vizio
vìzio s. m. [dal lat. vitium «vizio»; cfr. vezzo]. – 1. Incapacità del bene, e abitudine e pratica del male; il concetto del vizio, sul piano morale, è dunque strettamente correlativo a quello della virtù, di cui costituisce la negazione. Nella teologia morale, v. capitali, i peccati capitali (superbia, avarizia, lussuria, invidia, gola, ira e accidia) quando siano considerati non nell’individualità dell’atto, ma come abitudini (il numero di sette si è definito nella tradizione cristiana con Gregorio Magno, mentre in Oriente è rimasta la più antica classificazione di otto: gola, lussuria, avarizia, tristezza, ira, pigrizia, vanagloria, superbia): A vizio di lussuria fu sì rotta, Che libito fé licito in sua legge (Dante, di Semiramide). Con valore più generico: il v. di bestemmiare, di mentire, di essere invidioso, di adirarsi; prendere, contrarre un v.; entrare nella strada del v., percorrere la strada del v.; togliersi un v.; emendarsi, correggersi di un v.; avere molti v.; essere pieno, carico di vizî; ma il core, Ricco di vizî e di virtù, delira (Foscolo); quell’uomo è un cumulo, un impasto di vizî, di persona piena di vizî; prov. l’ozio è il padre dei vizî. 2. a. Abitudine profondamente radicata che determina nell’individuo un desiderio quasi morboso di cosa che è o può essere nociva: avere il v. di bere, di fumare, o anche il v. del vino, del fumo; acquistare, perdere il v. del gioco; levare a qualcuno il v. di mentire; v. solitario, la masturbazione. b. Abitudine non buona, difetto fastidioso ma non grave: ha il v. di parlare troppo, di non essere puntuale, di star sempre con la testa fra le nuvole; questo tuo v. del levarti in sogno e di dire le favole che tu sogni per vere (Boccaccio). c. ant. Voglia, capriccio: come spesso interviene ch’ell’hanno vizio di cose nuove, così potrebbe intervenire che ella avrà vizio di voi (Sacchetti, nov. VIII). 3. estens. a. Riferito ad animali, difetto, imperfezione anatomico-funzionale, o di indole e di comportamento: un cavallo con un v. alla gamba; questo gatto ha il v. di graffiare; un cane da ferma che ha il v. di inseguire la selvaggina; prov., il lupo cambia (o perde) il pelo ma non il v., per significare la difficoltà di estirpare le cattive abitudini. b. Con riferimento a cose e oggetti materiali, difetto, imperfezione: tessuto, manufatto con qualche v. di lavorazione; l’acqua non ce l’ho messa ... e il vino non ha nessun v. (Tozzi). Nell’uso giur., vizî nella vendita, difetti della cosa venduta (anche con riferimento ad animali) che la rendono non idonea all’uso cui è destinata o ne diminuiscono il valore in misura apprezzabile; sono detti anche v. redibitorî perché danno luogo ad azione redibitoria (v.), o v. occulti, giacché l’azione non è ammessa quando i vizî siano facilmente riconoscibili o fossero conosciuti dal compratore al momento della vendita; con lo stesso sign. il termine vizio è usato anche in relazione ad altri contratti, come la locazione, l’appalto, il comodato. c. Errore, scorrettezza: v. di scrittura, errore ortografico o grammaticale; l’affettazione è v. dello stile; la petizione di principio è un v. del ragionamento. d. In diritto, vizî della sentenza, errori contenuti nella sentenza, che possono essere fatti valere con l’esercizio dei mezzi di impugnazione; vizî dell’atto amministrativo, irregolarità di uno degli elementi essenziali dell’atto amministrativo, distinti in v. di legittimità e v. di merito e riassumibili nelle tre figure dell’incompetenza, dell’eccesso di potere, della violazione di legge (l’atto affetto da una di queste irregolarità si dice viziato); nel concetto della violazione di legge rientra anche il v. di forma, che consiste nella mancanza di uno di quegli elementi formali che sono prescritti a pena di invalidità dell’atto. V. della volontà, difetto nella formazione della volontà di un soggetto di diritto: i vizî presi in considerazione dall’ordinamento giuridico sono l’errore, la violenza, il dolo, e per la loro trattazione si fa rinvio alle voci relative, oltre che alla voce volontà. 4. a. In medicina, designazione generica di alterazioni morfologiche di orifizî o aperture naturali o canali anatomici, causa di malattia o di minorazione in atto o in potenza: v. cardiaco o v. valvolare, alterazione permanente, congenita o acquisita, delle valvole del cuore, con conseguente ostacolo alla normale dinamica cardiocircolatoria. b. In medicina legale e nel diritto, v. di mente, infermità di mente tale da escludere (v. totale) o da diminuire notevolmente senza escluderla (v. parziale) la capacità di intendere o di volere da parte di chi ha commesso un atto; nel diritto penale il vizio totale di mente esclude l’imputabilità, mentre il vizio parziale comporta solamente una diminuzione della pena prevista. ◆ Dim. viziétto (v.), vizierèllo o viziarèllo, viziùccio; pegg. viziàccio.