vecchiaia
vecchiàia s. f. [der. di vècchio]. – 1. a. L’età più avanzata nella vita dell’uomo, nella quale si ha un progressivo decadimento e indebolimento dell’organismo, con caratteri morfologici e organici proprî compresi anch’essi sotto il nome di vecchiaia (nel linguaggio medico è preferito il termine senilità): essere sulla soglia della v.; raggiungere la tarda v.; pensare alla v., provvedere alla propria v., mettere da parte per la v., facendo economie e risparmî da potere sfruttare quando si sarà vecchi; chi ride in gioventù, piange in v., prov., gli stravizî giovanili si scontano da vecchi; è morto di v., morirà di v., espressioni fam., riferite a persona mantenutasi sana e robusta fino alla più tarda età; bastone della v., figlio o nipote (o più raramente un estraneo) che sia o si prevede che potrà essere il sostegno materiale e morale di persona molto anziana: tu sarai il bastone della mia vecchiaia. Anche di animali: un cane, un cavallo sfinito dalla v.; estens., di piante, e in usi fig. scherz. di cose: un noce seccatosi per la v.; una vettura ormai fuori uso per troppa vecchiaia. b. Include in genere, oltre all’idea dell’età, quella del peso degli anni, e degli incomodi che la senilità porta con sé (e in questo differisce da vecchiezza): assicurazione per l’invalidità e la v. (v. invalidità); v. precoce; i primi sintomi della v.; gli acciacchi, i malanni della v.; scherz., è la v., caro mio!, a chi si lamenta di qualche incomodo attribuendone l’origine a cause contingenti. 2. Con valore collettivo, i vecchi: rispettare la v.; la v. ha bisogno di assistenza.