Abitare
La casa come bisogno e come diritto
Tutti gli uomini hanno bisogno di una casa; di un riparo che li difenda dal caldo, dal freddo, dalla pioggia, dal vento; di un rifugio sicuro; di uno spazio dove stare da soli, o in più persone. Tutti i popoli hanno costruito case: le hanno costruite dappertutto, anche in posti dove sembrerebbe impossibile
Anche gli uomini primitivi avevano una casa: la caverna.
Ancora oggi le persone vivono in case assai diverse fra loro: in tende nel deserto, in capanne nella foresta, nelle grotte, in barche, nelle roulotte, nelle case di campagna e negli appartamenti di città.
Dovunque sia costruita, e indipendentemente dai materiali con cui è realizzata, una casa per essere considerata tale ha bisogno di alcuni elementi fondamentali: il tetto e le pareti (fatti di legno, di pietra, di mattoni, di tela o di ghiaccio), uno spazio sufficiente per dormire e uno spazio per cucinare. E poi una casa ha bisogno di acqua potabile, che arriva direttamente dentro casa o che si trova nelle immediate vicinanze, anche se non è sempre così.
Ci sono case costruite non in riva ai fiumi ma sui fiumi. Sono le case-barca dei fiumi della Cina, della Birmania e del Vietnam. Nelle Filippine quelli che vivono sulle barche sono chiamati 'zingari del mare'. Le case-barca, che servono anche per andare a pesca, sono dotate di una cucina e di letti. Ma come fanno ad andare a scuola i bambini che vivono sulle barche? Vanno su un'altra barca che fa da scuola e galleggia insieme alle altre imbarcazioni.
In Perù, sul lago Titicaca, ci sono alcuni isolotti costruiti con giunchi galleggianti. Su questi isolotti ci sono capanne, anch'esse costruite con giunchi, abitate da gruppi di famiglie.
E poi ci sono intere città costruite sull'acqua. La più famosa nel mondo è Venezia. Gli abitanti di Venezia abitano però dentro case vere, con fondamenta impiantate in terra, come quelle che si trovano nelle altre città della terraferma.
Ancora oggi molte persone vivono in caverne o in grotte perché non hanno alcun altro luogo in cui stare come rifugio. E c'è chi sfrutta la cavità delle rocce come base per costruirsi una casa, come accade ancora in alcuni paesi dell'Africa. Le pareti molto spesse della roccia mantengono l'ambiente interno fresco d'estate e caldo d'inverno. Ci sono esempi di case nella roccia in tanti paesi del mondo: uno dei più famosi è quello del complesso che appartiene alla città vecchia di Matera, in Italia. Si chiama Sassi, ed è fatto di case scavate nella rupe calcarea. Fino agli anni Cinquanta del secolo scorso, poco meno della metà della popolazione di Matera viveva in queste grotte particolari, scavate a ripiani successivi, dal basso della rupe verso l'alto. Oggi queste costruzioni sono diventate monumenti e sono protette come beni culturali.
Nell'antichità le prime città furono costruite in luoghi facili da difendere e vicini a vie di comunicazione e di scambi commerciali, come i fiumi e il mare. Inoltre, erano sempre circondate da mura di difesa a pianta quadrata o poligonale. Non a caso, la parola cinese cheng significa sia "città" sia "muro". In Cina, le case tradizionali hanno una pianta quadrata come quella delle città, e sono rivolte a est (dove sorge il Sole). Il tetto ha un'apertura per il fumo e sul pavimento c'è una buca in cui si raccoglie l'acqua piovana. È come se la casa fosse attraversata al centro da un asse ideale che collega il cielo con la terra. Anche la casa araba è a pianta quadrata, mentre le tende degli Indiani Pellirosse sono a forma di cono; la tenda dei Mongoli è a pianta circolare e rotonda è la casa di ghiaccio degli Inuit (Eschimesi).
Pianta circolare hanno anche i trulli, tipiche abitazioni dei contadini delle Murge, una regione della Puglia centrale. I trulli hanno pareti spesse, che riparano sia dal caldo sia dal freddo, pitturate di bianco, e un tetto a forma di cono. Al loro interno c'è un unico ambiente. I trulli più celebri sono quelli che formano il centro storico di Alberobello.
La metà della popolazione mondiale non vive in città. Abita in paesi, piccoli e grandi, in montagna, o in campagna. Vivere in città spesso vuol dire abitare in un condominio, o comunque in case pensate e costruite in modo diverso dalle case di campagna
Il condominio è un palazzo formato da tanti appartamenti. Nel condominio gli appartamenti sono vicini tra loro e alcuni muri sono in comune. Questo tipo di abitazione è diffuso in molte città del mondo perché permette di dare un alloggio a tante persone occupando un'area relati vamente limitata. I grandi insiemi di edifici abitati sono chiamati costruzioni intensive. Già i Romani, e probabilmente prima di loro i Cretesi, avevano costruito case a più piani, dette insulae, per far fronte alla richiesta di alloggio di un gran numero di persone che, lasciata la campagna, raggiungevano le città in cerca di fortuna.
Oltre ai condomini, nelle città ci sono vari tipi di abitazioni. Nelle città che ancora possiedono un nucleo centrale più antico, molte persone abitano nelle vecchie case del centro storico, che hanno caratteristiche completamente diverse dai palazzi moderni: per esempio, le antiche case nobiliari, dal 15° secolo in poi, hanno soffitti più alti, ambienti vasti, mura divisorie spesse. Molte di queste case hanno un grande valore storico e artistico e vengono sottoposte regolarmente a manutenzioni e a restauri perché possano restare solide e abitabili anche se la loro costruzione risale, magari, al Medioevo!
