vetro
vétro s. m. [lat. vĭtrum, di origine ignota]. – 1. a. Sostanza minerale artificiale, amorfa, largamente usata nei campi più diversi per la sua modellabilità allo stato fuso, tenacità, durezza, resistenza alla corrosione, trasparenza, ecc., considerabile dal punto di vista fisico come un liquido a viscosità elevatissima, costituito da una miscela di silicati di metalli alcalini, alcalino-terrosi e di altri metalli, nel quale è talora presente l’anidride borica, raramente quella fosforica. Si ottiene fondendo a temperatura fra 1300 e 1500 °C, in forni a crogiuolo (per piccole quantità) o continui, la cosiddetta «carica» formata, come costituente principale, da silice di determinata granulometria e purezza, cui vengono aggiunti, sotto forma di carbonati, metalli alcalini che agiscono come fondenti, alcalino-terrosi che agiscono come stabilizzanti e, a seconda delle caratteristiche che si vogliono impartire al prodotto finale, altri metalli, anidride borica o fosforica, sostanze ossidanti, coloranti, decoloranti, ecc., e una certa quantità di rottami di vetro, che accelerano il processo di fusione. Alla fusione segue l’affinaggio, che elimina dalla massa fusa le bollicine che possono dar luogo a difetti (soffiature), e l’omogeneizzazione, che mira a ottenere in tutti i punti della massa la stessa composizione chimica; la massa fusa viene poi gradualmente raffreddata fino a un valore della temperatura compreso nell’intervallo di lavorabilità, in cui il vetro assume viscosità tale da poter essere ancora agevolmente formato, ma tale anche da conservare senza alterazione la forma impartita; i sistemi di formatura possono essere manuali (l’antico metodo della soffiatura) e meccanici (stampaggio per soffiatura, formatura per pressatura, centrifugazione, laminazione, stiratura, ecc.); una volta formato, il vetro viene poi sottoposto a un trattamento termico (ricottura), che consiste in un riscaldamento a temperatura tale da eliminare le tensioni interne dovute alle operazioni di formatura, cui seguono un lento raffreddamento fino alla temperatura ambiente e, a seconda degli scopi, lavorazioni di finitura (smerigliatura con polvere di abrasivi, molatura, piegatura, tempra). Con riferimento a vetri ottenuti con sostanze particolarmente pure e speciali metodi di lavorazione, e quindi dotati di particolari proprietà di leggerezza, trasparenza ed elasticità, si usa comunem. il termine cristallo, che è invece da attribuirsi a un vetro contenente ossido di piombo (v. cristallo); col nome di cristalli sono inoltre indicate lastre di vetro di buona qualità contenenti anche alluminio e ferro, le cui superfici sono state sottoposte a levigatura. V. comune o bianco o semibianco viene invece detto il vetro calcico-alcalino, incolore o poco colorato, utilizzato per oggetti di uso corrente, lastre di finestra, ecc.: da esso, per aggiunta di particolari sostanze (cloruro di cadmio per il rosso, biossido di manganese per il rosa, ecc.), si ottengono i v. colorati, con lavorazioni meccaniche i v. stampati, che diffondono la luce ma non sono trasparenti, mediante trattamenti in superficie con sostanze corrosive o getti di sostanze abrasive i v. smerigliati, ecc.; v. di bottiglia, il vetro comune contenente ferro, che gli conferisce colore verde; v. di Boemia, il vetro calcico-potassico fabbricato con materie molto pure, particolarmente duro, rifrangente, elastico, usato per cristalleria e oggetti di laboratorio; v. di Murano, vetro sodico-calcico adoperato appunto nelle vetrerie di Murano per oggetti artistici e vetreria di laboratorio (per quest’ultimo scopo vengono anche usati il v. neutro, a base di borosilicati di alluminio, bario, sodio e zinco, il v. nitrurato, contenente azoto, e il v. di Jena, boro-alluminico). Tra le denominazioni più comuni di altri varî tipi di vetri, distinti in base alla composizione, lavorazione, proprietà, usi, viene detto temprato quello ottenuto da lastre riscaldate fin quasi al rammollimento e raffreddate velocemente con getti di aria fredda, dotato di alta resistenza meccanica superficiale, noto anche col nome di v. infrangibile in quanto resistente all’urto e come v. di sicurezza in quanto, in caso di notevoli sollecitazioni, si incrina o si frantuma senza produrre schegge (simile è il v. Pirex, resistente agli sbalzi di temperatura); v. armato o laminato, quello ottenuto intercalando a due o più lastre di vetro temprato, successivamente incollate, fogli di materiale plastico, che presenta il vantaggio di mantenere in posto i frammenti in caso di rottura: se notevolmente spesso viene usato anche come v. antiproiettile; v. ghiaccio, ottenuto per brusco raffreddamento del vetro soffiato, che determina innumerevoli incrinature. Vengono poi detti v. d’ottica quelli destinati alla produzione di lenti e componenti di sistemi ottici, in diversi tipi (crown, flint); v. fotocromatici sono quelli capaci di variare il coefficiente di trasmissione in funzione dell’intensità della luce, usati per occhiali, vetrate, ecc., e fotosensibili quelli capaci, una volta esposti a radiazioni ultraviolette o a raggi X, di divenire, irreversibilmente, attaccabili dagli acidi diluiti: ricoprendoli preventivamente con adatte mascherine è possibile trasferirvi disegni di estrema precisione richiesti, per es., dall’industria optoelettronica; v. farmaceutico, particolare tipo di vetro impiegato per fabbricare i contenitori di farmaci