vero
véro agg. e s. m. [lat. vērus, e sostantivato vērum, neutro]. – 1. agg. a. Che è realmente ciò che dice il suo nome (contrapp. ora a falso, ora a presunto o immaginario): Cristo, v. Dio e v. uomo; padre v., madre v., in contrapp. a patrigno e matrigna oppure ai genitori nominali o presunti; il v. autore, di fronte all’autore presunto o sedicente o prestanome; il v. padrone è lui, il padrone effettivo, anche se nominalmente o teoricamente il padrone è un altro. b. Di cose, effettivo e reale (contrapp. a fittizio, apparente): tacere la v. ragione, il v. motivo di qualche cosa; Fu v. gloria? (Manzoni); Vera la schiuma e vero il mar diresti (Poliziano, riferendosi alla rappresentazione scultoria della superficie marina); una finestra, una scena che pare v., alludendo a rappresentazioni fedelissime al modello reale. c. Giusto, esatto: è qui il v. nodo della questione; la v. strada per giungere a un risultato è questa; chiamare le cose col loro v. nome. d. Che rappresenta un fatto o una sitazione fedelmente, tale quale è; in partic., di ciò che si dice o riferisce, che è pienamente conforme alla realtà: una storia v., racconto v., notizia v.; sono cose v.; parole v.; una sentenza v., un proverbio v., che corrisponde alla realtà dei fatti; tenere per vera una cosa (o, con valore neutro, tenere per vero che ...), credere che sia realmente così. Con funzione di predicato: dunque è v.!, constatando la verità di un fatto che si stentava a credere; è v. sì!, per confermare la realtà di un fatto, l’esattezza di una notizia; nulla di più vero!; è incredibile ma vero; è v. ciò che ho sentito dire?; come, se è vero?, ma certo che è vero!; è v. o non è vero che ...?, chiedendo conferma a una propria asserzione: è v. o non è v. che lo sapevi anche tu? In domande, chiedendo conferma a quanto altri dice o a quanto si dice, è frequente anche il semplice vero?, senza è (dunque lo sapevi anche tu, vero?), che però è spesso soltanto un intercalare cui si ricorre per tenere viva l’attenzione dell’ascoltatore. Con la negazione, non è vero?, attendendo risposta affermativa: sei stato tu, non è v.?; ti piacerebbe, non è vero?, o nevvero? Come risposta, è frequente il superlativo verissimo. e. non com. Verace, veridico, veritiero: tu non fosti sì ver testimonio Là ... (Dante); assai volte miseramente pianse ... il non avere ... al v. sogno del marito voluto dar fede (Boccaccio). f. Schietto, genuino, non falsificato o adulterato, né artificiale: oro v., perle v.; v. seta, v. lana; è v. Chianti. g. Con riguardo a sentimenti, esprime non solo la sincerità ma anche la profondità, l’intensità: è v. affetto, v. amore; aveva una v. antipatia per lui; è pentimento v., il suo?; esempio di v. carità cristiana; analogam., di v. cuore, con tutto il cuore, sinceramente. h. Per indicare la pienezza del significato espresso dal sost. cui è riferito: questa è v. sapienza; soprattutto in espressioni enfatiche: è una v. ingiustizia, una v. prepotenza, una v. indecenza, una v. vergogna; abbandonarlo sarebbe un v. tradimento; spesso seguito da proprio, per insistere sull’uso «letterale» e non approssimativo della parola che segue: questa è una v. e propria calunnia! Aggiunto ad attributi riferiti a persona, esprime il possesso della qualità in alto grado: è un v. artista, un v. genio, un poeta v.; è stato un v. gentiluomo; si è comportato da v. amico; fu per lui un v. padre; anche di qualità cattive: è un v. briccone, una v. canaglia, un mascalzone v. e proprio. i. In espressioni fortemente asseverative, per affermare che una cosa è realmente come si dice: è v. com’è v. il sole, com’è v. Dio, com’è v. che io sono qui; o per dare comunque forza e tono di verità alle proprie parole: stavolta me la paga cara, com’è vero Iddio! l. Locuz. particolari, frequenti nell’uso comune: fosse vero! (anche al femm., con riferimento a notizia o sim.: fosse vera!), augurandosi che quanto si è udito abbia o acquisti realtà; non mi par vero (tosc. non mi pare il v.), mostrandosi quasi increduli di avere ottenuto una cosa che supera le