In città, è possibile vivere in mezzo al verde solo se si abita in una costosa villa. Ma è soprattutto alla periferia delle
città o lontano da esse che si trovano case circondate da grandi giardini o dalla campagna. Nelle campagne italiane ci sono le case degli agricoltori, dei contadini e degli allevatori di bestiame. Sono gruppi di case che fanno parte di un unico edificio, disposte in generale a formare un rettangolo o un quadrato con la stalla vicina, il grande cortile al centro, i porticati per le macchine agricole e gli attrezzi, il fienile, i magazzini. Hanno nomi diversi a seconda delle regioni d'Italia: si chiamano cascine in Lombardia, fattorie in Toscana, masserie in Puglia. Fino agli inizi del 20° secolo una parte notevole della popolazione italiana viveva in case di questo tipo.
Nelle campagne di alcune regioni italiane, per esempio del Veneto, esistono costruzioni che non sono affatto semplici dimore contadine. Alcune di queste residenze furono pensate inizialmente per permettere ai proprietari terrieri di controllare e gestire le attività agricole sui propri terreni, ma poi divennero splendide dimore destinate alla villeggiatura. Tra le più belle ville si ricordano quelle realizzate alla fine del 16° secolo dal grande architetto Andrea Palladio nella campagna veneta.
Se il frigorifero di casa, tramite un messaggio sul cellulare, ci avverte che è il momento di fare la spesa o se le luci di casa si spengono senza bisogno dell'interruttore, siamo in una casa detta intelligente. Esistono solo poche abitazioni dotate di questi dispositivi, perché per il momento si tratta di esperimenti complessi e costosi. La scienza che si occupa della applicazione delle tecnologie informatiche nelle abitazioni si chiama domotica. Ma una casa è veramente intelligente quando riesce a funzionare senza sprechi e senza danneggiare l'ambiente, per esempio utilizzando il calore del sole per il riscaldamento e l'acqua calda.
Nel mondo ci sono ancora popoli nomadi, che vivono muovendosi da un luogo a un altro: essi portano con sé le propria casa che non è fatta di mura e fondamenta, ma è pensata per garantire comunque riparo e accoglienza a chi ci abita
Una bambina africana di nome Mahasin, nello Stato del Sudan, frequenta una scuola speciale per bambini nomadi. I suoi compagni di scuola sono circa 50, ma non sono mai gli stessi. Cambiano continuamente, a seconda delle migrazioni e degli spostamenti delle loro famiglie. Cambiano scuola continuamente anche i bambini delle famiglie del circo o delle giostre, o i figli delle famiglie zingare.
La casa della famiglia di Mahasin è fatta di ramoscelli e pali intrecciati. Due volte all'anno, quando la comunità si mette in cammino, il tetto della capanna viene smontato e i vari materiali sono caricati sulla groppa di dromedari e buoi, in modo che la casa possa essere trasportata altrove e ricostruita nel nuovo luogo in cui la famiglia decide di fermarsi.
La parola 'beduino' significa "abitante della steppa". I beduini sono nomadi e abitano in case viaggianti: essi vivono nelle zone desertiche dell'Africa Settentrionale e del Medio Oriente e si spostano lungo piste tracciate fra sabbia e pietre, per commerciare nei villaggi o per pascolare mandrie di dromedari o greggi di capre. Non si fermano mai più di tre o quattro mesi nello stesso posto.
La casa dei beduini è una tenda nera, composta da strisce di lana di capra cucite insieme. L'interno è diviso in due parti da un telo: una zona è per la famiglia, l'altra è riservata ai maschi e qui si ricevono gli ospiti. Se sono necessari altri vani si aggiungono teli sorretti da paletti. Viaggiatori del passato hanno raccontato di tende grandi fino a una quarantina di metri.
La cucina si trova al centro della tenda. Fra sassi e ceneri arde il fuoco su cui poggiano pentole di rame. Spesso l'acqua raccolta nei pozzi è conservata in zucche o recipienti di plastica, ma ci sono ancora famiglie che la conservano nella ghirba, un otre di pelle ovina appeso a un trespolo. Di solito all'interno delle tende il pavimento è fatto di sabbia depurata sulla quale sono distesi tappeti, pelli di animali o stuoie, quasi sempre prodotte in famiglia su telai molto rustici. I vasetti del tè e del caffè e le stoviglie stanno dentro scaffali o armadietti talvolta pieghevoli, generalmente di legno.
Una volta gli zingari, o Rom, si muovevano su carri trainati da cavalli, vere e proprie case viaggianti. I carri avevano sponde alte, munite di stanghe su cui si poteva montare una tenda di tela: somigliavano, insomma, ai carri coperti usati anche dai pionieri del West. Altre volte, invece, i cavalli trainavano un grande carrozzone di legno, munito di una porta e di piccole finestre, che potrebbe essere considerato l'antenato della nostra roulotte.
Oggi, i carri a cavalli sono stati sostituiti da roulotte e furgoni di varia grandezza o da vecchi pullman adattati ad abitazione. La roulotte degli zingari si chiama kampina.
