uso2
uṡo2 s. m. [lat. usus -us, der. di uti «usare», part. pass. usus]. – 1. a. Il fatto di usare, di servirsi di una cosa (raram. di una persona) in modi e per scopi particolari: l’u. moderato del vino durante i pasti non è dannoso; per la versione d’esame è concesso l’u. del vocabolario; medicina per u. esterno, o per u. interno (v. rispettivam. esterno, n. 1 a, e interno, n. 1 c); istruzioni, avvertenze per l’u., stampate sull’involucro o su appositi foglietti allegati a strumenti, dispositivi, medicine e prodotti varî, che insegnano il modo di usarli per ottenere l’effetto voluto; oggetto che serve a più usi, a tutti gli usi; ne ho fatta una copia per mio u. personale; storia della filosofia a uso dei licei, edizioni di classici a uso dell’infanzia, compilate con criterî tali da rendere adatte le opere per gli studenti di liceo, per i bambini, ecc.; fare uso, usare, utilizzare, consumare per il proprio bisogno: far buono, cattivo u. del tempo, delle ricchezze, ecc.; fare molto u. di uova, di latticinî; mettere, porre in uso, utilizzare: metterò in u. il tuo consiglio; vedrai ben tosto Come da me il tuo dono in u. è posto (T. Tasso); moneta d’uso nel secolo sedicesimo, usata in quel secolo; essere fuori d’u. o, più comunem., fuori u., di cosa non più utilizzabile: queste scarpe sono ormai fuori u. (spesso fig., con riferimento a persona impossibilitata a svolgere la sua normale attività: uno dei migliori giocatori della squadra è fuori uso a causa di uno strappo muscolare; mettere fuori uso qualcuno, renderlo inabile: una brutta caduta lo ha messo fuori uso per un paio di settimane); anche come locuz. agg.: tavoli, sedie fuori u.; abiti fuori u.; roba fuori u., tanto deteriorata da non essere più utilizzabile. In economia, valore d’u., lo stesso che utilità (v. utilità; valore). In diritto, u. legittimo delle armi, da parte di un pubblico ufficiale (o di persona da lui richiesta), riconosciuto non punibile dal codice penale in determinate circostanze, come quando vi sia la necessità di respingere una violenza, o di impedire la consumazione di specificati delitti; per il furto d’uso, v. furto, n. 1 a. b. Possibilità, capacità o facoltà di usare: è grande e deve avere ormai l’u. della ragione; perdere l’u. della parola; riacquistare l’u. delle braccia; una paralisi gli ha tolto l’u. della gamba sinistra; camera ammobiliata con u. di cucina. c. In diritto, uso, diritto reale di godimento della cosa altrui, mobile o immobile, e di farne proprî i frutti nei limiti delle necessità del titolare (usuario) e della sua famiglia; non uso, nel diritto romano e anche moderno, modo di estinzione della servitù e dell’usufrutto consistente nel non esercitarne per un determinato periodo di tempo le facoltà essenziali; prestito a uso, v. comodato; u. civici, diritti perpetui di uso, di antichissima origine e tradizione, spettanti ai membri di una collettività come tali su beni appartenenti al demanio o a enti pubblici, o anche a privati (per es., facoltà di pascolo, di alpeggio, di raccogliere legna, in alcuni casi anche di seminare e far proprio il raccolto). In partic., beni demaniali di uso pubblico, destinati all’uso generale, libero e normalmente gratuito, concesso a tutti i singoli in quanto componenti la collettività, senza necessità di un particolare atto di autorizzazione (come nel caso del passaggio sulle strade pubbliche), oppure con l’intervento di una particolare attività dell’autorità amministrativa (come nel caso dell’ingresso in un museo o in una biblioteca); oltre l’u. ordinario generale, può ravvisarsi, in taluni beni demaniali, anche un u. ordinario speciale (per es., a favore dei frontisti sulle strade pubbliche), nonché un u. eccezionale (per es., concessioni particolari su cosa demaniale). d. Modo in cui si usa un oggetto; scopo o funzione per cui una cosa è adoperata: non conosco l’u. di questo strumento; a che u. serve questo macchinario? Quindi, talvolta, scopo, fine: s’immaginavano che le stelle e i pianeti fossero, come dire, moccoli da lanterna piantati lassù nell’alto a uso di far lume alle signorie loro (Leopardi), per far lume, al solo scopo di far lume. 2. a. Il fatto di usare abitualmente o ripetutamente una cosa, di esercitarsi in una disciplina, in un’arte: le lingue si apprendono con l’u.; l’u. perfeziona molto spesso la conoscenza teorica; letter., non com., pratica acquisita con l’esercizio, abito: se nuova legge non ti toglie Memoria o uso a l’amoroso canto Che mi solea quetar tutte mie doglie (Dante); non com., abitudine, assuefazione: alle tue sfuriate ormai ci ho fatto l’u.; gli uomini ... sarebbero incodarditi e prostrati di cuore, come interviene per l’u. dei patimenti (Leopardi). b. ant. Il fatto di praticare, di frequentare qualcuno, di stare in sua compagnia: avendone pertanto privati la fortuna dello u. d’uno tanto amico, mi pare che non si possa farne altri rimedi che ... di godersi la memoria di quello (Machiavelli). 