Acceleratore di particelle
Il panorama che copre l’arco temporale 2000-14 è stato dominato dalla costruzione e dall’entrata in funzione, al CERN, del più grande acceleratore per protoni e ioni pesanti esistente al mondo, chiamato LHC (Large Hadron Collider). La struttura di LHC è unica al mondo, con 27 km di circonferenza sotterranea formata da circa 1500 magneti superconduttori con una temperatura interna ai magneti di 1,9 K e un campo magnetico di più di 8 T. La macchina iniziò a essere operativa nel settembre 2008. Dopo alcuni giorni, a causa del malfunzionamento di una connessione elettrica tra due magneti superconduttori, si verificò una repentina e violenta fuoriuscita di tonnellate di elio dal sistema di raffreddamento criogenico, per cui si dovette attendere la nuova accensione della macchina nel novembre 2009 per iniziare il programma di fisica.
Nel luglio 2012 i due più grandi rivelatori di LHC – ATLAS (A Thoroidal LHC Apparatus) e CMS (Compact Muon Solenoid) – hanno congiuntamente annunciato la scoperta del bosone di Higgs (v. particelle elementari), scoperta che ha confermato la validità dell’impostazione teorica del modello standard delle particelle elementari e ha consentito nel 2013 ai fisici Peter Higgs e Francois Englert che avevano formulato la teoria che prevede la particella di ottenere il premio Nobel per la fisica. Dal 2013 LHC ha interrotto il funzionamento per consentire le necessarie migliorie sia alla macchina sia ai grandi apparati di rilevazione. Nei primi mesi del 2015 è prevista l’entrata in funzione della macchina con energia di 13 TeV e intensità potenziata. LHC rimarrà in funzione fino al 2030 consentendo di raggiungere statistiche con più di dieci volte la quantità di dati prevista dal progetto iniziale.
Le prospettive attuali sul futuro dei grandi acceleratori sono incerte, a causa delle enormi dimensioni che questi dovranno avere, che comportano altissimi costi costruttivi e di funzionamento, e anche per motivi di opportunità scientifica. Le dimensioni in gioco (fig. 1) sono tali che le decisioni connesse alla scelta della tipologia di acceleratore da sviluppare sono delegate a comitati scientifici di esperti di tutto il mondo. Oltre all’Europa e all’America anche il Giappone e la Cina sono interessati a questi progetti. Tra le strutture in discussione ci sono: un progetto di collisore di altissima energia, FCC (Future Circular Collider), con struttura circolare; un collisore lineare di alta energia, CLIC (Compact Linear Collider), che impiegherebbe una tecnica accelerante innovativa; un acceleratore lineare basato su una tecnologia accelerante più convenzionale, ILC (International Linear Collider). CLIC dovrebbe accelerare fasci di elettroni e positroni fino a raggiungere l’energia di 3 TeV utilizzando un concetto di accelerazione in fase avanzata di studio (fig. 2), che si basa sull’accelerazione del fascio principale mediante l’energia acquisita da un fascio pilota che si propaga parallelamente al principale.
La ricerca scientifica e tecnologica attuale è concentrata sulla messa a punto di sistemi acceleranti che si sviluppino su dimensioni ridotte in grado di produrre fasci di particelle di alta energia, alta intensità, buona collimazione in impulso e spaziale. La sfida è quindi quella di progettare macchine acceleranti il più possibile compatte riducendo quindi i costi di costruzione e di esercizio. La metodologia più promettente è quella basata sull’accelerazione laser-plasma LWFA (Laser Wakefield Acceleration). I fondamenti teorici di questa tecnica sono stati dettati nel 1979 da Toshiki Tajima e John M. Dawson, i quali suggerirono che l’onda di plasma generata da un singolo impulso laser di alta intensità che si propaga in un gas ionizzato può essere usata per accelerare particelle cariche.
I progressi della tecnologia laser hanno permesso, nel 2004, ai tre laboratori Imperial college (Regno Unito), Lawrence Berkeley national laboratory (Stati Uniti) e Laboratoire d’optique appliquée (Francia) di dimostrare sperimentalmente la possibilità di accelerare fasci di elettroni tramite un singolo potente impulso laser (con circa 1 J di energia, 40 fs di lunghezza temporale e circa 30 TW di potenza di picco).
