yiddishofono
s. m. e agg. Chi o che si esprime in yiddish, lingua propria delle comunità degli ebrei ashkenaziti, che si caratterizza per la fusione di elementi tedeschi, ebraico-aramaici, neolatini e slavi. ◆ Secondo le ultimissime rilevazioni, gli yiddishofoni supererebbero appena il migliaio. Il sogno rosso da cui persino Albert Einstein si fece sedurre – un ebraismo che si azzeri fondendo la propria identità religiosa nel messianismo proletario ma sopravviva in termini cultural-sociologico-linguistici – è a pezzi. (Enrico Benedetto, Stampa, 25 aprile 2000, p. 21, Società e Cultura) • In scena vi è un gruppo di sette buontemponi, vi è un regista ebreo americano che decide di realizzare un film sul «Mercante» come nessuno l’ha mai realizzato (in yiddish, appunto); e poi c’è lei, Perla di nome e di fatto. È per lei che la storia si dipana: l’io narrante, escluso per un soffio da quella parte che gli avrebbe cambiato la vita – il primo, e probabilmente ultimo Shylock yiddishofono nella storia – decide di fingere d’averla avuta per regalare a Perla, la adorata moglie che una malattia si sta portando via, un’ultima stagione di serenità. (Elena Loewenthal, Stampa, 17 febbraio 2001, Tuttolibri, p. 5).
Composto dal s. m. e agg. inv. yiddish con l’aggiunta del confisso -fono.