ABIMELECH (ebraico 'Ăbhīmelekh; i Settanta 'Αβ[ε]ιμέλεχ)
Nome proprio col significato originario di Melech è padre: ovvero, essendo Melech il dio cananeo che era chiamato re per antonomasia, può anche significare il re è padre.
1. Nome di un re di Gerara, che appare in un caratteristico episodio della storia di Abramo, ripetuto poi in quella di Isacco. Nell'episodio di Abramo (Genesi, XX) si racconta che costui, peregrinando in quella regione, presentò sua moglie Sara soltanto come sua sorella (era difatti sua sorellastra); allora il locale re A. la rapì. Ma prima che la toccasse, A. fu avvertito in sogno da Dio circa la realtà delle relazioni fra i due: egli allora, giustificandosi con l'appellarsi alla propria buona fede, restituì ad Abramo sua moglie, insieme con molti donativi, e più tardi (Gen., XXI, 22 segg.) strinse con lui anche un'alleanza. L'episodio di Isacco (Genesi, XXVI, 6-11) differisce dal precedente solo perché questa volta A. non rapisce Rebecca, la moglie di Isacco, presentata egualmente come sorella, bensì scopre la realtà da un atteggiamento intimo che sorprende fra i due. Il resto corrisponde al primo episodio; si ritrova anche il patto d'alleanza (Genesi, XXVI, 26 segg.) con gli stessi nomi di persona e di luogo (Phicol, Bersabea).
Dei moderni commentatori alcuni continuano a ritenere che si tratti di due episodî distinti, e quindi anche di due personaggi chiamati A., giacché fra il primo e il secondo episodio sarebbero trascorsi circa ottant'anni. In questa opinione il nome A. è considerato come appellativo comune ai re di Gerara, come il nome di Faraone era comune ai monarchi d'Egitto, quello di Cesare agl'imperatori di Roma, ecc. Altri commentatori ritengono invece trattarsi di un solo episodio tolto dalla storia popolare dei patriarchi ebrei; secondo una sua forma, contenuta nel cosiddetto documento elohista (v. bibbia: Pentateuco), l'episodio era riferito ad Abramo; secondo un'altra, quella del documento jahvista, era invece collegato con Isacco. A conferma, è citato l'episodio molto simile che accadde ad Abramo in Egitto (Genesi, XII, 10-20), ove il Faraone si comportò con Sara a un dipresso come più tardi A.; anche questo terzo episodio proverrebbe dalla fonte jahvista.
2. Figlio del giudice Gedeone e di una concubina di costui che dimorava in Sichem (Giudici, VIII, 31). In Giudici, X,1, è considerato anch'esso, come suo padre, quale giudice in Israele; ma il racconto dei suoi fatti, contenuto in Giudici, IX, lo presenta piuttosto come un ambizioso che cercava la dignità di re senza preoccuparsi del bene del popolo: anche in I Re [Samuele], XII, 11, pur nominandosi con altri giudici il padre di A., si tralascia il nome di costui.
Dopo la morte di Gedeone, A. andò in Sichem presso i parenti materni, e col loro aiuto assoldò seguaci su cui fare assegnamento per i suoi disegni. Dopo ciò si recò ad Ofra presso la casa di Gedeone, e quivi uccise i 70 figli di costui, i quali essendo suoi fratelli paterni, potevano ostacolare i suoi piani; dalla strage scampò un solo, di nome Jotham. Allora A. fu proclamato re, specialmente dai suoi partigiani di Sichem. Poco dopo, lo scampato Jotham pronunciò sul monte Garizim, sopra a Sichem, un noto apologo (Giudici, IX, 8-15), il cui senso era che i Sichemiti si erano scelti per re un uomo inetto e malvagio, e che non avrebbero tardato a provarne le conseguenze. Infatti, dopo tre anni di regno, la ribellione contro il govemo di A. scoppiò proprio a Sichem, ove il popolo era già diviso in due partiti, o meglio due gruppi etnici, gl'Israeliti e i residui degli antichi Cananei. A. corse a domare la ribellione; e da principio con buon successo, giacché riuscì a prendere Sichem, distruggendola totalmente e facendo strage degli abitanti. Ma la rivolta si propagò: e nella espugnazione di Tebez, città a nord-est di Sichem, A. fu colpito alla testa da una pietra da mola lanciatagli dall'alto da una donna; gravemente ferito, A., per non lasciar dire ch'egli moriva per mano di una femmina, si fece uccidere dal suo scudiero.