uscio /'uʃo/ s. m. [lat. ōstium "porta, entrata", lat. tardo ūstium, affine a os oris "bocca, apertura"]. - 1. [spec. in Toscana, apertura che permette di entrare o uscire da un'abitazione: l'u. di casa; affacciarsi all'u.] ≈ porta, portone. ‖ entrata, ingresso, soglia, uscita. ● Espressioni (con uso fig.): infilare (o prendere) l'uscio (di casa) → □; mettere all'uscio [allontanare dalla propria presenza] ≈ allontanare, cacciare, estromettere, mandare via, mettere alla porta, scacciare. 2. (fig., poet.) [luogo attraverso il quale passa qualcosa per uscire: aperta la via per gli occhi al core, Che di lagrime son fatti u. e varco (F. Petrarca)] ≈ passaggio, uscita, varco. □ infilare (o prendere) l'uscio (di casa) [andare via di soppiatto] ≈ (fam.) darsela a gambe, filarsela, (non com.) sbiettare, (non com.) sbucciarsela, (fam.) squagliarsela, (fam.) svignarsela, (fam.) tagliare la corda, (gerg.) telare. ↓ andarsene, defilarsi.