ABBONE di Fleury (Abbo Floriacensis)
Nacque nei dintorni di Orléans, fra il 945 e il 950. Entrato nel chiostro di Fleury, fece tali progressi negli studî, che, giovanissimo, ottenne la carica d'insegnante. Non soddisfatto, tuttavia, della sua cultura, che limitavasi alla grammatica, dialettitica e aritmetica, si recò a Parigi e a Reims, dove teneva cattedra Gerberto. Dopo avervi appresa l'astronomia, ritornò ad Orléans, e vi studiò musica. Con la retorica e la geometria, completò la sua cultura. Compose, in questo tempo, un'opera sui Syllogismi dialectici e scritti di calcolo e di astronomia. Era così crescinta la sua reputazione, che l'abate di Fleury, richiesto di un dotto insegnante dal monastero di Ramsey, vi mandò A. In Inghilterra, egli fu tenuto in alta considerazione e anche quando, due anni dopo, fu eletto abate di Fleury, non si spezzarono i suoi rapporti con le personalità inglesi. A Dunstano, che gli aveva narrato la vita di sant'Edmondo, mandò una biografia del santo.
La sua nomina ad abate diede un altro indirizzo alla sua attività intellettuale. Gli studi liberali dovettero cedere il posto a lavori più rispondenti all'altezza della sua carica e agl'interessi dell'abbazia. Bisognava difendere i diritti del convento, insidiati dal vescovo di Orléans, Arnolfo. A questo scopo, A. fece una raccolta di estratti dei Padri. Ma l'ostilità del vescovo giunse a tal punto che, un giorno che A. si recava a Tours per la festa di San Martino, fu assalito dai partigiani di Arnolfo insieme coi suoi compagni, parecchi dei quali rimasero feriti. Una lite dovette, poi, sostenere con l'episcopato per le decime. Fece, allora, riunire un sinodo a San Dionigi, e scomunicò i suoi avversarî. In questa occasione, indirizzò ai re Ugo e Roberto il suo Apologeticus. Trattava, in esso, delle vedove e delle vergini, dell'agricoltura e della guerra; ricordava le disposizioni canoniche pel matrimonio; giudicava severamente la simonia, e scongiurava i sovrani di difendere le deliberazioni dei concilî. La sua aspirazione alla restaurazione del diritto e della legge lo portò a compilare una raccolta di cànoni, in cui è evidente lo scopo di definire e chiarire i diritti e i doveri dell'autorità regia e la posizione dei monaci di fronte ai vescovi. Godette la fiducia del re Roberto II, che lo mandò in missione presso Gregorio V, che minacciava un interdetto per il matrimonio tra il sovrano e Berta. Ma A., partito come difensore del re, tornò in Francia difensore del papa, suscitando il risentimento di Roberto. In questo tempo, mentre entrava in rapporti con Odilone di Cluny e altri dotti monaci, cercava anche di avvicinarsi ad Ottone III. Fiero rivendicatore dei diritti del suo convento, si accinse, nel 1004, ad un viaggio in Guascogna, per ridurre all'obbedienza il monastero di La Réole. Ma l'inimicizia tra Guasconi e Francesi scoppiò implacabile; A. fu ferito mortalmente a La Réole e, pochi giorni dopo, morì (13 novembre 1004).
Bibl.: M. Manitius, Geschichte der lateinischen Literatur des Mittelalters, II, Monaco 1923, pp. 664-672 (con ricca bibliografia).