A [PREPOSIZIONE]
La preposizione semplice a può presentarsi in diverse forme:
– quando si trova prima di una parola che comincia con la vocale a (più raramente con altre vocali) può assumere la forma ad, con ➔d (eufonica)
passiamo ad altro, dare ad intendere, ad onor del vero
– seguita da parola con consonante iniziale, produce il cosiddetto ➔raddoppiamento sintattico. Il raddoppiamento della consonante è visibile nella resa grafica delle parole derivate da a + altro elemento che hanno assunto una grafia univerbata (➔univerbazione)
accanto, appena, accapo, affatto
– il raddoppiamento è reso nella pronuncia standard, ma non nella grafia, quando le due parole vengono scritte separate
a casa (ma nella pronuncia standard accàsa)
– quando si trova prima di un articolo determinativo, si fonde con l’articolo, dando luogo alle preposizioni articolate
al, allo, alla, ai, agli, alle
La preposizione a svolge diverse funzioni:
– può concorrere alla formazione di locuzioni avverbiali
a caso, a precipizio, a mano a mano, a poco a poco
a volte anche in forma di preposizione articolata
alla cieca, alla carlona
– può collegare due elementi della stessa frase, introducendo diversi tipi di complementi indiretti
Questa la dedico a te (= complemento di termine)
Da due mesi abito a Milano (= complemento di stato in luogo)
I soldati attaccheranno all’alba (= complemento di tempo)
– può collegare due frasi distinte, introducendo diversi tipi di proposizioni
Hai fatto male a fidarti (= proposizione causale)
Sei venuto a litigare? (= proposizione finale).
In alcuni italiani regionali, la preposizione a viene usata anche in altri contesti e con altre funzioni:
– al posto della preposizione di, in espressioni come
sorella a Mario, cugina a mio nipote
– in alcuni tipi di esclamazione
Beato a te!, Poveri a noi!
– per introdurre il complemento oggetto
Senti a me!, Lo conosci a Mario?
– davanti a un infinito retto da un altro verbo
L’ho sentito a dire cose brutte
Sono tutti usi molto marcati in senso locale: decisamente sconsigliabili non solo nello scritto, ma anche nel parlato.
Diverso il caso dell’uso (originariamente romano e meridionale) di a al posto di in con i nomi di strade e piazze
Abito a via Garibaldi in alternativa ad Abito in via Garibaldi
Questa soluzione – ormai largamente diffusa in tutta Italia, sul modello del costrutto usato con i nomi di città (abito a Venezia) – può essere considerata un’alternativa accettabile rispetto a quella più tradizionale.
Sono accettabili entrambe le soluzioni anche in alternative come:
anche se tradizionalmente si tende a preferire la seconda.
In altri casi, anche se entrambe le alternative sono frequenti nell’uso, l’unica corretta è quella con la a.
• Riguardo a (➔riguardo a o riguardo?)
Riguardo alla questione che sai, è tutto risolto
• Inerente a (➔inerente a o inerente?)
L’articolo inerente all’ultimo scandalo
• Relativo a / relativamente a
Il provvedimento relativo alle pensioni.
Alcune locuzioni avverbiali costruite con la preposizione a (normali nell’uso odierno) sono state a lungo condannate dai puristi, perché rifatte su un modello francese (➔prestiti). Tra queste, molte espressioni della moda
alla Pompadour, alla Luigi XIV
e della gastronomia
risotto alla marinara, spaghetti al burro, uova al tegame, pollo allo spiedo
Più recente la diffusione di a portar via
pizza a portar via
che, sul tipo di espressioni come vuoto a rendere o a perdere, traduce l’inglese (to) take away. Meglio sarebbe dire da portar via.
Il costrutto con un verbo di percezione (vedere, sentire e simili) seguito da a + infinito era normale nell’italiano antico e diffuso ancora all’inizio del secolo scorso
Mi sono sentito a dire da lui, come roba sua, le cose che io gli avevo detto (V. Pareto, Lettere a Maffeo Pantaloni 1890-1923).