iniettabili. Inoltre: v. atermico, di composizione fosfatica, contenente ossidi di ferro in grado di assorbire radiazioni infrarosse, adoperato per vetrate; v. di quarzo, ottenuto da silice pura, di notevole resistenza all’attacco chimico, alta resistività elettrica, basso coefficiente di dilatazione, utilizzato in particolari applicazioni chimiche e ottiche ma di difficile fabbricazione; nell’edilizia è impiegato il v. retinato, ottenuto da due lastre incollate con l’interposizione di una rete di fil di ferro, che non lascia sfuggire i frammenti in caso di rottura, e il v. di schiuma, ottenuto mescolando a polvere di vetro polvere di carbone e fosfati e portando alla temperatura di sinterizzazione, usato come isolante termico e acustico. Vi sono infine v. speciali, destinati a usi particolari, come per es. il v. al piombo, ad alto indice di rifrazione, usato a protezione dai raggi X e in ottica, e il v. antiriflesso, usato anch’esso in ottica (obiettivi di apparecchi fotografici e cinematografici, ecc.); v. tessile, detto anche fibra, o lana, di vetro, ottenuto sottoponendo a rapida trazione una pasta molto omogenea e agendo sopra di essa con getti d’aria o di vapore: è usato per filati e tessuti e per imbottiture, a scopo di isolamento termico (v. anche lana, n. 2); v. inattinico, impropriam. detto attinico, vetro molto colorato usato per proteggere dall’azione della luce materiali fotolabili; v. solubile, prodotto solido, trasparente, di aspetto vetroso, costituito da silicato di sodio, preparato con sabbia di quarzo molto pura e carbonato o solfato di sodio, che si scioglie facilmente nell’acqua bollente o sotto pressione: viene generalm. posto in commercio in soluzione (v. solubile liquido) e usato come ignifugo per il legno, come collante nell’industria della carta, come carica in quella dei saponi, per preparare mastici, smalti, come antipolvere stradale, ecc. b. Fraseologia: la fabbricazione, la lavorazione del v.; soffiatura del v., nelle vetrerie; stampaggio del v., v. stampaggio, n. 1; bicchiere, bottiglia, fiala, lastra, tubi di v.; tenere, conservare sotto una campana di v. (anche in senso fig., riferito a cosa, o anche a persona, per cui si ha o si dovrebbe avere grande cura e riguardo); l’industria, l’arte del v. colorato. In similitudini: trasparente, terso, fragile come il v. (e fig., è di v., parlando di cosa o anche di persona assai fragile); palazzo di v., nome dato a costruzioni edilizie caratterizzate dal predominio delle aperture nei muri perimetrali e quindi da largo impiego di vetrate (in partic., il palazzo in cui ha sede l’Organizzazione delle Nazioni Unite a New York). Com. la locuz. agg. di vetro anche in senso fig., per indicare trasparenza, freddezza e altre caratteristiche del vetro: occhi di v., fissi e implacabili; un’aria chiara d’inverno, un cielo di v. azzurro pallido (R. Viganò). 2. Oggetto fatto di vetro: v. artistici, i v. di Murano; imballare i v. (bottiglie, bicchieri, ecc.); un rumore di v. infranti; c’erano dei v. in terra, dei frantumi di vetro (e così, tagliarsi, ferirsi con un v.). In partic., lastra di vetro: s’è rotto un v. della finestra (e, più brevemente, aprire, chiudere i v., le finestre); credenza a vetri; il v. dell’orologio; i v. degli occhiali, le lenti; il v. dello specchio. In usi poet., per metonimia, bicchiere: Chi non à l’auro, o ’l perde, Spenga la sete sua con un bel v. (Petrarca). 3. In fisica, ogni materiale che si trovi in quel particolare stato di aggregazione, detto appunto stato vetroso, che si produce quando un liquido viene raffreddato e diventa rigido senza cristallizzarsi, con gli atomi o le molecole disposte senza ordine, determinando proprietà microscopiche proprie di un solido amorfo, piuttosto rigido ma fragile. 4. estens. Per somiglianza d’aspetto o di struttura: a. V. metallico, lega metallica che, per effetto di un raffreddamento del prodotto fuso, operato a una velocità molto superiore a quella normalmente adottata, presenta una struttura vetrosa, cioè amorfa, risultando caratterizzata, rispetto ai corrispondenti prodotti cristallini, da superiori caratteristiche meccaniche e da particolari proprietà magnetiche, elettriche e di resistenza a corrosione. b. Vetri di spin, particolari leghe di materiali magnetici il cui comportamento può essere preso a modello per lo studio delle proprietà dei vetri amorfi; tale comportamento, dovuto all’interazione tra i momenti magnetici associati allo spin, può essere interpretato assumendo che dipoli magnetici contigui (i primi vicini) si allineino a caso in senso parallelo o antiparallelo l’uno rispetto all’altro secondo una probabilità ben definita: tale modello, che riproduce alcune delle proprietà dei sistemi disordinati (come il vetro amorfo) attraverso meccanismi di interazione ben determinati, può fornire paradigmi interpretativi dei processi di transizione dall’ordine al disordine. c. V. organico (o sintetico), nome generico di alcuni prodotti a base di resine sintetiche i quali, per l’aspetto e per certe proprietà, sostituiscono, in alcuni usi, il vetro (v. anche poliacrilico). d. V. vulcanico, nome dato genericam., in mineralogia, ai cosiddetti v. naturali, cioè alle rocce eruttive, dette anche ossidiane, che hanno struttura assimilabile a quella del vetro artificiale. e. V. di Moscovia, sinon. di mica2. ◆ Dim. vetrino, anche con sign. partic. (v. vetrino2); dim. o spreg. vetrùccio; pegg. vetràccio.TAV.