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Abruzzo

di Giovanni Pischedda - Enciclopedia Dantesca (1970)
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Abruzzo

Giovanni Pischedda

Assai fragile l'ipotesi di un soggiorno dantesco in A., pur sostenuta da studiosi locali; Casti è giunto addirittura a ritenere possibile che D. si fosse trovato presente all'Aquila all'incoronazione di Celestino V. Nel corso della sua opera D. nomina una sola località abruzzese, Tagliacozzo (vedi), a proposito della battaglia perduta da Corradino, e inoltre il fiume Tronto in Pd VIII 63. Tra i personaggi della regione nessuna traccia è di Tommaso da Celano, anche se certamente D. conobbe entrambe o una almeno delle biografie di s. Francesco (più probabilmente la Legenda secunda). Il solo Celestino V (vedi) può dirsi personaggio cui il poeta più d'una volta fa riferimento nella Commedia. Non accenna mai direttamente al dialetto abruzzese, che certo per D. doveva far parte dell'Apulia di sinistra, cioè del versante adriatico. Insussistente è, infine, l'ipotesi che col Verde di Pd VIII 63 D. potesse alludere al Castellano, fiume che divide gli Aprutini dai Piceni e cade nel Tronto. Inesistente anche la tradizione iconografica antica: un Giudizio Universale a Fossa, presso Aquila, fu messo in rapporto con la Commedia. Ma nel campo delle lettere il culto dantesco dovette essere assai vivo in A., e soprattutto all'Aquila, sin dal sec. XIV, come si può constatare dai codici della Commedia, poi passati alla Biblioteca Nazionale di Napoli. Un manoscritto è tuttora in Aquila, posseduto dalla famiglia Pica-Alfieri. Si conoscono codici trascritti, o tutti o in parte, da mano abruzzese, come il Panciatichiano 2 della Nazionale di Firenze.

Più tardi la storia della fortuna di D. in A., nell'identificarsi con la storia della cultura abruzzese dall'Umanesimo (si ricorda un lettore abruzzese del poema a Bologna, Angelo dell'Aquila, nel 1401) ai nostri giorni, ha conosciuto pagine assai importanti e suggestive nei vari settori della critica dantesca. Nel campo specifico della filologia è da ricordarsi anzitutto il settecentesco abate di Aquila Giuseppe Giustino Di Costanzo, dei duchi di Paganica (1739-1813), che durante il soggiorno a Montecassino (dal 1799) si occupò delle relazioni tra la Commedia e la Visione di frate Alberico, testo da lui studiato in un codice cassinese (il 239); importante il suo lavoro sul codice Cassinese della Commedia nello scritto Di un autentico testo a penna della D.C. con alcune annotazioni sulle varianti lezioni e sulle postille del medesimo. Lettera di Eustazio Dicearcheo ad Angelio Sidicino, Roma 1801. Al Di Costanzo si deve il primo studio sul codice Cassinese e sulle sue postille latine (come subito gli riconobbe il Cancellieri nelle Osservazioni intorno alla questione sopra l'originalità della D.C., Roma 1814, e più tardi ammisero il Portirelli, poi gli editori dell'ed. 1822 del poema, la cosiddetta Minerva, infine il Witte e gli editori del manoscritto stesso: vedi Chiose Cassinesi).

Sono inoltre da ricordare Nicola Nicolini, di Chieti, autore dell'opera Dell'Analisi e della Sintesi, Saggio di studi etimologici, Napoli 1842; Giuseppe Rivera, autore del più ragguardevole studio su D. in A. (cfr. in bibl.) e di altri scritti danteschi, tra i quali la prima segnalazione di un manoscritto del poema ancora all'Aquila, quello Pica-Alfieri già ricordato; il nipote di lui, Luigi Rivera, che si soffermò sopra un'edizione, peraltro perduta, che del poema sarebbe stata pubblicata all'Aquila, alla fine del sec. XV, dallo stampatore Adamo di Rotwil; Teodoro Bonanni, che nel 1870 pubblicò a Napoli un Indice delle materie trattate nella D. C., di un'opera su La donna nella famiglia. Pensieri e concetti tratti dalle opere di D., ibid. 1881, e di altri scritti d'interesse dantesco, tra i quali emerge l'opuscolo D.A. teologo, L'Aquila 1881.