Gli zingari sedentari o semi-sedentari, invece, vivono spesso in baracche di legno e lamiera, quasi sempre senza luce, né acqua corrente, nelle periferie delle grandi città, sotto i viadotti, nei terreni abbandonati. Pochissimi sono, almeno da noi, i Rom che vivono in abitazioni come le nostre, anche se in qualche città il Comune ha assegnato loro alcune case popolari. In altre nazioni europee, come in Romania e in Ungheria, gli zingari che hanno abbandonato il nomadismo vivono riuniti in villaggi rurali, oppure, come in Svezia e in Inghilterra, in case ben tenute; se sono ancora nomadi, hanno a disposizione campi-sosta con acqua corrente ed elettricità.
La ghirba permette di conservare l'acqua sempre fresca perché trasuda, cioè lascia uscire piccole quantità del liquido contenuto al suo interno: l'acqua che evapora all'esterno raffredda il recipiente mantenendo così fresca l'acqua nel recipiente.
Ci sono località nel mondo dove fa molto più caldo che da noi e non sempre si possono utilizzare i ventilatori o l'aria condizionata. Come si difendono dal caldo le popolazioni di quei luoghi?
La casa di un contadino arabo è semplice. Generalmente è costituita da un cortile sul quale si affaccia una stanza che ha una parte sopraelevata dove ci si ritira per la notte a dormire su stuoie; al pianterreno stanno gli animali. In Egitto, nella città vecchia del Cairo, alcune dimore conservano alle finestre grate di legno che sporgono all'esterno come un balcone. Queste grate, dalle varie forme geometriche, permettevano l'entrata dell'aria ma nello stesso tempo riparavano dal sole e dagli sguardi indiscreti. Singolari sono le case dello Yemen che si sviluppano in altezza, sebbene i muri siano costruiti semplicemente con mattoni crudi, e presentano decorazioni tipiche dell'antica arte yemenita. Queste case sono molto alte e di pianta quadrangolare: ciascuna di esse assomiglia a una torre imprendibile. Tuttavia anche in questi paesi ci sono dimore di tipo occidentale che costituiscono la maggioranza delle abitazioni nelle grandi capitali arabe. Nella città santa dei musulmani, La Mecca, sono stati costruiti moltissimi alberghi ultramoderni per poter ospitare i milioni di fedeli che vi si recano in pellegrinaggio.
La cultura dei Dogon, una popolazione del Mali, è tra le più interessanti dell'Africa. È caratterizzata da una ricca mitologia e da molti simboli che si rispecchiano anche nella struttura dei loro villaggi: le costruzioni, infatti, sono disposte in forma di figura umana. Il toguna, cioè il luogo dove si ritrovano gli anziani per prendere decisioni importanti, rappresenta la testa, mentre il resto del corpo è costituito dagli altri quartieri.
Oggi come in passato il toguna ha forma quadrata e il tetto può arrivare a un'altezza di 6 metri. Il toguna è al centro delle attività legislative e sociali del villaggio. Il tetto è fatto di fascine di steli di miglio che lo isolano dal caldo e dalla pioggia e può essere sostenuto da colonne di pietra o di legno lavorato a mano.
Nelle abitazioni il pavimento è costituito semplicemente dal terreno. Lo spazio all'interno è grande poiché ci sono pochi mobili: un letto, di legno o di mattoni, sul quale viene stesa una stuoia; sgabelli di legno; ripiani; contenitori di argilla per l'acqua o la crema di miglio; zucche vuote come contenitori e panieri.
I Dogon passano gran parte della giornata fuori dalla casa. Le porte delle case sono sempre aperte; solo la sera vengono chiuse con serrature di legno scolpite.
Nel 1919 venne aperto a Chicago, in America, il primo cinema con aria condizionata. Il modo di raffreddare l'aria era stato inventato da pochi anni come applicazione della macchina frigorifera. Nel 1930 più di 300 sale cinematografiche avevano l'aria condizionata. Tuttavia, già nell'antica India esistevano alcune soluzioni per raffreddare le case. Ogni notte venivano appese stuoie d'erba umida davanti alle aperture della casa. Per mezzo di una tinozza perforata, posta sopra le finestre, le stuoie erano mantenute umide durante tutta la notte. Il vento caldo, soffiando sull'erba umida, faceva evaporare l'acqua e abbassava così la temperatura.
Il palazzo della Zisa a Palermo, invece, è un esempio delle soluzioni escogitate dagli Arabi per far fronte al caldo spossante: essi praticarono dei fori nel pavimento di ciascun piano del palazzo. Attraverso i fori passavano le correnti d'aria che si raffreddavano venendo a contatto con i getti d'acqua delle numerose fontane del palazzo.
Nel Kurdistan le case dei villaggi sono fatte di pietra o di mattoni impastati a mano con argilla e paglia; i tetti delle case sono piatti e al posto degli spioventi c'è un terrazzo. Nelle notti d'estate fa così caldo che le famiglie dormono sui tetti trasformati in letti colorati con coperte e tappeti.
Tra le principali funzioni di una casa c'è quella di offrire riparo dalle intemperie, soprattutto dal freddo. In posti molto freddi l'unico modo per ripararsi è costruire… case di ghiaccio, in altri è concentrare la struttura della casa e della vita quotidiana attorno a stufe e ad altre fonti di calore
Una parte del Canada è situata oltre il Circolo polare artico dove la terra può rimanere ghiacciata per nove mesi l'anno e d'inverno ci sono lunghi periodi di buio, anche durante le ore diurne. Per mesi il sole non sorge mai. In questo ambiente vivono diverse popolazioni tra le quali quella degli Eschimesi, che nella loro lingua si chiamano Inuit. Praticano la caccia alla foca e al caribù (una specie di renna) e, nei mesi freddi, abitano in una casa fatta di ghiaccio che costruiscono durante il periodo delle cacce invernali: l'iglù.
