zucchero
zùcchero (ant. o region. zùccaro) s. m. [dall’arabo sukkar (voce indiana da cui anche il gr. σάκχαρον: v. saccarosio e saccarina)]. – 1. a. Sostanza cristallina dolce, di colore bianco se pura, costituita da saccarosio, molto importante nell’alimentazione umana e largamente usata nell’industria dolciaria e conserviera. Lo zucchero viene ricavato nelle zone tropicali dalla canna, Saccharum officinarum, e in quelle temperate dalla barbabietola, Beta vulgaris, subsp. vulgaris, var. altissima (dette appunto l’una e l’altra da zucchero), nelle quali è contenuto in quantità rilevante; dalla prima viene estratto per concentrazione, depurazione e cristallizzazione del liquido spremuto dal calamo ridotto in pezzi; dalla seconda viene estratto per diffusione portando a contatto con acqua le polpe ridotte in fettucce: il sugo proveniente dalla diffusione (contenente il saccarosio estratto insieme con varie impurezze) viene depurato con latte di calce (defecazione), sottoposto a filtrazione (dopo opportuna carbonatazione), evaporato fino a ottenere cristalli di saccarosio che vengono poi raffinati per trattamento con carboni decoloranti. I tipi di zucchero destinati all’alimentazione umana sono classificati (secondo le direttive CEE del 1980) in: z. di fabbrica, z. bianco (o assol. zucchero), z. bianco raffinato (o z. raffinato), nomi che indicano tutti e tre il saccarosio depurato e cristallizzato ma distinto per il grado di polarizzazione, per il contenuto di zucchero invertito (v. invertito, n. 3), e per altre caratteristiche; nell’uso commerciale si distingue inoltre uno z. cristallino o affinato, quello proveniente dalla prima cristallizzazione, depurato ed essiccato, che viene destinato a usi industriali, e uno z. raffinato o semolato, quello sottoposto a una seconda cristallizzazione. Con riferimento ai diversi modi di preparazione, confezione, lavorazione dello zucchero, solo o con altre sostanze: z. in polvere, in grani, a quadretti, in pezzi, in zolle, in pani (v. pane1, n. 5, anche per l’espressione cappello a pan di z.); z. a velo o impalpabile, in polvere fine, che si sparge sulla superficie dei dolci in strato leggero e uniforme; z. vanigliato, zucchero impalpabile con profumo di vaniglia; z. pilato (v. pilé); z. filato, cotto e tirato in fili in masse rotondeggianti o fusiformi, voluminose ma leggerissime, destinate a bambini e ragazzi; z. bruciato (o colore di z.), caramello; z. d’orzo, cotto nel tegame e poi diviso in pasticche quadrangolari (così detto perché in origine lo zucchero veniva sciolto, prima della cottura, in acqua d’orzo); z. liquido, denominazione impropria con la quale si indicano commercialmente soluzioni zuccherine concentrate, contenenti almeno il 62% di saccarosio o anche di saccarosio e zucchero invertito, di elevato grado di purezza e destinate al consumo domestico o industriale (sciroppi, liquori, marmellate, ecc.). Nel sec. 19° era chiamato z. dei contadini quello ricavato dalla spremitura degli steli del sorgo zuccherino. b. Espressioni d’uso com.: un cucchiaio, un cucchiaino di z.; prendere il caffè, il tè con molto o poco z., senza zucchero. Carta da zucchero, carta pesante, di colore azzurro cupo, usata nel passato per incartare lo zucchero; per estens., (color) carta da z., anche in funzione attributiva, colore azzurro cupo: camicetta, pantaloni carta da zucchero. Pop., avere lo z., o gli z., nelle urine, soffrire di diabete. c. Nell’uso scient., nome generico di composti organici chiamati con termine tecn. glicidi (o glucidi) o idrati di carbonio o carboidrati, distinti in monosî o monosaccaridi o zuccheri semplici (glicosio, fruttosio, ecc.), in oligosaccaridi (saccarosio o zucchero comune, maltosio, ecc.), formati dall’unione di 2, 3, 4 molecole di monosî, sostanze, come le precedenti, cristalline, generalmente dolci, solubili in acqua, esistenti in natura allo stato libero nei vegetali, e in polisaccaridi propriam. detti o poliosî superiori (amido, glicogeno), formati da oltre quattro molecole di monosî, sostanze non cristalline, non dolci, non solubili in acqua, presenti in vegetali e animali come riserve. d. Z. di frutta, altro nome del fruttosio; z. di latte, altro nome del lattosio; z. d’uva o d’amido, altro nome del glicosio; z. di legno, altro nome dello xilosio. e. In chimica, z. di piombo, ant. denominazione dell’acetato di piombo; z. di bismuto, ant. nome dell’acetato di bismuto. 2. Come termine di confronto, per indicare particolare dolcezza (in senso proprio e fig.): a. Riferito a cibo o bevanda molto dolce: dolce come lo z.; assaggia questa pesca, o questo vino, è dolce come lo z., o, anche, è uno z., un vero zucchero. b. Con riferimento a disgrazia, contrarietà o noia che sembra sopportabile in confronto con altre peggiori (ma in questo caso più com. zuccherino): queste difficoltà sono uno z. in confronto a quelle che ci aspettano. c. Di persona d’animo mite e arrendevole o di modi affabili (non com.): la madre è severa ma il padre è un vero z. (anche una pasta di z.); di persona che mostra amabilità, o di un discorso mellifluo: il giorno dopo era diventato tutto z. e miele; Le sue parole eran zucchero e mèle (Pulci). ◆ Dim. zuccherino, anche con accezioni partic. (v. zuccherino2).