Non possiamo certo in questa sede nemmeno soffermarci sull'opera dantesca di grandi abruzzesi (ma che in A. non operarono), quali Gabriele Rossetti, Francesco D'Ovidio, Benedetto Croce, Cesare de Lollis, ma è indubitato che l'influsso delle loro interpretazioni fu profondissimo sulla cultura abruzzese, come potrebbero testimoniare gli scritti di studiosi locali, sensibili alla lezione di maestri come il Croce. Un luogo a parte merita, invece, per la sottigliezza delle ipotesi e della capillare conoscenza dell'opera di D., Lorenzo Filomusi Guelfi, fratello del grande giurista. Al Filomusi Guelfi si debbono gli Studi su D. (Città di Castello 1908), le cui proposte trovarono larga eco nel " Bullettino dantesco " e in altre riviste specializzate. La linea d'indagine del Filomusi Guelfi si rivolge particolarmente all'interpretazione morale del poema, come nei notevoli capitoli sulla struttura morale delle cantiche. Da rammentare, dello stesso, sono anche i Nuovissimi studi su D. (Città di Castello 1912), e i Paralipomeni danteschi (ibid. 1912). Altra figura interessante del dantismo abruzzese è Fedele Romani, da Colledara, nel Teramano, scrittore e poeta dialettale, la cui opera più importante nel campo dantologico è il volume Ombre e corpi, ibid. 1902 (con sottili analisi dei movimenti e atteggiamenti umani dei personaggi del poema; al Romani si devono anche eccellenti Lecturae di canti, quali If XXXIII, Pg XIX, Pd XXVII). Gioverà anche un cenno su Giuseppe De Blasis, di Sulmona, autore di Dell'allegoria principale e del veltro di D. (Napoli 1857). Del problema D. Celestino si sono anche occupati gli abruzzesi E. Casti, V. Zecca, il padre celestino Barcellini, D. Galli, G. Celidonio, G. Iannucci, ecc.

In occasione del centenario del 1921 vennero stampate in A. opere di vario interesse, dal Discorso sulla grandezza di D .di Enrico Pappacena (Lanciano 1921) a Episodi scelti della D. C. di Celestino Pulcini (ibid. 1921), da Tre conferenze di Serafino Brigiotti (Teramo 1921) alla lettura di If VI di Giovanni De Caesaris (Penne 1923), a Il Montefeltro e i suoi tiranni di Luigi Dominici (Lanciano 1926). Da ricordare inoltre i contributi, in realtà di modesto valore, di Massimo Tartagliozzi (Visione italica: D. e Roma, Teramo 1926), di Giovanni Ettorre (S. Francesco nel poema di D., L'Aquila 1926), di Giacomo Franchi (D. e l'Italia fascista, Teramo 1927), di Giuseppe Rega, Emireno Marinelli, Enzo Marcellusi, Giuseppe Severino. In un tempo più prossimo a noi sono da ricordare Antonio Angelini (che nell'opuscolo D. e l'Aquila, L'Aquila 1959, tratta di un presunto soggiorno di D. nella città federiciana), Giuseppe Giacalone (autore di Tempo ed eternità nella D.C., Pescara 1965), Giovanni Pischedda (autore di varie opere dantesche, tra le quali: Tecnica e poesia nella D.C., L'Aquila 1953; Tematica dantesca, Roma 1955; L'orrido e l'ineffabile nella tematica dantesca, L'Aquila 1958; L'elegia nella tematica dantesca, ibid. 1966; D. e la tematica medioevale, ibid. 1967). Autore di pregevoli contributi è il teramano Camillo Guerrieri Crocetti, che sul " Giornale dantesco " pubblicò indagini sulla questione di Lisetta, su sonetti danteschi, sugli ultimi anni del poeta. Va infine segnalata l'attività di Pietro Conte e, di Ercole Di Marco. Su un piano di amplissime esperienze classiche è la ben nota attività, nel campo dantesco, di Ettore Paratore.

Possono poi interessare gli echi danteschi che è dato cogliere nei versi di poeti abruzzesi, dal Septenario di frate Giacomo da Bagno (1472; dello stesso sono anche il Tractato de la Immacolata et preclarissima conceptione e il Tractato de tucte censure et pene che pone sancta Madre Ecclesia) alle reminiscenze dantesche di Serafino Ciminelli dall'Aquila. In tempi più recenti è da ricordare un canto in terza rima di Angelo Maria Ricci (D.A. Visione, 1811), accanto ai fitti echi danteschi del Rossetti, di Giannina Milli, di Michele Bonanni, di Camillo Nolli. Artisti abruzzesi si ispirarono a D.: l'incisore Giovanni Antonio Santarelli, il pittore Nicola De Laurentiis, il pittore Achille de Caesaris.

Bibl. - A. Faiani, Verde e Ceprano nella Commedia di D., in " Bull. R. Deputaz. abruzzese di Storia Patria " I (1889) 25; E. Casti, L'Aquila degli Abruzzi ed il pontificato di Celestino V, nel volume miscellaneo Celestino V e il VI centenario della sua incoronazione, L'Aquila 1894; G. Rivera, D. e la sua Commedia nelle relazioni con gli Abruzzi, in " Bull. R. Deputaz. abruzzese di Storia Patria " s. III, a. XI-XII-XIII (1920-1922) 203-232; L. Rivera, Cenni intorno a D. e le sue opere tratti dalla storia, dall'arte e dalla letteratura d'A., ibid. 459-471.

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