veramente
veraménte avv. [der. dell’agg. vero]. – 1. a. Con verità, in modo conforme a verità, realmente: pare che le cose stiano v. così; è v. ammalato (volendo significare che non è una finzione, o per confermare la notizia). Frequente per insistere e sottolineare un’affermazione, un giudizio (equivale a davvero, proprio): quando cammina pare v. un orso; è v. denaro sprecato; fiorentino Mi sembri v. quand’io t’odo (Dante); funzione rafforzativa e asseverativa ha soprattutto davanti a un aggettivo (o a un participio usato come agg.): è v. bello; è un libro v. interessante; un giovane v. simpatico; v. squisito questo dolce; ti sono v. obbligato; e col sign. di «sinceramente, pienamente»: mi è v. affezionato; se tu mi fossi v. amico, non parleresti così. b. Con tono interrogativo, per esprimere meraviglia oppure incredulità per quanto altri dice: «Bisognerà andare, è già mezzanotte» – «Veramente?»; «Sai che mi hanno giudicata la più bella della serata?» – «Veramente?». 2. È spesso adoperato per fare una riserva, per esprimere un biasimo: il suo contegno non è stato v. dei più nobili; e, spec. in usi assol. o come inciso, per fare un’opposizione, con valore limitativo e avversativo (simile a ma, però, tuttavia, nondimeno): Veramente a così alto sospetto Non ti fermar, se quella nol ti dice ... (Dante); queste, v., sono scuse!; v. non c’era bisogno di fare tanto chiasso; io, v., non gliel’ho mai detto; o per opporre una difficoltà: io, v., non ho nessuna voglia di andarci; v. i nostri mezzi non ce lo permetterebbero. 3. ant. Sì veramente che, locuz. congiuntiva per porre una condizione o per fare un’eccezione; col sign. di «a patto che»: io vi perdono, sì v. che voi mi diciate ciò che l’angelo poi vi disse (Boccaccio); col sign. di «se non che»: di che la donna contenta, onestamente, come soleva, con lui si visse, sì v. che, quando acconciamente poteva, volentieri col santo abate si ritrovava (Boccaccio).