xerografia
xerografìa s. f. [comp. di xero- e -grafia]. – 1. Procedimento di duplicazione fotoelettrico, basato sulle proprietà fotoconduttrici del selenio e inventato nel 1940 dallo statunitense Chester F. Carlson, realizzato con una macchina costituita principalmente da un tamburo di alluminio ricoperto di selenio amorfo; il tamburo, ruotando senza essere esposto alla luce e quindi in condizioni nelle quali il selenio è elettricamente isolante, riceve una carica elettrica positiva da un apposito dispositivo e successivamente viene esposto all’immagine fortemente brillante dell’oggetto (foglio stampato o scritto, disegno, ecc.), fornita da un insieme di lenti e specchi; le parti della superficie del tamburo corrispondenti alle zone chiare dell’immagine perdono la carica elettrica, in quanto ivi il selenio diventa conduttore, mentre quelle corrispondenti alle zone scure restano cariche; sul tamburo viene poi spruzzata una polvere nera (toner) formata da una resina termoplastica pigmentata che, elettrizzandosi negativamente per strofinio, aderisce, sotto l’azione di forze elettrostatiche, alle sole zone cariche e successivamente si trasferisce su un foglio di carta, elettrizzato positivamente, fatto aderire al tamburo; infine, un breve e intenso riscaldamento fa aderire definitivamente la polvere sul foglio, con la formazione su quest’ultimo di una copia fedele dello stampato originale. Sono state realizzate anche macchine xerografiche capaci di effettuare riduzioni nel formato e anche macchine capaci di dare, mediante selezione ottica con filtri colorati e l’impiego di polveri colorate, copie a colori. 2. Copia, riproduzione ottenuta con tale procedimento.