varieta1
varietà1 s. f. [dal lat. variĕtas -atis, der. di varius «vario»]. – 1. a. La qualità di ciò che è vario, sia di più cose che sono diverse tra loro, sia di una cosa singola, in quanto sia diversa negli elementi che la compongono, negli aspetti che via via assume, o in altri elementi e caratteri (contrapp. a uniformità): la grande v. dei vini italiani; la v. dei metri usati da Carducci; la v. del paesaggio veneto, delle coste liguri; v. di opinioni, di gusti; v. di stile; artista, studioso notevole per la v. dei suoi interessi; a me nei cibi piace la v., piace variare; una trattoria che ha scarsa v. di piatti. b. In senso meno astratto e con valore collettivo, l’esistenza di un certo numero di oggetti della stessa specie, ma varî tra loro per alcune qualità (la distinzione dall’accezione prec. non è tuttavia netta, e alcune delle frasi già date e di quelle che seguono possono essere adoperate sia con l’uno sia con l’altro senso): la v. dei fiori di un giardino; la v. dei marmi, delle gemme, degli odori, dei sapori; puoi scegliere: abbiamo molta v. di vini; la prodigiosa v. di temi nella musica mozartiana. Teatro, spettacolo di v., in cui si alternano numeri varî (v. varietà2). 2. Con valore concr., ogni singolo oggetto o individuo, o gruppo di essi, che si distingua per alcuni caratteri particolari dagli altri della stessa specie: ci sono molte v. di quarzo; una v. più pregiata, più economica; una v. bellissima di rose, di garofani. Con usi e sign. specifici: a. In biologia, gruppo della sistematica biologica (abbreviato in «var.») di ambito inferiore alla sottospecie, da taluni considerato press’a poco equivalente alle razze prodottesi spontaneamente in natura. Per v. fisiologica in botanica, v. fisiotipo. b. In agraria il termine è usato per indicare individui della stessa specie che presentano variabilità per fattori ambientali o per eterogeneità genetica; per le piante coltivate, è stato adottato in sostituzione il termine cultivàr (v.). c. In linguistica, l’insieme delle manifestazioni e realizzazioni che caratterizzano un sistema linguistico dal punto di vista geografico, storico, sociologico o comunicativo: la v. settentrionale, la v. meridionale; le v. diastratica e diafasica dell’italiano. Non com. come sinon. di variante. In partic., v. di posizione, lo stesso che variante di posizione, di un fonema o altro elemento del sistema linguistico. d. In filatelia, francobollo che presenta difformità dal tipo predisposto per il colore, la stampa, la dentellatura, la disposizione nel foglio, ecc.; ha alto valore commerciale. 3. In matematica, generalizzazione dei concetti di curva e di superficie (cioè di enti a una o due dimensioni): si tratta di una figura geometrica a n dimensioni (con n intero positivo) tale che le coordinate dei suoi punti dipendono, in modo continuo, da n parametri; per es., come nel piano si considera una circonferenza (curva, o v. a una dimensione) e nello spazio una superficie sferica (superficie, o v. a due dimensioni), così nello spazio a quattro dimensioni si può considerare la «ipersuperficie di una ipersfera», v. a tre dimensioni. Si possono dare varie definizioni del concetto di varietà, a seconda del tipo di spazio a cui ci si riferisce e delle particolari proprietà che si vogliono mettere in evidenza: si parla allora di v. algebrica (definita da un sistema di equazioni algebriche), di v. differenziabile (nel caso in cui le coordinate si possano rappresentare per mezzo di funzioni differenziabili dei parametri), di v. lineare, di v. topologiche, ecc.