visibile
viṡìbile agg. [dal lat. tardo visibĭlis, der. di videre «vedere», part. pass. visus]. – 1. a. Che può essere visto: di lassù il promontorio è v. anche a occhio nudo, cioè senza l’ausilio di cannocchiali o strumenti ottici; astri v., non v. dal nostro emisfero; disponi il cartello in modo che sia ben v.; microrganismi v. solo col microscopio elettronico; con sign. più generico: garantire l’animale venduto da difetti v. e non v.; in senso ampio, il mondo v., il mondo della realtà, contrapp. al mondo invisibile, o dello spirito (con sign. affine, nella preghiera del Credo «Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili»). In ottica si dice delle radiazioni elettromagnetiche percepite dall’occhio, corrispondenti al campo di lunghezze d’onda compreso tra i limiti convenzionali di 400 nm (estremo violetto) e 800 nm (estremo rosso) in tal senso si parla di campo delle radiazioni v. o anche, più semplicem., di campo del visibile. b. fig. Evidente, manifesto: incorrere in un v. errore, prendere un v. abbaglio; era in preda a una v. eccitazione. 2. estens. Che è a disposizione di chi vuol vedere o visitare: la mostra è v. in ore stabilite; il quadro non è per ora v., perché in restauro. Di spettacolo del quale può essere permessa o consigliata la visione, perché non offensivo della morale o della sensibilità comune: un film non v. ai minori. 3. Come sost., solo al sing. e con valore neutro, ciò che può essere veduto: ho visto il v., tutto ciò che si poteva; levai le mani inver’ la cima De le mie ciglia, e fecimi ’l solecchio, Che del soverchio visibile lima (Dante), che toglie un po’ della luce eccessiva offerta alla vista. ◆ Avv. viṡibilménte, in modo da poter essere veduto: Venere apparve visibilmente ad Enea in figura di cacciatrice; manifestamente: essere visibilmente irritato, contrariato, commosso.