vedere. Finestra di approfondimento
Percepire con la vista - Parallelamente all’opposizione tra ascoltare e sentire (v. scheda ASCOLTARE), quella tra guardare e v. implica in genere un maggior coinvolgimento del sogg. nel primo verbo. Guardare, pertanto, rispetto a v., si presta meno agevolmente a costruzioni passivanti quali: si vedono molte persone; si vedeva uno strano bagliore. Inoltre, la sfera dei sign. di v. è molto più ampia di quella di guardare, che è verbo più specifico, designando un vedere con attenzione. Nel registro fam. è abbastanza netta la distinzione tra v. e vederci, poiché con la seconda forma si intende propriam. «avere la possibilità di vedere»: senza occhiali non ci vedo; ci vedi da questa distanza?; mio nonno ormai non ci vede più quasi per niente (tutti esempi nei quali, nello stile formale, si preferirebbe il solo v.). Con scorgere si intende invece un vedere appena o a stento, con i sinon. più specifici e meno formali avvistare, distinguere e intravedere: il primo nel senso di «riuscire a riconoscere da lontano», e spesso usato in contesti bellici o geografici (fu avvistata una nave da guerra; avvistammo un raro esemplare di aquila); il secondo, con particolare riferimento ai tratti e ai particolari individuati o, più spesso, non individuati (riuscì a mala pena a distinguere la sua casa, a quella distanza); il terzo, con riferimento alla difficoltà o alla superficialità del vedere (alla festa ti ho appena intravisto).
Vedere con più o meno attenzione - Se nel vedere si impiega partic. attenzione il verbo più adatto, oltre a guardare, è osservare, che ne è la variante intens.: alla sera la vidi un istante sul balcone, e osservai che aveva gli occhi soffusi di lacrime (I. U. Tarchetti). Analogo è notare, che però può anche voler dire «vedere superficialmente»: non mi ha nemmeno notato. Decisamente intens. è esaminare, che è un guardare con attenzione per verificare, provare, valutare, concludere e sim.: il dottore esaminò la piaga (I. Nievo). Fissare è un guardare intensamente e insistentemente: mi fissò negli occhi con uno sguardo, che mi fece arrossire (C. Boito). Scrutare indica sempre un guardare con estrema attenzione, ma anche spesso con diffidenza, alla ricerca di un particolare o di un difetto: scrutò lo spazio con l’occhio del cacciatore e del marinaio (G. D’Annunzio). Squadrare è analogo a scrutare, ma sottolinea ulteriormente l’idea della diffidenza, quasi del guardare dall’alto in basso, con sufficienza: per lunghi anni essa mi squadrò con occhio diffidente (I. Svevo). Se si guarda senza voler essere visti, il verbo adatto è sbirciare o spiare: sbirciare dalla serratura. Il guardare con vivo apprezzamento o meraviglia è detto ammirare o, più formalmente, contemplare,mirare,rimirare: ammirò un fiore quando gli venne voglia di coglierlo per lei (F. Tozzi); contempla il tramontare del sole (U. Foscolo). Se si parla di spettacoli, guardare e v. sono entrambi possibili, anche se non sempre intercambiabili: si può v. o guardare la televisione, ma al cinema si va solo a v. un film (viceversa: ieri sera in televisione abbiamo guardato – o visto – un bellissimo programma). Come sinon. di leggere è più appropriato v. di guardare. Infatti, un enunciato come sto guardando il suo ultimo libro fa pensare all’azione di osservare la copertina, o le illustrazioni contenute nel libro, piuttosto che a una lettura vera e propria. Oppure: ho guardato quell’articolo (= «gli ho appena dato un’occhiata, l’ho leggiucchiato»); ho visto quell’articolo (= «l’ho letto»). Sembra, in questi casi, curiosamente ribaltato il consueto rapporto tra v. e guardare, dal momento che il secondo verbo sembra più un vedere dall’esterno, mentre il primo un vedere internamente.
Capire e prestare attenzione - La differenza tra un livello maggiore o minore di attenzione spicca negli usi estens. o fig. di v. e guardare, laddove al secondo verbo corrisponde sempre il grado maggiore di attenzione. V. può infatti essere sinon. dei più ricercati constatare o prendere atto (di): vedo che non sono gradito qui. In casi simili, v. è spesso usato come inciso: son ridotto a mal partito, come vedi, caro mio Enrico (E. De Amicis). Oppure può sostituirsi a capire, o a giudicare, secondo gli usi commentati sotto il lemma vedere. Guardare è invece sinon. di badare,fare attenzione,pensare e, molto più spesso di v., è spesso usato all’imperat., in esortazioni, ammonizioni, minacce e sim.: leggi e guarda come sei imbecille colla tua gelosia (G. C. Chelli); guarda che ti rendo la pariglia! (G. Verga). Data la scarsa intenzionalità di v., è ovvia la bassa frequenza dell’imperativo, di contro all’uso frequente come inciso.
Interiezioni e segnali discorsivi - Sia v. sia guardare possono essere usati come segnali discorsivi, in genere per iniziare un enunciato, per esprimere un’esitazione, per raccogliere le idee, per invitare l’interlocutore all’ascolto e sim.: ma, vedi, non vorrei offenderti con quanto sto per dirti. È frequente anche la forma vediamo, quasi per prendere tempo: vediamo un po’ da dove possiamo cominciare. Guardare è di solito un richiamo più intens. all’interlocutore: questo, guarda, è veramente troppo! Oppure può anche introdurre un’esclamazione tra sé e sé: ma guarda un po’ che cosa mi tocca sopportare! Data l’alta frequenza di questi due verbi, in contesti esclamativi, in usi fam. o region. da v. e guardare si sono originate anche delle interiezioni. La prima, anvedi!, è tipicamente roman. ed equivale a ammazza! o ad altre forme più colorite (mortacci!,cazzo! e sim.), nell’esprimere grande stupore: anvedi quant’è scemo! La seconda, va’ o vah, è invece d’origine settentr. (da varda, imperat. di guardare in alcuni dialetti, secondo l’originario etimo germ. wardon), ma diffusasi nel registro fam. di gran parte dell’Italia: ma va’ là; vah che disastro che hai combinato!; ma come, è ancora vivo? oh vah! proprio vivo? (L. Pirandello).