volere² [dal lat. ✻volere, per il classico velle, formato su volo, volebam, volui] (pres. indic. vòglio [tosc., in proclisi, vo'], vuòi [poet. vuòli], vuòle [poet. o pop. vòle], vogliamo, voléte, vògliono [ant. o dial. vònno]; pres. cong. vòglia, ecc.; fut. vorrò, ecc.; condiz. vorrèi, ecc.; pass. rem. vòlli [ant. vòlsi], volésti, vòlle [ant. vòlse], volémmo, voléste, vòllero [ant. vòlsero, oltre a vòllono e vòlsono]; part. pres. volènte [ant. vogliènte]; ger. volèndo [ant. voglièndo]; imperat., non com., vògli). - ■ v. tr. 1. a. [assol., essere deciso a fare: chi vuole, ottiene] ≈ desiderare. ↔ (lett., non com.) disvolere, (lett., non com.) svolere. b. [avere il desiderio di qualcosa: v. la tranquillità] ≈ avere voglia (di), (poet.) desiare, desiderare. ↑ (lett.) agognare, (lett.) anelare, bramare, [fantasticando] vagheggiare. ↔ (lett., non com.) disvolere, (lett., non com.) svolere. ↑ detestare, disdegnare, odiare. c. [avere il desiderio di conseguire qualcosa, anche seguito da infinito: v. il successo; vuole essere lui il padrone] ≈ ambire (a), aspirare (a), (poet.) desiare, desiderare, mirare (a), puntare (a), tendere (a). ↔ rinunciare (a). d. [avere il desiderio o l'intenzione di fare qualcosa, seguito da infinito: voglio andare in Francia] ≈ (poet.) desiare, desiderare, intendere, proporsi (di), ripromettersi (di), riproporsi (di). ↔ desistere (da), rinunciare (a). ● Espressioni: non volendo (o senza volere) [senza intenzione deliberata: non volendo, l'ho urtato; credimi, l'ho fatto senza v.] ≈ accidentalmente, casualmente, fortuitamente, inavvertitamente, involontariamente. ↔ apposta, deliberatamente, di proposito, intenzionalmente, volontariamente; volere dire → □. e. [avere il desiderio di agire sulla volontà di altri, determinandone direttamente o indirettamente un certo comportamento, seguito da prop. oggettiva esplicita: voglio che si presenti da me] ≈ chiedere, (poet.) desiare, desiderare, richiedere. ↑ esigere, ordinare, pretendere. 2. a. [avere il desiderio amoroso o sessuale di una persona: Segue chi fugge, a chi la vuol s'asconde [la donna] (A. Poliziano)] ≈ (poet.) desiare, desiderare. ↑ bramare, concupire. ● Espressioni: volere bene (a qualcuno) → □; volere male (a qualcuno) → □. b. [acconsentire con piacere alla presenza di qualcuno: lo voglio come ospite; in casa mia non lo voglio] ≈ desiderare, gradire. ↓ accettare, ammettere, tollerare. ● Espressioni: farsi ben volere (o benvolere) [guadagnarsi la stima, il favore e sim., di qualcuno, con la prep. da: si fece ben volere dai dirigenti] ≈ accattivarsi (ø), entrare nelle grazie di, ingraziarsi (ø). ↔ farsi mal volere; farsi mal volere (o malvolere) [perdere la stima, il favore e sim. di qualcuno, con la prep. da: non farti mal volere dal capo] ≈ guastarsi (con), inimicarsi (ø). ↔ farsi ben volere; prendere a ben volere [prendere a provare stima, benevolenza e sim. per qualcuno: prendere a ben volere un collega] ≈ vedere di buon occhio. ↔ vedere di malocchio. c. [essere in cerca di qualcuno per vederlo o parlargli: c'è di là un signore che ti vuole] ≈ cercare, chiedere (di), desiderare. d. [avere o manifestare il desiderio di avere qualcuno con sé a un certo titolo, con compl. predicativo introdotto dalle prep. in, per: la volle in moglie; lo volle per marito, per maestro] ≈ chiedere, desiderare, richiedere. ↔ respingere, rifiutare. e. [serbare rancore a qualcuno per qualcosa, con la prep. a, nella forma volerne: non l'ho fatto apposta, non me ne volere!] ≈ (fam.) avercela (con), (fam.) prendersela (con). ↑ adirarsi (con), arrabbiarsi (con), (volg.) incazzarsi (con). 