volgo
vólgo (ant. e poet. vulgo) s. m. [dal lat. vulgus (o volgus), neutro e più raram. masch.] (pl. -ghi). – 1. a. In una società organizzata, la classe popolare, che ne costituisce l’elemento numericamente predominante ma meno provveduto culturalmente e meno rilevante nei riguardi della vita economica e politica. È sinon. di popolo, come elemento sociale contrapposto alle classi più elevate (aristocrazia, borghesia, ecc.), in confronto al quale ha tuttavia spesso un valore limitativo e spreg.: pregiudizî, superstizioni del v.; E ’l vulgo a me nemico et odïoso (Chi ’l pensò mai?) per mio refugio chero (Petrarca); non gisti Ieri a corcarti in male agiate piume, Come dannato è a far l’umile vulgo (Parini); Il poeta, o vulgo sciocco, Un pitocco Non è già (Carducci). b. In etnologia, la popolazione rurale in quanto oggetto di studio folcloristico. 2. letter. a. La parte più numerosa, ma più anonima e meno qualificata, di una collettività: Qui il vulgo dei pagani il pianto estolle (T. Tasso); con valore spreg., l’insieme delle persone che appartengono a una stessa categoria: il v. dei letterati; Già il dotto e il ricco ed il patrizio vulgo, ... Nelle adulate reggie ha sepoltura (Foscolo). b. Moltitudine di persone priva di una consapevole coesione sociale e quindi di unità politica e nazionale: D’un volgo disperso che nome non ha (Manzoni).