accanimento terapeutico
L’ostinazione nell’impartire trattamenti sanitari che risultano sproporzionati in relazione all’obiettivo terapeutico. La locuzione è utilizzata quasi esclusivamente in Italia, mentre negli altri paesi si usa il termine di terapie futili o inutili.
L’obiettivo terapeutico non può mai essere una decisione univoca del medico ma deve sempre essere concordato con la persona malata. Nella scelta delle terapie possono esservi elementi di complessità tecnica tali da determinare, in concreto, una diversità di approccio tra il medico, che ha la conoscenza scientifica, e il paziente, che spesso ne è privo. Il medico ha il dovere di valutare le caratteristiche della malattia, considerare quali strumenti e terapie siano a disposizione e, su tale base, indicare se eventualmente un trattamento sanitario sia sproporzionato, non idoneo o inutile rispetto a un risultato atteso. L’opinione del paziente di fronte alle cure può prescindere dalla loro reale efficacia e può essere legata a convinzioni personali che possono fargli ritenere un intervento medico anche ordinario, come la chemioterapia o l’emodialisi, sproporzionato per il proprio progetto di vita. Quindi l’a. t. non può essere valutato solo con parametri tecnici e oggettivi ma deve tenere conto della visione della vita del singolo individuo. Per questo esso si associa con il cosiddetto consenso informato. Caso per caso il medico stabilisce insieme al paziente se un intervento sia accettabile oppure se una terapia sia futile o inutile rispetto all’efficacia e agli obiettivi che ritiene di poter prevedere.