vello
vèllo s. m. [dal lat. vellus (-ĕris); forse incrociato con vĭllus «villo»]. – 1. a. Il mantello degli animali produttori di lana, che, in zootecnia, si distingue in aperto, semiaperto o chiuso, a seconda che i singoli fiocchi siano di forma conica, o più o meno prismatica: il v. della pecora, della capra, del montone; la lana stessa, tosata ma non cernita, ancora mescolata a impurità vegetali (lappole, foglie, ecc.) e organiche (sudore, orina, ecc.). b. Vello d’oro, nella mitologia greca, il vello aureo dell’ariete alato che Zeus mandò in aiuto di Frisso ed Elle, suoi figli; dopo il sacrificio dell’ariete in Colchide, il suo vello fu consacrato ad Ares; alla conquista del vello d’oro mossero gli Argonauti al comando di Giasone (di qui l’espressione la conquista del v. d’oro, anche per indicare, in senso fig., un’impresa ardimentosa e molto difficile, epica). c. Per estens., il pelo degli animali da pelliccia, e nella lingua letter. il pelame o la pelle ricoperta di pelo d’altro animale in genere: artigli Ch’a più alto leon trasser lo v. (Dante). In usi scherz., l’insieme dei peli che ricoprono il petto maschile, quando siano molto folti e lunghi: guarda che vello ha quel tale: sembra uno scimmione. 2. letter. Bioccolo di lana: i v. dell’ariete; fiocco di pelo, anche umano: di vello in vello giù discese poscia Tra ’l folto pelo e le gelate croste (Dante), di Virgilio che scende appigliandosi ai peli dei fianchi di Lucifero. 3. poet. Chioma, capelli: Con altra voce omai, con altro vello Ritornerò poeta (Dante), rientrerò in Firenze con i capelli ormai bianchi; Pettinando al suo vecchio i bianchi v. (Petrarca), di Aurora immaginata nell’atto di pettinare Titone.