È una casetta a forma di cupola, costruita con blocchi di ghiaccio, l'unico materiale edile lì disponibile, messi gli uni sugli altri. Si entra attraverso uno stretto tunnel che è sempre aperto per far entrare l'aria: il tunnel ha la funzione di isolare termicamente l'interno dell'iglù dall'esterno. Alla sommità c'è un foro per far uscire il fumo, poiché il fuoco si accende all'interno dell'abitazione.
Dentro l'iglù ci sono grandi pelli di animali che coprono le pareti e lampade per dare luce e calore. Si dorme su assi di legno ricoperte di muschio e pellicce. Fuori dall'iglù la temperatura può anche arrivare a trenta gradi sotto lo zero.
Anche in paesi come la Russia e la Finlandia fa molto freddo. In questi paesi le case sono di legno e al centro hanno tutte una o più stufe di ferro o di mattoni. La stufa si chiama isba e la stessa abitazione prende il nome dalla stufa.
La stufa è la regina della casa in tutte le case di montagna e la stanza della stufa è il posto più importante dove si passa la maggior parte del tempo per parlare, mangiare, leggere e lavorare. Negli antichi castelli dell'Alto Adige la stube, la stufa, era al centro della vita quotidiana ed era spesso ricoperta di meravigliose ceramiche. Inoltre era così grande che ci si poteva dormire sopra.
Le case di montagna sono di legno o di pietra e hanno i tetti spioventi perché in quei posti piove e nevica molto: così la pioggia e la neve scivolano giù e il tetto non rischia di crollare sotto il loro peso. Le finestre sono, in genere, molto piccole per evitare di disperdere il calore interno delle case.
Un tempo, nelle case di montagna e nelle case dei contadini dei paesi del Nord e dell'Italia settentrionale i letti erano così freddi che prima di andare a dormire si metteva sotto le coperte un pentolino con dentro braci caldissime prese dalla stufa. Il pentolino (detto scaldino) era separato dalle coperte da un'intelaiatura di legno che si chiamava prete.
Come erano fatte le case nella Roma antica? Come erano riscaldate le abitazioni nel Medioevo? E perché un tempo la cucina era sempre posta al piano più alto della casa? Ecco come, in duemila anni, in Occidente, si è passati dalle case di argilla ai grattacieli
Gli antichi Greci, anche i più ricchi, non si preoccupavano troppo di avere una bella casa, perché in casa ci stavano solo la notte per dormire. Per loro era molto più importante avere una bella città, con piazze dove incontrarsi e botteghe dove lavorare. Le case erano molto semplici. Erano fatte di mattoni d'argilla e nella parte centrale avevano un cortile a cielo aperto, dal quale prendevano luce le stanze. Di solito le case erano a due piani e al secondo c'era l'appartamento riservato alle donne. Le stanze erano piuttosto buie e venivano illuminate con lampade a olio o con candele e riscaldate con bracieri. Probabilmente non c'erano armadi e scaffali e gli oggetti erano appesi a chiodi alle pareti. Altrettanto rari erano i vetri alle finestre, che comunque non erano trasparenti; più spesso venivano usate sottili pelli animali.
Le case romane erano a prima vista molto simili a quelle greche: anche qui le stanze erano disposte attorno a un atrio centrale con un'apertura sul soffitto da cui entravano luce e acqua piovana, che veniva raccolta in una vasca. I Romani però, a differenza dei Greci, passavano molto più tempo in casa. Per questo le abitazioni dei cittadini più ricchi erano arredate lussuosamente e avevano molte delle comodità che abbiamo anche noi oggi. Molte case romane erano fornite di acqua corrente, grazie agli efficientissimi acquedotti, ed erano riscaldate. Come? Il segreto era nel pavimento: sotto alle case c'era uno spazio vuoto, quello che oggi chiamiamo intercapedine, che separava il terreno dal pavimento vero e proprio, sostenuto da mattoni. Questo spazio vuoto comunicava con una caldaia in cui bruciava legna: il fuoco riscaldava l'aria che circolava sotto il pavimento riscaldando la casa.
Nell'Europa del Medioevo le case erano molto meno confortevoli di quelle dei Romani. Quelle dei contadini avevano spesso una sola stanza, che faceva da cucina e camera da letto per tutta la famiglia. Erano di legno, più raramente di pietra, e il tetto era di stoppia. L'arredo era semplice: un tavolo, qualche sgabello e alcune panche. Gran parte delle persone dormiva per terra, oppure su sacchi di paglia. Non c'era l'acqua corrente, né il bagno. Le case dei mercanti e degli artigiani, invece, erano di solito su due piani: in realtà, erano spesso piccole torri fortificate, costruite in pietra. Al piano terra c'era la camera 'nobile' per ricevere gli ospiti, al piano superiore la cucina, con un semplice fuoco al centro e un foro nel soffitto per far uscire il fumo. Le case dei ricchi e dei nobili avevano ben tre stanze: cucina, sala per i ricevimenti e camera da letto. Si diffuse l'usanza di costruire un camino in ogni stanza per riscaldarla.
Le famiglie nobili più importanti vivevano invece in palazzi che occupavano un'intera strada e affittavano il pianterreno a mercanti e artigiani. Nel Rinascimento, le case dei ricchi diventarono sempre più alte: si può dire che più un mercante o un nobile accumulava fortune, più aumentavano i piani delle sue case.