In questi esperimenti si esplora il regime detto a bolla che si produce nel plasma, in cui il laser viene focalizzato in un volume sferico di raggio uguale o minore della lunghezza d’onda di plasma (fig. 3). La forza ponderomotrice del laser, proporzionale al gradiente dell’intensità laser, crea l’onda di plasma espellendo gli elettroni dalla regione assiale e realizzando di conseguenza un volume (bolla) carico positivamente e circondato da una regione densa di elettroni. La bolla che si forma nel plasma può essere vista come la cavità accelerante di un sistema convenzionale, in cui però s’instaura un campo accelerante altissimo. Sotto ben determinate condizioni, la struttura posteriore della bolla si rompe e alcuni elettroni del plasma sono intrappolati e accelerati dal campo elettrico che si è generato. Fino a oggi sono state raggiunte energie dell’ordine di 200 MeV con una dispersione di energia del 2-10%. La tecnologia LWFA porta con sé alcune difficoltà connesse principalmente al controllo della rottura della bolla, per cui è difficile controllare e stabilizzare la qualità dei fasci di elettroni ottenuti.
Allo scopo di controllare quanto più possibile il meccanismo di autoiniezione, molti esperimenti esplorano strutture acceleranti alternative sempre basate sull’interazione laser-plasma. Nel 2006 un esperimento condotto presso il Laboratoire d’optique appliquée ha mostrato la possibilità di accelerare e controllare l’iniezione degli elettroni tramite l’utilizzo di due laser contropropaganti. Gli elettroni subiscono una forza ponderomotrice proporzionale al gradiente dell’intensità risultante dal processo d’interferenza tra i campi laser. In tal modo alcuni elettroni del plasma possono essere preaccelerati acquisendo un’energia tale da poter essere poi intrappolati nell’onda di plasma dell’impulso più intenso.
Molti esperimenti sono dedicati al miglioramento delle qualità del pacchetto di elettroni accelerato dall’onda di plasma. Queste nuove tecniche di accelerazione sono in via di sviluppo anche in Italia, presso i Laboratori nazionali di Frascati (LNF) dell’INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare), nell’area sperimentale dedicata SPARC_LAB (Sources for Plasma Accelerators and Radiation Comptonwith Lasers And Beams). L’infrastruttura consente l’utilizzo di pacchetti di elettroni molto collimati generati dal fotoiniettore di SPARC e di un laser FLAME di alta potenza di picco (circa 200 TW). L’opportunità di poter far interagire questi due elementi è fondamentale per studiare l’accelerazione del pacchetto di elettroni proveniente dal fotoiniettore tramite le tecniche basate sull’onda di plasma. In tal modo, essendo il pacchetto di elettroni di elevata qualità e il processo di iniezione completamente controllato, si pensa di poter preservare, durante l’accelerazione, le caratteristiche di qualità del pacchetto di elettroni.
L’onda di plasma può essere eccitata anche in altri modi, per es. mediante uno o più pacchetti di elettroni che precedono il pacchetto di elettroni da accelerare. Entrambe le due tipologie di eccitazione del plasma sono in via di studio presso i laboratori LNF-INFN, rispettivamente negli esperimenti External injection (EXIN) e Comb.
Nel 2014 presso la struttura FACET (Facility for Advanced Accelerator Experimental Tests) del laboratorio SLAC (Stanford Linear Accelerator Center), negli Stati Uniti, è stato realizzato il primo esperimento in cui un pacchetto di elettroni pilota crea l’onda di plasma che, a sua volta, accelera efficientemente un secondo pacchetto. Questo esperimento ha raggiunto risultati record dimostrando la possibilità di ottenere un’efficienza di trasferimento di energia tra i due pacchetti di elettroni del 30%, con un guadagno di energia di circa 1,6 GeV su 36 cm di lunghezza di plasma (un gradiente di energia di circa 4,4 GeV/m), e una dispersione media di energia del 2%.
Presso il Lawrence Berkeley national laboratory si studia la possibilità di utilizzare una successione di stadi di accelerazione basati su una combinazione di queste nuove tecniche laser-plasma per accelerare, fino a energie di 10 GeV, un pacchetto di elettroni su una distanza dell’ordine del metro. In tal modo si potrebbe costruire un collisore lineare elettroni-positroni con energia di 1 TeV (per fascio) costituito da soli 100 moduli di accelerazione al plasma, riducendo quindi drasticamente la dimensione complessiva della macchina rispetto ai progetti basati su una tecnologia standard, come ILC.
Al CERN, è in via di sviluppo il progetto Proton driv en plasma wakefield acceleration experiment (AWAKE), che prevede lo studio dell’interazione dei pacchetti di protoni provenienti dall’acceleratore SPS con un canale di plasma di lunghezza di circa 10 metri.
Applicazioni mediche. In quest’ultimo decennio si è verificata una rapida espansione della terapia dei tumori basata sul bombardamento di particelle cariche, detta CPT (Charged Particle Terapy), sulla parte del corpo malata. Il grande interesse suscitato da questa metodica ha prodotto una forte spinta per lo sviluppo di sorgenti di protoni e ioni (per es., ioni carbonio) che possano ridurre drasticamente i costi e le dimensioni, quantomeno preservandone o addirittura migliorandone le caratteristiche.