proprie speranze; con altro senso, non mi par vero, non mi parrebbe vero di fare una cosa, sono o sarei lietissimo di farla; non sarà mai vero che ..., non accadrà, non permetterò mai che ...; è vero che ..., vero è che ..., è bensì vero che ..., locuzioni di valore avversativo, che introducono frasi con cui si vuole temperare il già detto, oppure ammettere, affacciare o prevenire un’obiezione; tanto vero, o tant’è vero, che ..., portando nuove ragioni in favore di un’asserzione: non aveva ancora ricevuto la notizia, tant’è vero che andò al lavoro come tutti i giorni. m. In astronomia, altezza v. di un astro, distanza zenitale v., quelle corrette dall’effetto di rifrazione; Sole v., quello reale, in contrapp. al Sole fittizio (o Sole medio) che si deve prendere in considerazione per la misurazione del tempo (v. sole, n. 1 b); meridiano v., quello relativo al Sole vero. n. In matematica, riferito a un enunciato o a una formula di una teoria, è sinon. di corretto, che si può cioè dedurre dalle premesse della teoria. In logica matematica, una formula si dice vera in una struttura (o in un modello di una teoria) se esprime una proprietà soddisfatta nella struttura. In questo senso, si distingue fra vero e dimostrabile: i concetti di verità e falsità hanno carattere semantico (nel senso che dipendono dall’interpretazione e dal significato attribuito ai simboli), in contrapp. al carattere sintattico dei teoremi (una formula è un teorema se è dimostrabile, cioè se si può dedurre dagli assiomi seguendo le regole logiche, ma senza fare alcun riferimento al sign. intuitivo dei termini che vi compaiono: v. verità, nel sign. 3 b). Nel calcolo delle proposizioni, una formula si dice vera se il suo valore è «vero» (v. valore, nel sign. 4 b). 2. s. m. Ciò che è vero, ciò che è conforme alla reale essenza delle cose (con quest’uso sostantivato, non è rara nel linguaggio poet. la forma apocopata ver). a. In senso ampio e ideale: la ricerca, la cognizione, la conquista del v.; il trionfo del v., la luce del v.; per amore del v.; in omaggio al v.; s’io al vero son timido amico, Temo di perder viver tra coloro ... (Dante); All’apparir del vero, Tu, misera, cadesti (Leopardi); in senso assol., il sommo V., il supremo V., Dio. Come sinon. di verità, è usato nel linguaggio letter. e poet. anche il plurale: i supremi v., gli ascosi v., i reconditi veri. b. Con riferimento a singole verità, la cosa, la situazione o il fatto, com’è nella sua effettiva realtà: credere, conoscere, scoprire il v. (più com., la verità); essere nel v.; più genericam., distinguere il v. dal falso; spec. con riguardo a ciò che si afferma: dire, dichiarare, testimoniare il v.; come compl. partitivo: se lo dice lui, qualcosa di vero ci dev’essere; non c’è nulla di vero, non c’è neanche una parola di vero in ciò che dice. L’espressione dire il v. è frequente in senso fig.: se la memoria, se gli occhi mi dicono il v., se non m’ingannano; i sogni spesso dicono il v., le carte mi hanno detto il v., con riguardo all’interpretazione del presente o alla rivelazione del futuro; di uno strumento, dire il v., essere esatto: bilancia, orologio, termometro, barometro che dice o non dice il vero. c. La realtà esistente e concreta, spec. in quanto soggetto di rappresentazione artistica: tenersi, attenersi al v.; studiare, copiare, rendere il v., e disegnare, dipingere, ritrarre dal v., dal modello reale; statua, ritratto grande al vero, o grande il vero (più comune grande al naturale), più piccolo, più grande del vero. d. Locuz. particolari: salvo il v., se non c’è errore; e valga il v., letter., con vario uso e sign. (equivale all’incirca a «eccone la prova»); a dire il v., a voler dire il v., per dire il v., a dir v., per v. dire, espressioni con le quali s’introduce l’affermazione di una verità, o si corregge un’opinione espressa da altri. Come locuz. avv., per vero, veramente, in verità; poco com. la grafia in vero per invero, ant. da vero per davvero (e ant. è anche la grafia o vero per la congiunzione ovvero). ◆ Avv. veraménte (v. la voce).