3. a. [di persona, manifestare una decisione, dare disposizioni perché si faccia qualcosa, seguito da infinito: ha voluto essere cremato] ≈ decidere (di), deliberare (di), disporre (di), scegliere (di), stabilire (di). b. [di persona, dare il permesso, il consenso e sim., seguito da prop. oggettiva o assol.: papà non vuole che tu rincasi tardi; se la mamma vuole, esco con te] ≈ acconsentire, concedere, consentire, permettere. ↔ proibire, vietare. c. [accettare come piacevole e sim., in espressioni usate per offrire qualcosa: vuoi un'altra fetta di dolce?] ≈ desiderare, gradire, (fam.) prendere. d. [cercare di ottenere qualcosa da una persona, con la prep. da del secondo arg.: vuole troppo da quel ragazzo] ≈ chiedere, richiedere. ↑ esigere, pretendere. ● Espressioni: volere indietro → □. e. [fare la richiesta di un determinato prezzo o compenso, con le prep. di, per del secondo arg.: quanto volete di (o per) questa pianta?] ≈ [→ VOLERE² (3. d)]. f. (lett.) [di tradizione e sim., trasmettere qualcosa ai posteri, spec. in alcune espressioni: vuole un'antica tradizione che …; come vuole una nota leggenda] ≈ affermare, asserire, pretendere, tramandare. 4. [di testo normativo, regola di comportamento, ecc., costituire un modello a cui dover rendere conto e sim.: la legge (o il Vangelo, il galateo, la buona educazione, ecc.) vuole così] ≈ comandare, disporre, esigere, imporre, ordinare, prescrivere, stabilire. ↔ proibire, vietare. ● Espressioni: come Dio volle [locuzione che indica l'avverarsi di un fatto a lungo atteso: come Dio volle, arrivò il gran giorno] ≈ alla fine, finalmente. 5. [di evento, spec. atmosferico, essere sul punto di accadere, in espressioni impersonali, seguito da infinito: vuol piovere, mi pare] ≈ stare (per). 6. [come cong. correlativa, nella forma vuoi ... vuoi ...: ha molta attitudine vuoi per la musica vuoi per la pittura] ≈ e ... e …, sia ... sia ... ↔ né ... né … ■ volersi v. rifl. [avere un atteggiamento di accettazione di sé stessi: le persone brutte non si vogliono] ≈ accettarsi, amarsi. ↔ odiarsi, rifiutarsi. ● Espressioni: volersi bene [avere un atteggiamento positivo verso sé stessi: se non mangi, vuol dire che non ti vuoi bene] ≈ amarsi. ↔ volersi male; volersi male [avere un atteggiamento negativo verso sé stessi] ≈ detestarsi, odiarsi. ↔ volersi bene. ■ v. recipr., non com. [avere reciproci sentimenti amorosi: i due ragazzi si vogliono da anni] ≈ amarsi, volersi bene. ↑ adorarsi. ↔ detestarsi, odiarsi. ● Espressioni: volersi bene [provare affetto l'uno per l'altro] ≈ amarsi. ↑ adorarsi. ↔ volersi male; volersi male [provare odio l'uno per l'altro] ≈ detestarsi, odiarsi. ↔ volersi bene. ■ volerci v. intr. (aus. essere), fam. [essere necessario o opportuno: per un vestito ci vogliono tre metri di stoffa; ci vuole coraggio per parlare così] ≈ necessitare, occorrere, servire. □ volere bene (a qualcuno) [nutrire affetto per qualcuno: vuole bene ai figli] ≈ amare (ø). ↑ adorare (ø), stravedere (per), (fam.) volere un bene dell'anima. ↔ (lett.) avere in odio (ø), detestare (ø), volere male. □ volere dire 1. [di espressione verbale e, anche, di fatto, situazione e sim., avere un certo significato: che vuol dire questo vocabolo?] ≈ significare. 