3. a. letter. o non com. Abitudine, consuetudine (di una singola persona o di più persone): in sembianti ei parve oltra il mortale Uso benigni allora (Parini), con aspetto più benigno di quanto normalmente avvenga tra gli uomini; avere in u. o per u., essere solito: ha in u. di andare alla messa ogni mattina; non ho in u. di mentire; porgea matutini i preghi suoi Goffredo a Dio, come egli avea per uso (T. Tasso); non è mio u. impicciarmi degli affari altrui; con senso peggiorativo: l’ha per u. di seccare il prossimo; locuz. avv. per uso, abitualmente: Vaghe stelle dell’Orsa, io non credea Tornare ancor per u. a contemplarvi (Leopardi). b. Modo di comportarsi, generalmente seguito in una determinata epoca o in un determinato ambiente, proprio di una collettività, di un gruppo etnico o sociale: u. paesani, popolari, borghesi, aristocratici; un u. nordico, meridionale; gli u. degli Eschimesi, dei Pigmei; usi e costumi, espressione usata nell’etnografia tradizionale per indicare le manifestazioni, le usanze e le tradizioni, le cerimonie e i riti, dei varî popoli, nella sfera delle attività materiali, sociali, spirituali, nella vita privata e pubblica: gli usi e i costumi degli Algonchini, delle tribù bantu, ecc. In partic., modo di vestire, di acconciarsi (sinon. di moda): l’u. delle gonne corte; l’u. dei jeans si è diffuso in quasi tutto il mondo; stanno uscendo o tornando d’uso i capelli lunghi. Con sign. più vicino a quello di tradizione e usanza: è un u. dei pastori d’Abruzzo; usi che ancora sopravvivono nelle campagne; l’u. di dare la mancia va scomparendo; secondo l’u. del tempo, il primogenito ereditò tutti i beni immobili. c. In diritto, sinon. di consuetudine, termine a cui è peraltro unito nella locuz. consuetudini e usi locali, con cui sono indicate quelle norme che, in determinate zone geografiche, sono tradizionalmente e praticamente seguite per disciplinare una materia o stabilire un rapporto, soprattutto nel settore agricolo e commerciale, e che acquistano valore giuridico soltanto se inserite in apposita raccolta predisposta, presso ogni provincia, dalla Camera di commercio. Con sign. più tecnico: u. normativo, l’uso che è fonte del diritto, distinto dagli usi che non lo sono, cioè gli u. contrattuali o negoziali, che hanno una funzione integrativa (cosiddetti u. integrativi o suppletivi) o interpretativa (cosiddetti u. interpretativi) della volontà negoziale, e in relazione a tale specifica funzione acquistano la natura di elementi di fatto della volontà dei contraenti. In marina, usi marittimi (o di mare), il complesso di tutte le norme generali e locali derivanti da tradizioni pratiche, che danno l’interpretazione autentica delle espressioni sintetiche correnti in un luogo, degli idiotismi, dei termini stranieri, ecc., e dei loro effetti nella esecuzione di contratti marittimi; uso del porto, locuzione adoperata nei contratti di noleggio marittimi per significare che il modo, il tempo, ecc., dello scarico delle merci imbarcate verranno regolati dalle norme usuali del porto dove esso verrà eseguito. d. Il particolare modo in cui viene attuato un sistema linguistico generale e astratto in un determinato periodo di tempo, ambiente geografico o socio-culturale, settore di attività, tipo di funzioni dell’atto linguistico: parole, espressioni dell’u. antico o antiquato o dell’u. contemporaneo, dell’u. comune, corrente o colto, elevato; u. parlato, colloquiale, familiare, contrapp. a u. scritto, letterario, poetico; termini, espressioni dell’u. tecnico, scientifico, burocratico, giornalistico, o dell’u. nazionale, regionale, toscano, settentrionale. Adoperato assol., senza determinazioni, l’uso comune e corrente, contemporaneo, proprio in generale dell’intera comunità linguistica: la lingua dell’u.; attenersi all’u.; l’accentazione corretta di «edile» è piana, ma nell’u. ormai è sdrucciola; è l’u., più che la grammatica, che fa legge; vocabolario, dizionario dell’u., che attesta lo stato corrente, contemporaneo, di una lingua, in contrapp. al dizionario storico, che ne segue l’evoluzione diacronica; con l’iniziale maiuscola, quasi fosse personificato: l’Uso è l’arbitro, il signore delle lingue, come tutti affermano, anzi, si può dire, è le lingue stesse (Manzoni). 4. Locuz. particolari: all’uso, secondo l’uso, il modo caratteristico di (riferito soprattutto alla preparazione di cibi e al modo di vestire): cucina, cucinare all’u. toscano; lasagne al pesto all’u. genovese; zuppa di cipolle all’u. di Parigi; vestire all’u. inglese; a uso, a somiglianza di: io non vorrei, per questo fatto, essere abbruciato vivo, a u. della fenice (Leopardi); senza la prep. di, come forma pop. tosc.: mi contenterò, invece, di portarvi domani all’oste del vicino paese, il quale vi spellerà e vi cucinerà a uso lepre dolce e forte (Collodi). Adoperato assol. in forma brachilogica, con la soppressione delle preposizioni, indica, spec. nel linguaggio comm. e burocr., sia che un prodotto o un materiale può sostituire un altro, di solito più pregiato, nella stessa utilizzazione: materiali sintetici uso pelle, uso tela, uso canapa (per fodere, rivestimenti, copertine, oggetti varî); carta uso pergamena; sia la specifica utilizzazione, cui l’oggetto è destinato: carta uso bollo; certificati in carta semplice uso concorso, ecc., da presentare per un concorso, ecc.; fotografie uso tessera, per tessere di riconoscimento; appartamento uso ufficio. In urbanistica, destinazione d’uso, una delle limitazioni al diritto di proprietà che un piano regolatore generale o particolareggiato può porre su una determinata zona o immobile, vincolandoli a una specifica utilizzazione e che in sede di licenza edilizia può essere indicato, limitatamente ad alcuni ambienti di un edificio (locali ad uso cantine, autorimesse, lavatoi, ecc.).