velivolo
velìvolo agg. e s. m. [dal lat. velivŏlus, agg. (con i sign. qui indicati al n. 1), comp. di velum «vela» e tema di volare «volare»]. – 1. agg., letter. raro. Di nave, che naviga veloce con le vele: su i legni v. le molte Robe imponemmo (Pindemonte); di mare, solcato da veloci navi: questo nostro monte in conspetto ... al velivolo Adriatico (Carducci). 2. s. m. Aeromobile più pesante dell’aria (aeroplani, idrovolanti, ecc.), sostenuto in volo da uno o più piani alari e dotato di sistema propulsivo proprio (più raram., aeromobile ad ali fisse privo di apparato motore, come per es., gli alianti). Il termine, introdotto da G. D’Annunzio nel suo romanzo Forse che sì forse che no (1910), è attualmente meno com., anche se frequente nel linguaggio tecn. e giornalistico, di aeroplano o aereo (forma pressoché esclusiva, quest’ultima, nell’uso corrente). Secondo le caratteristiche costruttive e l’impiego si hanno: v. antisommergibile, attrezzato con particolari dispositivi elettronici per la ricerca e la caccia antisom; v. a reazione, sinon. di aviogetto; v. cisterna, per il rifornimento in volo di altri aeromobili; v. rimorchiatore, per il traino degli alianti; v. tuffatore, per il bombardamento in picchiata; v. da caccia, da bombardamento, da trasporto, da ricognizione, da assalto, da collegamento, da turismo, silurante, scuola; v. tuttala (v. tuttala); v. teleguidato, guidato a distanza mediante sistemi elettronici; per v. imbarcati s’intendono aerei e elicotteri che hanno base su unità navali, generalm. militari, e operano su idonee strutture scoperte (ponti di volo).