veltro
vèltro s. m. [dal fr. e provenz. ant. veltre, che è il lat. gallico vertrăgus]. – Nome, dell’uso letter., con cui già nell’antichità venivano indicati cani da inseguimento e da presa, che univano la velocità alla forza, simili agli attuali levrieri (e come sinon. di levriere è infatti usato a volte ancora oggi): era la selva piena Di nere cagne, bramose e correnti Come veltri ch’uscisser di catena (Dante); de’ v. perpetuo l’ululato Tutta l’isola udia (Foscolo); E lo sbandarsi, e il rapido Redir dei v. ansanti (Manzoni); Ma i suoi v. ebber timore E si misero a guair (Carducci); raro il femm.: mi pareva che ... uscisse non so di che parte una veltra nera come carbone (Boccaccio). Profezia del v., la predizione che Dante fa nel c. I dell’Inferno (vv. 101-111), dove, dopo avere parlato della lupa che gli ha impedito il cammino, annuncia la venuta di un Veltro, «che la farà morir con doglia». La questione dell’identificazione del Veltro è una delle più dibattute fra i commentatori di Dante, che hanno creduto di vedere adombrato in esso chi un personaggio storico (un papa, un imperatore, un condottiero), chi Dante stesso, chi Gesù Cristo o lo Spirito Santo; certo è che Dante profetizza, o più esattamente invoca, un’azione di riforma promossa da Dio, atta a distruggere la cupidigia e l’avarizia, simboleggiate dalla lupa, a ricondurre la Chiesa alla purezza della sua missione, e a ristabilire l’ordine e la giustizia nel mondo.