La differenza sostanziale tra la cura di tumori tramite raggi X o gamma e la CPT risiede nel fatto che, nel primo caso, la dose rilasciata decresce esponenzialmente con l’aumentare dello spessore di tessuto sul quale viene applicata, in quanto questi raggi sono assorbiti dal corpo e quindi anche dalle parti sane. Al contrario, con le particelle cariche è possibile rilasciare quasi tutta la dose nel punto d’interesse, senza influenzare significativamente i tessuti circostanti, poiché esse depositano la gran parte della loro energia poco prima di fermarsi (picco di Bragg), rilasciando quindi una dose piccola e trascurabile nel resto del corpo.
Il numero di strutture attrezzate per la terapia di tumori con particelle cariche è in rapido aumento in tutto il mondo. La concentrazione più elevata di centri CPT basati su protoni o ioni è localizzata negli Stati Uniti e in Giappone. In Europa meritano menzione il centro HIT (Heidelberg Ion Therapy) in Germania e CNAO (Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica) in Italia.
Una delle principali sfide dal punto di vista della ricerca e dello sviluppo di tecnologia (hardware e software) per migliorare e poter aumentare l’effetto della CPT su una più vasta varietà di tumori è il controllo veloce del movimento relativo della regione di corpo d’interesse rispetto al fascio di particelle e la possibilità di avere un sistema flessibile di rilascio del fascio di particelle in modo da poter attaccare la regione malata da più direzioni.
Applicazioni multidisciplinari. Le attuali prospettive riguardo allo sviluppo di grandi strutture strategiche per la ricerca scientifica sono state individuate, anche a livello europeo, nello sviluppo di grandi infrastrutture di ricerca multidisciplinare in cui sono disponibili, a seconda dei casi, acceleratori di particelle, laser di altissima energia e impulsi temporali ultracorti, o una combinazione dei due. Il progetto europeo ELI (Extreme Light Infrastructure) che è inquadrato in un consorzio ERIC (European Research Infrastructure Consortium), prevede la realizzazione di quattro diverse grandi infrastrutture situate nella Repubblica Ceca, in Ungheria, in Romania e in un Paese ancora da decidere. In particolare, il sito in Romania è dedicato allo studio di fenomeni nucleari nonché astrofisici e a studi di elettrodinamica quantistica. Un acceleratore lineare, il cui sviluppo è affidato in gran parte all’Italia, sarà utilizzato per produrre fasci gamma intensi mediante l’interazione di pacchetti di elettroni e fasci laser dell’ordine di una decina di PW (1015 watt), tramite il processo di diffusione Compton inverso.
Nell’ambito delle macchine pilotate da acceleratori ADS (Accelerator-Driven System) è di rilevante importanza il progetto Myrrha, che si sviluppa in Belgio mediante una collaborazione europea. Il sistema prevede la produzione di un fascio di protoni di 600 GeV di energia, con una corrente di 4 mA per pilotare un reattore nucleare a fissione. Il reattore potrà funzionare in modalità sia critica sia subcritica e la generazione di neutroni che alimentano il nocciolo del reattore avverrà tramite il processo di spallazione, ossia la conversione del fascio di protoni in neutroni durante il processo di interazione tra i protoni e un materiale pesante contenuto nel reattore. I neutroni veloci generati possono essere usati per una serie di applicazioni: per la trasmutazione di materiale con lungo tempo di decadimento radioattivo, per lo studio e lo sviluppo della tecnologia relativa alla fusione e alla realizzazione di un reattore veloce, per la generazione di energia sostenibile, per la produzione di radioisotopi utili nel campo della medicina nucleare.
C. Joshi, Plasma accelerators, «Scientific Amer ican», 2006, 294, pp. 40-47; D. Schardt, T. Elsässer, D. Schulz-Ertner, Heavy-ion tumor therapy: physical and radiobiological benefits, «Reviews of modern physics», 2010, 82, pp. 383425; M. Aicheler, P. Burrows, M. Draper et al., A multi-TeV linear collider based on CLIC technology: CLIC conceptual design report, Geneva 2012.
AWAKE collaboration, AWAKE design report A proton-driven plasma wakefield acceleration experiment at CERN, 2013, https://cds.cern.ch/record/1537318/files/SPSCTDR-003.pdf (14 genn. 2015); H. Aït Abderrahim, MYRRHA multipurpose hybrid research reactor for high-tech applications, 2014, http://www.seii.org/seii/documents_seii/archives/2014-0228_expose.pdf (14 genn. 2015).