Dopo la Rivoluzione industriale, le città occidentali diventarono sempre più popolose. Anche le attività industriali, che cominciavano a richiamare molta mano d'opera, si concentravano attorno ai grandi centri urbani, come Londra e Liverpool. Così, occorreva costruire più case nello stesso spazio. Era finita l'epoca dei grandi palazzi nobiliari: le case, anche quelle dei ricchi, diventarono più piccole, ma molto più confortevoli. Nelle grandi città comparvero infatti il riscaldamento, l'acqua corrente e più tardi la luce elettrica. Siccome lo spazio nelle città non bastava più, erano sempre meno le case isolate e sempre più gli appartamenti all'interno di palazzi multipiano. Insomma, le case diventarono sempre più simili a quelle dove abitiamo noi oggi.
Presso il Mar Morto sono stati ritrovati i resti di quella che può essere considerata una tra le città più antiche del mondo: Gerico. La nascita delle prime città è legata alla pratica dell'agricoltura e all'abbandono della vita nomade. Si trattò di un processo lento e graduale: inizialmente sorsero villaggi che poi, di pari passo con l'evoluzione della società, divennero sempre più grandi e organizzati
I primi insediamenti sono nati quando l'uomo ha abbandonato la vita nomade e si è fermato in luoghi opportuni per coltivare i campi e allevare gli animali. Così, un po' alla volta, sono state costruite non soltanto le case dove abitare, ma anche le strutture necessarie alle nuove attività agricole e di allevamento: per esempio, locali dove raccogliere e conservare i cereali, grano e orzo, e dove macinarli per trasformarli dapprima in farina e poi in focacce o zuppe.
Tra i resti più antichi di case vi sono quelli scoperti a Gerico e a Catal Huyuk, nella Turchia centro-meridionale. Queste case risalgono al 6500 a.C. A Gerico, una tra le prime città della storia, a quell'epoca abitavano 2.000 persone; i resti dei bastioni e delle torri fanno pensare che esistesse già una ben caratterizzata organizzazione sociale. Per coltivare i cereali erano stati costruiti canali d'irrigazione che utilizzavano l'acqua del fiume Giordano.
La presenza dell'acqua è fondamentale per l'esistenza di una città: molte città infatti sono state fondate in prossimità di fiumi e laghi o vicino al mare. Canali e acquedotti furono tra le prime grandi opere d'ingegneria ideate dall'uomo.
Le nostre città sono suddivise in quartieri. La divisione in quartieri risale al tempo dei Comuni: basti pensare alle contrade di Siena. Un quartiere è un po' come un villaggio. Le persone, le famiglie trovano nel quartiere i servizi essenziali: il fornaio, l'edicola, la scuola, la farmacia, il barbiere, alcuni uffici decentrati del comune, la chiesa. In certi quartieri, oltre al mercato 'fisso', c'è un mercato 'ambulante' che occupa una via o una piazza nello stesso giorno della settimana. A volte i quartieri hanno un loro specifico 'carattere': sono abitati da persone accomunate dal tipo di lavoro, dalla religione o dal paese d'origine. In alcune città ci sono i quartieri dei Cinesi (per esempio a New York, Londra o Milano), i quartieri degli artisti (per esempio a Parigi o a Milano), i quartieri degli affari (la City di Londra).
Nelle città d'Europa i monumenti più antichi stanno nel centro storico. Anche nei paesi arabi al centro delle città si trova la medina, ossia la città vecchia, dove ci sono la moschea, la scuola coranica, il mercato, il bagno turco, collegati tra loro da uno stretto dedalo di viuzze. Il centro delle metropoli americane è caratterizzato invece dai grattacieli, dove sono concentrati uffici e attività commerciali.
I primi grattacieli furono costruiti a Chicago alla fine dell'Ottocento: a quell'epoca, il forte sviluppo industriale attirò molte persone nelle città e crebbe così la richiesta di alloggi, possibilmente non lontani dalle fabbriche. Dato l'alto costo dei terreni edificabili (quelli, cioè, sui quali si possono costruire le case), alcuni architetti pensarono che si sarebbe potuto risparmiare sviluppando i palazzi in altezza. La costruzione e l'abitabilità dei grattacieli furono rese possibili grazie all'uso di nuovi materiali, come l'acciaio, e grazie a invenzioni come quella dell'ascensore.
Tra i più grandi grattacieli del mondo ci sono le due torri gemelle di Kuala Lumpur in Malesia, di 88 piani ciascuna, alte 452 metri.
La parola ghetto in origine indicava il quartiere di Venezia destinato agli Ebrei. A partire dal 17° secolo in tutta l'Europa il ghetto divenne il quartiere in cui gli Ebrei erano stati costretti a confinarsi all'interno delle città. Aboliti nel 19° secolo, durante il nazismo i ghetti tornarono a identificare lo spazio in cui erano costretti a stare gli Ebrei. Oggi la parola ghetto viene usata anche per indicare un'area degradata dove vivono fasce emarginate della popolazione.
Una città non è fatta solo di case, strade e piazze. Chi ci abita ha bisogno di molte altre cose, come acqua ed elettricità, che oggi arrivano direttamente nelle case grazie a sistemi di distribuzione detti reti. Se potessimo vedere questi sistemi dall'alto, noteremmo che hanno proprio l'aspetto di un reticolato di linee che collegano diversi punti. I punti sono case, uffici, negozi, mentre le linee sono tubi o cavi
Gli acquedotti sono reti di tubi che portano in ogni casa l'acqua potabile. Gli acquedotti esistevano già nelle città dell'antica Grecia e, soprattutto, nell'antica Roma. Per alimentare un acquedotto serve un impianto che raccolga l'acqua da pozzi o da sorgenti e la trasporti in grandi serbatoi posti vicino alla città. Qui l'acqua viene depurata in modo che si possa bere (potabilizzazione dell'acqua), per essere poi spinta in tubi sotterranei che la portano in ogni edificio, fino alla cucina o al bagno di casa nostra.
