ABERCIO (‛Αβέρκιος, Abercius)
Nella raccolta agiografica del Metafraste si parla di un santo vescovo di nome Abercio in una "vita", universalmente creduta priva di valore storico, La narrazione in parola termina accennando all'epitafio del santo inciso su di una stele, e ne riferisce il testo.
Ma nel 1883 il Ramsay scopriva presso le rovine di Ieropoli, nella Frigia Salutare, due frammenti originali di questa stele che hanno permesso, mediante il confronto con la vita (da riprendere in considerazione) di restituire il testo per intiero, servendosi pure di altra epigrafe del luogo che ha un formulario identico.
Eccone la versione: "Cittadino di una eletta città eressi questo (monumento) mentre ero in vita, al fine di avervi per tempo un luogo di riposo per il mio corpo. Mi chiamo Abercio; sono discepolo del casto pastore che pasce le mandrie di pecore sul monte e sui piani, che ha occhi grandi onniveggenti. Egli m'insegnò le scritture fedeli. Verso Roma egli mi mandò a contemplare il regno ed a vedere la regina che indossa veste d'oro e sandali d'oro. Vidi anche colà il popolo che ha splendido sigillo. Vidi eziandio la pianura di Siria e tutte le città (e) Nisibi passato l'Eufrate. Dovunque trovai gente dello stesso sentimento, avendo Paolo per (?).... La fede dappertutto mi fu guida e dovunque mi procacciò per cibo il pesce della sorgente, d'ogni grandezza, puro, che la pura vergine prese e diede agli amici a mangiare ministrando vino eccellente misto con pane. Queste cose io Abercio dettai all'età di settantadue anni perché, me presente, si scrivessero. Chi queste intende e sente, preghi per Abercio; e nessuno al mio sepolcro ne sovrapponga un altro, diversamente paghi all'erario romano duemila monete d'oro e mille all'ottima patria Ieropoli".
A., tenendo conto che la leggenda lo fa vescovo, potrebbe (con le dovute riserve) credersi tutt'uno con un Abercio Marcello destinatario di un trattato antimontanista (l'anonimo eusebiano) usato ampiamente da Eusebio di Cesarea (H. Eccles., V, 16). Questo A. era prete (qualifica che, in questo periodo, può alludere anche all'episcopato) e sembra che appartenesse proprio alla regione della Frigia Salutare in cui è compresa Ieropoli. Il trattato fu scritto intorno al 193 d. C., e l'iscrizione deve attribuirsi alla fine del sec. II e fornisce una valida base per la classificazione cronologica degli altri monumenti cristiani della regione. Possiamo dire pertanto col De Rossi che questa è, tra le iscrizioni cristiane, la più importante. Infatti contiene un'espressione che potrebbe prendersi così in senso materiale (la lode alla propria patria) come anche in senso escatologico, e cioè come allusione alla "eletta città" del cielo di cui si credono già cittadini i fedeli sulla terra, e l'immagine del Cristo pastor bonus (secondo la nota allegoria cristiana). La discussa espressione relativa ad un regno e ad una regina va intesa in senso mistico, più che riferita alla relazione all'allegoria del pastore che suggerì ad A. la sua missione. Questa comprende tutto il viaggio che gli dette modo di conoscere il regno (cioè, secondo l'opinione più accettabile, l'insieme dei luoghi dove si trovavano i varî centri cristiani) e la regina (ossia l'insieme di questi centri: la Chiesa). È peraltro significativo il fatto che la prima tappa di questo viaggio sia stata Roma. Simili peregrinazioni religiose non erano ignote agli Orientali. Un'allusione più specifica alla comunità di Roma si trova dove si parla del popolo con "splendido sigillo" veduto colà. Notevolissime le allusioni al sacramento del battesimo (il "sigillo") ed alla eucaristia (connessa al ricordo di Cristo Salvatore: simbolo del pesce); importante pure la menzione dell'insegnamento paolino. L'epitafio termina con una delle frasi di richiamo al rispetto del sepolcro, particolarmente diffuse nella Frigia. Da tali frasi, anzi, si può desumere il carattere cristiano di parecchie iscrizioni, più o meno manifesto a seconda delle località. Perciò basterà accennare alle idee del Ficker, di Harnack e d'altri che vollero riconoscere in A. un pagano o almeno un eretico, tesi ormai universalmente abbandonata.
Bibl.: H. Leclercq, in Dictionnaire d'archéologie chrét. et de liturgie, I, i, coll. 66-87; H. Kaufmann, Handbuch d. altchristl. Epigraphik, Friburgo in B. 1917, p. 169 segg.; A. Abel, Étude sur l'inscription d'Aberciús, in Byzantion, III (1926), fasc. II pubbl. nel 1928.