2. (fig.) [di fatto, situazione e sim., far chiaramente pensare, portare di conseguenza e sim., seguito da prop. oggettiva: questo vuol dire che non te ne importa proprio niente] ≈ dimostrare, implicare, indicare, significare. 3. (fig.) [di fatto, situazione e sim., avere importanza, peso, ecc., anche assol.: che vuol dire per lui un milione di euro in più o in meno?; se ora non li hai, non vuol dire, me li renderai con tuo comodo!] ≈ contare, importare, significare. □ volere indietro [chiedere la restituzione di qualcosa] ≈ domandare (o pretendere) indietro, reclamare, rivolere. □ volere male (a qualcuno) [provare odio per qualcuno: è gente che ti vuole male] ≈ (lett.) avere in uggia (o in odio) (ø), detestare (ø), odiare (ø). ↔ volere bene. [⍈ AMORE, CHIEDERE]
volere. Finestra di approfondimento
Avere un desiderio - V. è un verbo dall’area semantica molto estesa, che va dall’avere un desiderio di qualcosa al formulare un ordine. Per questo ha numerosi sinon. secondo il diverso grado di volontà. Il sinon. più attenuato è desiderare, con il quale si indica un desiderio non necessariamente espresso né urgente, a differenza di v. che, se usato all’indicativo, manifesta, nel momento stesso in cui viene pronunciato, la decisa volontà del parlante: voglio che tu mi dica quello che sai; desidero andare in vacanza. In realtà, molto spesso desiderare è perfettamente sostituibile a v., soprattutto quando quest’ultimo è al condiz.: vorrei parlarti un momento. Talora desiderare è usato come alternativo cortese ed eufem. di v., avvertito come eccessivamente perentorio, spec. alla prima persona del pres. indic.: desidero parlarvi da sola a sola (C. Goldoni). Analogam., spesso si usa desiderare in formule di cortesia e nelle offerte, per es. al telefono: desidero parlare col direttore; chi lo desidera? Oppure al ristorante, al bar, nei negozi e sim.: desidera?; che cosa desiderava?, o semplicemente prego?, o l’ormai diffuso posso aiutarla? (calco dell’angloamericano may I help you?). In tutti questi contesti, che cosa vuole? sarebbe considerato quasi offensivo dal cliente. In effetti la secca domanda che cosa vuoi? (e sim.) è di solito un sinon., a sua volta attenuato e quindi eufem., di enunciati ben più offensivi quali non mi seccare!,vattene!, ecc. Più fam. di desiderare è avere voglia (di), anch’esso avvertito nello stile formale come troppo diretto e quindi spesso evitato: lasciatemi stare, che non ho voglia di sentir commedie (C. Goldoni); non ho voglia di niente (S. Slataper). Fam. è anche l’uso del verbo andare alla terza pers.: ti va un caffè?; non mi va di uscire stasera. Gradire è invece più formale, ed è molto usato soprattutto come formula di cortesia negli inviti e nelle offerte: gradisce una tazza di tè?; padre, gradisca qualche cosa (A. Manzoni); gradisca le mie scuse per l’incomodo che Le reco (A. Fogazzaro).