Da quando esistono gli acquedotti, esistono anche le fognature, altri sistemi di tubature che portano via le acque sporche (dette acque nere) dalle case e dalla città. Dal lavandino di casa l'acqua va a finire in depuratori, dove viene separata dalle sostanze inquinanti prima di finire nei fiumi o nei mari. Con lo stesso sistema viene convogliata anche l'acqua piovana, che altrimenti allagherebbe strade e piazze. I tombini collocati lungo le strade servono proprio a raccogliere la pioggia, farla andare nelle fognature e portarla ai depuratori (quando ci sono) e agli scarichi.
In una città moderna si lavora e ci si muove anche di notte; quindi servono sistemi per illuminare le strade e le piazze. Inoltre, per molte nostre attività (raffreddare i cibi, lavorare al computer) abbiamo bisogno di energia elettrica. Per questo la città è percorsa da cavi che portano la corrente elettrica a tutti i palazzi e a ogni lampione. La corrente elettrica proviene da centrali elettriche, situate in luoghi anche molto lontani dalle città. L'elettricità viaggia sui tralicci dell'alta tensione, grandi strutture di metallo che sostengono i cavi elettrici e che fanno ormai parte del paesaggio. Una volta arrivata in città, l'elettricità viene distribuita su molte reti periferiche per poi finire in ogni abitazione. Quando pigiamo un interruttore o infiliamo una spina in una presa non facciamo altro che collegarci a quella rete e 'aprire il rubinetto' dell'elettricità.
Sotto la città si trovano anche tubature che trasportano gas, come il metano, che serve per cucinare e per riscaldare la casa. Queste tubature si chiamano gasdotti e il gas che viaggia al loro interno proviene da giacimenti spesso molto lontani. Il gas viene spinto nei tubi da apposite pompe, in modo che possa raggiungere ogni casa. Si tratta di gas combustibile, quindi basta una scintilla perché prenda fuoco e produca calore. È quello che succede quando accendiamo un fornello della cucina a gas per cuocere il cibo. Ma il gas può servire anche a riscaldare la casa e l'acqua con cui ci laviamo.
L'energia arriva alle città dalle centrali: grandi impianti che trasformano in corrente elettrica le diverse forme di energia presenti in natura. Le centrali idroelettriche sfruttano la forza dell'acqua; questa viene accumulata ad alta quota in bacini creati per mezzo di dighe, e poi fatta scendere a valle all'interno di condotte. La forza dell'acqua che cade muove particolari eliche chiamate turbine, che producono energia elettrica.
Le centrali termoelettriche, invece, per azionare le turbine usano il calore ottenuto bruciando gas, carbone oppure olio combustibile. Queste centrali sono molto efficienti, ma hanno il grosso difetto di rilasciare i prodotti della combustione.
Le centrali nucleari, infine, sfruttano l'energia creata dalle reazioni nucleari. Questo processo, è in grado di produrre grandi quantità di energia ma, in caso di incidente, è fonte di radiazioni dannose per l'ambiente e per gli esseri umani.
*Questo paragrafo è stato scritto da Nicola Nosengo.
Ci sono oggi più di venti città al mondo che superano i dieci milioni di abitanti. Ma non tutti vivono in abitazioni confortevoli. Centinaia di milioni di persone vivono in case che non sono degne di questo nome. La maggior parte di esse si trova nei paesi più poveri. Una parte della popolazione di queste città vive in condizioni disperate
Quasi la metà della popolazione del mondo vive nelle città. Seicento milioni di persone vivono in quartieri poverissimi, fatti di baracche e senza un impianto di acqua corrente in casa. Si calcola, poi, che circa 20 milioni di famiglie vivano addirittura per strada. Molte sono le cause per le quali gli uomini perdono la propria casa o non riescono ad averne una. La guerra, per esempio, costringe le persone a fuggire dal proprio paese, a volte senza avere neppure il tempo di raccogliere e portar via le proprie cose. Più della metà dei rifugiati ‒ si chiamano così le persone che scappano in un altro paese a causa della guerra ‒ sono bambini e ragazzi.
Un'altra causa della mancanza di casa sono i disastri naturali, come terremoti, uragani, inondazioni, che possono trasformare in deserti intere zone del mondo. E poi ci sono tanti disoccupati, disperati e soli, che, soprattutto nelle grandi città, vivono e dormono per strada.
Alla periferia di alcune delle città più grandi del mondo ci sono i quartieri per i più poveri, formati da baracche di legno o di lamiera. File e file interminabili di abitazioni, addossate le une alle altre, composte di una sola stanza priva di finestre, senza elettricità e senza acqua corrente: l'unica acqua a disposizione è quella piovana. Molti bambini vivono per strada, spesso abbandonati a sé stessi, e giocano tra i rifiuti. I topi passeggiano indisturbati e sembrano a loro agio: sono loro i veri 'cittadini'.
In grandi metropoli come Manila, nelle Filippine, Bogotá in Colombia, Lagos in Nigeria, Bombay (Mumbai) e Calcutta in India più del 30% della popolazione vive in quartieri di questo tipo, chiamati bidonville, favelas (in Brasile), baraccopoli, slum. A Nairobi, capitale del Kenya, più della metà della popolazione vive in tanti slum poverissimi che si addensano nel 5% del territorio urbano. A volte, proprio accanto a questi quartieri poverissimi ci sono i grattacieli e gli uffici, le banche o le ville dei ricchi. Sono due città completamente diverse ma unite. Anzi, sono due facce della stessa città.
