattutto di spavento); urla di protesta; al suo apparire sul podio fu accolto dall’u. della folla che gremiva la piazza; gli urli dei cantanti, dei divi della canzone (v. urlatore). Per estens., al plur., discorso o serie di frasi, di parole, pronunciati a voce molto alta: con le sue urla mi ha assordato; sentirai i suoi urli quando torna e si accorge del danno; quelli che non potevano aiutare, facevan coraggio con gli urli (Manzoni). In usi fig., suono molto forte e acuto, che somiglia a un urlo: l’u. della sirena, l’u. del vento, l’u. del mare in tempesta. Con altro uso fig., nell’espressione del gergo giovanile da u., di cosa o persona che colpisce vivamente per alcune sue doti o qualità (con sign. simile a forza, schianto): indossava un abito da urlo. ◆ Dim. urlétto; accr., raro, urlóne; pegg. urlàccio, urlo d’ira o d’indignazione, di rimprovero.