vittoria
vittòria s. f. [dal lat. victoria, der. di vincĕre «vincere», part. pass. victus]. – 1. Il fatto di vincere, di risultare superiore in una competizione. a. Con riferimento a guerre, battaglie e fatti d’arme: riportare una v. strepitosa, sfolgorante, indiscussa; v. terrestre, marittima o navale, aerea; v. tattica, strategica. In partic., v. di Pirro, la vittoria riportata nel 280 a. C. a Eraclea da Pirro re dell’Epiro sui Romani, che costò tuttavia perdite tanto gravi da essere quasi peggio di una sconfitta; di qui, in senso fig., vittoria, affermazione, successo che comporta sacrifici e aspetti negativi troppo onerosi, sproporzionati: ha vinto la causa, ma è stata una v. di Pirro, perché gli è costata un patrimonio. b. estens. Con riferimento a gare e competizioni, soprattutto sportive, a concorsi, a liti giudiziarie e a qualsiasi tipo di confronto e di contesa (non però a giochi, per cui è più frequente vincita): una v. sportiva, elettorale, giudiziaria; v. ai punti, nel pugilato (e analogam. nella lotta), quella assegnata all’atleta che, senza mettere l’avversario fuori combattimento, abbia tuttavia prevalso su di lui in base alla somma dei punti che vengono assegnati in ciascuna ripresa; riportare la v. in una partita di pallacanestro, di calcio, in una corsa, in un concorso di bellezza, in una gara a premî, in un torneo di scacchi; la v. non sempre arride al migliore; la v. del nostro partito, alle ultime elezioni, è stata netta; riportare la v. in una causa, in un processo, riferito sia alla parte sia al patrocinante. c. fig. Con riferimento al superamento di difficoltà, avversità, contrasti anche interni: se riesco a convincerlo, sarà una gran v.; la più bella v. l’ha ottenuta su sé stesso, riuscendo a moderarsi; v. sui pregiudizî, sulle passioni; la v. di Cristo (sulle forze del male, ecc.); v. morale, di chi, pur non essendo riuscito effettivamente vincitore, può per particolari circostanze ritenersi tale (alludendo a vittorie o anche a successi di qualsiasi genere). d. Locuz. particolari: vittoria!, esclamazione e grido di giubilo di chi ha vinto, di annuncio e di esaltazione della propria vittoria; avere la v. in pugno, o più raram. in mano, essere sul punto di vincere, o averne comunque la certezza; cantare vittoria, cantare di gioia per avere vinto e, in senso fig., essere tanto sicuro di vincere o di avere già vinto da annunciare la propria vittoria e rallegrarsene, da comportarsi come vincitore: aspetta a cantar v., non è ancora finita; è ancora troppo presto per cantare v.; cantava già v., ma si è dovuto ricredere. Ormai ant. o rare, o limitate al linguaggio enfatico delle cronache sportive, le espressioni conquistare, ottenere la palma o la corona della v. (cioè le insegne tradizionali che ricevevano e portavano un tempo i vincitori), vincere, risultare e venire dichiarato vincitore. 2. Come nome proprio (scritto quindi di norma con l’iniziale maiuscola), divinità romana, personificazione della vittoria, corrispondente e simile alla greca Nike: il tempio della V. sul Palatino, l’ara della V. di Augusto, in Roma; in usi poet., come personificazione (anche non divina) della vittoria: Dov’è la vittoria? Le [= all’Italia] porga la chioma Ché schiava di Roma Iddio la creò (Mameli). Per estens., rappresentazione scultoria o pittorica della divinità e personificazione della vittoria: la V. di Samotracia; la statua bronzea romana della V. di Brescia; una v. alata, coronata; le V. delle monete romane. ◆ Dim. vittoriùccia, vittoria di stretta misura, stentata.