Nella città di Manila, detta anche la Grande Manila (ha più di 10 milioni di abitanti), capitale delle Filippine, c'è un posto che viene chiamato Smokey Mountain, cioè la "Montagna fumosa". È la discarica della città, il luogo in cui si gettano i rifiuti, ma è anche il luogo dove abitano 25.000 persone. Smokey Mountain ha cominciato a popolarsi e a prendere l'aspetto attuale già nel 1945, dopo l'arrivo dei soldati americani. Immediatamente è nata la comunità che ancora oggi abita le pendici di questa montagna di rifiuti alta ormai 45 metri, sempre coperta dal fumo dei rifiuti che bruciano. Gli abitanti di questa bidonville hanno trasformato in lavoro la loro condizione disperata: fanno gli scavatori, i selezionatori e i venditori di rifiuti!
Nelle città ci sono persone che non possiedono nemmeno una baracca di legno o di latta. Sono i senzatetto, persone sole o piccoli gruppi che dormono dove capita: sotto i ponti, nelle stazioni, sotto la tettoia di un palazzo. La loro casa è la strada, il letto è una scatola di cartone. Negli ultimi anni il numero dei senzatetto è aumentato. In Italia li chiamano anche barboni, in Francia clochard. Tra loro ci sono persone di ogni età e con storie diverse: anziani che hanno avuto lo sfratto, cioè sono stati mandati via dalla casa in cui abitavano, oppure giovani senza lavoro e senza famiglia, stranieri arrivati da poco dal loro paese, o persone che hanno deciso di vivere in questo modo in seguito a qualche tragedia familiare. Tra tutti costoro ci sono anche molti bambini. In Brasile li chiamano meninos da rua "bambini di strada". A Bucarest, la capitale della Romania, sono stati scoperti gruppi di bambini che vivevano nelle fogne della città.
"Ca...sa... ca...sa", ripete il piccolo extraterrestre, indicando con il dito lungo e rugoso il cielo oltre la finestra. Elliott guarda senza capire gli occhi tristi di quello strano amico venuto dallo spazio. Lo aveva trovato qualche giorno prima nel giardino, impaurito e tremante. Chissà come era arrivato lì? Una cosa era chiara: aveva bisogno di aiuto. Per questo lo aveva nascosto nel guardaroba. Elliott era felice di avere un amico così speciale! Ora stava facendo progressi anche con la lingua... "Ca…sa!" ripete E.T. Ma certo! Vuole tornare da dove è venuto! Allora gli extraterrestri sono proprio uguali a noi? Escono per andare a scuola, o da un amico, partono per le vacanze, vogliono conoscere gente nuova. Ma poi, dopo tutto quel viaggiare, desiderano tornare a casa. Il fatto è che tra le mura domestiche tutti ci sentiamo più al sicuro e protetti. La casa è un luogo che conosciamo bene, in cui ci sentiamo tranquilli. È il posto dove ritroviamo le persone e le cose che ci sono più care.
Sicuramente sul pianeta dove vuole tornare c'è qualcuno a cui E.T. vuole bene e che lo sta aspettando. La differenza tra un luogo qualsiasi dell'Universo e la propria casa è tutta qua: al primo non ci lega niente mentre alla seconda ci unisce l'affetto dei nostri familiari. Ma al nostro nido ci piace tornare anche perché è il posto in cui ci sentiamo a nostro agio. Lì dentro possiamo dedicarci a ciò che ci piace. Tra le sue mura possiamo stare in pace, fare i nostri giochi preferiti, perdere tempo oppure goderci il dolce far niente e magari fantasticare. Prendiamo Matilde, per esempio. È una bambina precoce e a quattro anni sa già leggere speditamente.
Invece di guardare la televisione preferirebbe di gran lunga passare il tempo con un libro. Ma i suoi genitori non vedono di buon occhio quella stranezza. Un giorno, però, la piccola scopre che non lontano da casa c'è una biblioteca pubblica dove può prendere in prestito i libri che vuole. Le sembra un sogno! Chiusa nella sua tana ora Matilde può fare ciò che desidera.
"La sua cameretta diventò una sala di lettura, dove passava i pomeriggi seduta a leggere, con la tazza di cioccolata calda accanto… Era così piacevole tener vicino una bevanda calda mentre leggeva e leggeva, nella sua stanzetta silenziosa. I libri le aprivano mondi nuovi… Girava il mondo restando seduta nella sua stanza…".
Come Matilde, ognuno nel suo nido vuole sentirsi un re. E tutti ci diamo un gran daffare per trovare il posto più adatto: le case non sono tutte uguali! Una volta trovate, poi, bisogna renderle calde e confortevoli. Insomma per costruirsi una tana c'è lavoro da fare, eccome! Sui gusti poi non si discute. Guardiamo quella in cui vive il ricchissimo Zio Paperone. Il suo austero deposito non è forse l'abitazione ideale per un papero tirchio come lui?
Non parliamo poi della casa della strega che vive nel bosco e aspetta Hansel e Gretel. Le mura sono di marzapane e le finestre di zucchero trasparente. La vecchia l'ha scelta per prendere per la gola i bambini grassottelli che le piacciono tanto. Ma se la strega pensa che abitazioni di questo genere siano sicure si sbaglia di grosso. C'è da chiedersi che cosa potrebbe succedere in caso di pioggia. A scanso di equivoci, se cerchiamo un'abitazione, è bene sceglierla ben robusta. Una buona casa deve essere solida. Deve essere capace di ripararci dalle intemperie e proteggerci dagli estranei. Bisogna stare molto attenti: fuori i pericoli sono sempre in agguato.