Forti desideri - Tutt’un’altra serie di verbi si riferisce a un desiderio accentuato: agognare,ambire (a), anelare (a), aspirare (a), bramare,mirare (a), puntare (a). Bramare e il più formale agognare indicano il massimo livello del desiderio, un desiderare avidamente: se bramano assolutamente ch’io narri il mio sogno, sono pronto a servirli (P. Borsieri); egli persisteva ad agognare l’amore nelle forme del godimento, invece di rassegnarsi a gustarlo nelle forme del patimento (G. D’Annunzio). Numerosi sinon., anche fam. e lett., tutti d’origine metaforica, esprimono questo stesso concetto: (lett.) appetire,ardere (per), (fam.) sbavare (per), smaniare (per), spasimare (per), struggersi (per): sbava per una sua amica; gente che spasima per un tozzo di pane (G. D’Annunzio). Aspirare (a), mirare (a), puntare (a), il più formale ambire (a) e il lett. anelare (a), si riferiscono a desideri spesso connessi col potere, con la carriera, col successo e sim., e in genere al voler conseguire un obiettivo ritenuto importante, difficile e molto gratificante (da cui la metafora del centrare il bersaglio, espressa da mirare e puntare): egli aspirava al posto di maestro di casa presso il Senatore (I. Nievo); non miravano che ai danari (A. Fogazzaro); puntare alla promozione; quanti uomini ambiscono a succedermi! (G. D’Annunzio); anelavano al plauso di trentamila spettatori (G. Berchet). Analogo, ma leggermente attenuato, è tendere (a): questo mio progetto tende a tre cose (C. Goldoni).
Avere intenzione - Se si manifesta l’intenzione di fare qualcosa, verbi meno perentori e più formali di v. sono avere intenzione (di), intendere,proporsi (di), ripromettersi (di) e riproporsi (di). Soltanto il secondo indica una ferma volontà (e dunque coincidente talora con un ordine o un divieto), mentre gli altri quattro sono di valore più attenuato e alludono a intenti futuri, benché di solito più concreti dei desideri: io intendo che si proceda coi rigori del fisco (C. Goldoni); che cosa intendi fare?; non intendo sopportare più a lungo questa situazione; mi riprometto di leggere molto, quest’estate; mi sono riproposto di rivedere tutta la pratica.
Esprimere un ordine - Per esprimere un ordine, v. è uno dei verbi più usati: voglio che tu te ne vada. Se un ordine è formulato in prima persona, spesso al posto della costruzione voglio che … si sostituisce il semplice imperat. del verbo dipendente da v.: vattene! Altri modi per comunicare la stessa intenzione sono esigere,pretendere, che indicano un grado intens. rispetto a v.: esigo il rispetto che m’è dovuto (F. De Roberto); pretende che lo accompagni a scuola tutte le mattine. Il verbo ordinare è un sinon. appropriato per lo più se si tratta di ordini in senso letterale, ovvero se la volontà di far eseguire qualcosa è espressa da chi è autorizzato a imporre la propria volontà (per es. in ambito militare, giur. e sim., con qualche uso estens.): il generale ordinò la ritirata. In tutti gli altri casi, è avvertito come troppo perentorio e quindi politicamente poco corretto: ti ordino di tacere! Altri sinon. sono comandare (con le stesse restrizioni di ordinare) e, meno intens., imporre: vi impongo di andarvene. Su un livello più attenuato si collocano decidere (di), deliberare (di), disporre (di), stabilire (di), che esprimono le decisioni o le volontà di qualcuno, talora coincidenti con ordini. Soprattutto il secondo e il terzo verbo sono appropriati a stili burocr. o giur., mentre il primo verbo ha di solito un valore più attenuato: ho deciso di nominarti mio segretario; l’assemblea ha deliberato quanto segue; sono stati stabiliti numerosi licenziamenti. Un’altra serie di verbi esprime la volontà di ottenere qualcosa, non necessariamente sotto forma di ordine. Si tratta di una volontà spesso indiretta, tant’è vero che questi verbi, specie i primi tre, sono spesso usati al passivo o costruiti con il si passivante: chiedere,richiedere,ricercare e gli intens. reclamare e rivendicare (per i quali si rimanda alla scheda CHIEDERE): la bellezza non è dote che vada molto d’accordo con la modestia e con le altre virtù che a fare una perfetta moglie si ricercano (L. Pirandello).