Quindi ha fatto bene il terzo porcellino a essere previdente. Al contrario dei suoi fratelli, non ha avuto fretta. Con calma si è costruito un'abitazione tutta di mattoni. Al lupo sono bastati un soffio per buttar giù la casa di paglia del primo maialino e altri due per far cadere quella di legno del secondo. Ma quando tenta di spazzar via quella di mattoni, non c'è soffio che tenga. Per quanti sforzi faccia la bestiaccia, la casa questa volta non crolla e il terzo porcellino si salva. Nelle tane degli altri può entrare solo chi chiede il permesso! E questa regola vale in tutto il mondo.
In Kenya si racconta che un gattopardo affamato, trovando la porta del pollaio sbarrata, si fa passare per un corvo e bussa. "Chi va là ", grida il gallo. "Sono il corvo, aprimi", risponde il gattopardo. Ma l'animale lo riconosce e siccome sa che la porta di casa si spalanca solo agli amici, per paura di essere divorato non apre. "Mangiarti?", riprende a dire il gattopardo.
"Non lo sai che ora non ci si mangia più?... Il leone ha comandato che tutti gli animali non si facciano più le guerre". "Facciamo così, amico mio", dice il gallo che da una fessura vede avvicinarsi un gruppo di cani. "Aspettiamo che vengano quei cani ... Se il leone davvero ha comandato a tutti gli animali di fare la pace, tu non hai niente da temere, io ti aprirò e sarò sicuro che non mi farai del male …". Convinto che il gallo lo sta prendendo in giro, il felino risponde: "Vengano pure!". Ma è già troppo tardi per scappare.
Insomma, dopo tutta la fatica che si fa per cercarla, sistemarla e proteggerla dai pericoli, è normale che sentiamo la casa come qualcosa che ci appartiene e che non vorremmo perdere. E se per disgrazia ci capita di dover lasciare la casa, allora ci sentiamo disperati come se dovessimo abbandonare un grande amico. Succede all'arabo Giufà che, pieno di debiti, un giorno è costretto a cedere la casa. Ma siccome è un furbo, decide di venderla tutta al primo acquirente tranne un chiodo piantato nel muro. L'uomo accetta e i due firmano l'accordo. Una settimana dopo, però, Giufà entra nella vecchia abitazione e appende al suo chiodo il mantello. Da quel momento, ogni giorno l'uomo si presenta alla porta per sistemare sulla sua vecchia proprietà qualcosa di nuovo.
Ma una sera Giufà entra in casa e posa sul pezzo di ferro la carcassa puzzolente di un asino. "Quando è troppo è troppo!", urla il nuovo padrone. "Che hai da gridare, amico", risponde tranquillo Giufà.
"Ti ho venduto la casa ma non il chiodo. Con quello che è mio posso fare quello che mi pare. Se non ti sta bene, libero di andartene".
Così all'uomo non resta altra scelta che lasciare la casa. Eh sì, cosa non faremmo per salvare il nostro nido! Il fatto è che più gli anni passano e più gli siamo affezionati. Molte sono le tracce della nostra vita che accumuliamo tra quelle mura. Giocattoli, foto, oggetti e poi … tanti, tanti ricordi. A volte arriviamo perfino a pensare che la casa è una cosa viva che cresce e invecchia con noi.
A questo Tom, il protagonista de Il giardino di mezzanotte, non aveva mai pensato. Almeno fino a quando nella vecchia casa degli zii, dove passa le vacanze, non accadono cose strane. Il ragazzo non crede alla presenza di fantasmi nella casa ma ogni notte, quando l'orologio nell'atrio batte il "tredicesimo rintocco", tutto si trasforma. La casa torna a essere bella e accogliente com'era un tempo. Sul retro riappaiono il vecchio giardino e la bambina che una volta giocava tra i suoi alberi. A quella magica ora è come se l'edificio aprisse l'album dei ricordi accumulati negli anni e Tom tornasse con lui indietro nel tempo. (Maria Cristina Paterlini)
Djuha e il chiodo, in Giufà. Racconti, Storie, Leggende, B&B, S.Giovanni La Punta , 1997
La furbizia del vecchio gallo, in Marco Aime (a c. di), Favole del Kenia, Xenia, Milano 1993
Carl Barks, Tesori, Walt Disney Company, Milano 2002 [Ill.]
Benedetto Bellesi, La iena ingorda; L'uccello del miele, in La rana ladra e altre favole zulu, Emi, Bologna 1996 [Ill.]
Chiara Carrer, Giufà, Sinnos, Roma 2004 [Ill.]
Jean Claverie, I tre porcellini, Nord-Sud Edizioni, Zurigo 2002 [Ill.]
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Roald Dahl, Matilde, Salani, Firenze 1995 [Ill.]
Walt Disney, Zio Paperone e la febbre dell'oro, in Zio Paperone, Gruppo Editoriale L'Espresso, Roma 2003
Giulio Lughi, Hansel e Gretel, Emme Edizioni, Trieste 1995 [Ill.]
Philippa Pearce, Il giardino di mezzanotte, Salani, Firenze 1988 [Ill.]
Steven Spielberg, E.T., l'extraterrestre, USA 2002 [Ill.]