ACCIAIO (I, p. 215; App. I, p. 6)
Gas e scorie inclusi negli acciai (I, p. 224; App. I, p. 6). - Le inclusioni di idrogeno nell'acciaio possono dare origine ad alcuni gravi difetti; ad esso si attribuiscono infatti i fenomeni di fragilità e di rotture intercristalline che si riscontrano nelle caldaie a causa dell'azione chimica diretta fra lamiera ed acqua di alimentazione; fenomeni, questi, che possono portare, alcune volte, fino anche all'esplosione delle caldaie stesse.
Certamente alla presenza di idrogeno è dovuto il ben noto difetto dei fiocchi (fig. 1) particolare degli acciai speciali, che si è presentato spesso con forte intensità e a carattere epidemico soprattutto negli acciai al nichel ed al cromo nichel, come è dimostrato dagli studî di Bennek, H. Schenk e H. Müller e da quelli di I. Musatti e Reggiori. Un altro difetto che ha stretta relazione con i fiocchi è quello delle cricche fra i bordi dei cristalli primarî dei lingotti; all'azione dell'idrogeno è anche dovuta la fragilità a caldo (1100-1200 °C) che causa le crepe 1iei lingotti e nelle billette.
Con l'aiuto di particolari reattivi e con l'adattamento della luce polarizzata all'esame microscopico è stato possibile far progredire notevolmente lo studio delle inclusioni non metalliche negli acciai; esse si presentano con forme ed aspetti diversissimi, ma spesso caratteristici per ciascun tipo di inclusione; ricordiamo brevemente che esse possono essere costituite da solfuri di ferro, solfuri di manganese e cristalli misti di solfuri di ferro e di manganese; da ossidi a carattere basico, come ossidulo di ferro, ossido di manganese; ossidi a carattere acido, come silice ed allumina; ossidi a carattere anfotero come gli ossidi di cromo e gli ossidi complessi di ferro e cromo; da silicati di ferro, di manganese, e complessi; da sali complessi; ed infine in presenza di elementi speciali dagli stessi sali ed ossidi di questi elementi, e da composti particolari come i cianonitruri di titanio e gli azoturi di titanio, vanadio, ecc.
L'influenza delle inclusioni non metalliche sulle caratteristiche meccaniche degli acciai è molto importante ed è legata non tanto alla loro quantità, quanto alla loro forma e distribuzione; è per questo che lo studio di esse è importantissimo agli effetti del miglioramento delle caratteristiche degli acciai.
Ricristallizzazione, dimensioni dei grani e fenomeni di invecchiamento negli acciai (I, p. 237). - Il fenomeno della ricristallizzazione, cioè della formazione di una struttura a grani ferritici molto grossi, dotata di caratteristiche meccaniche, soprattutto di resilienza, molto basse negli acciai soggetti a deformazione meccanica a freddo e successivamente riscaldati ad una temperatura inferiore al punto di trasformazione Ac3, è caratteristico degli acciai dolci, ed è tanto più accentuato quanto più l'acciaio è puro. In detto fenomeno si riscontra un grado di deformazione critica che si abbassa quanto più diminuisce il tenore in carbonio, variando dal 10% per gli acciai omogenei al 6% per il Ferrital (A. Regè e V. Riva), al 5% per il ferro elettrolitico (H. Hanemann), ed una temperatura critica la quale varia dai 750° agli 850 °C. La fig. 2 rappresenta alcuni diagrammi di ricristallizzazione di un acciaio dolcissimo (Ferrital), la fig. 3 può dare un'idea delle dimensioni del grano ferritico di un acciaio dolcissimo in condizioni normali e dopo ricristallizzazione.
Questo fenomeno appare limitato negli acciai dolci disossidati e calmati con alluminio (acciai da bossoli e simili), i quali presentano dimensioni (Regè e Riva).
La grandezza dei grani degli acciai ha una influenza determinante sulle loro proprietà meccaniche. Gli studî principali sulle dimensioni dei grani sono dovuti a Mc Quaid ed Ehn i quali hanno dimostrato che la dimensione del grano d'austenite di un acciaio è una caratteristica specifica da cui dipendono le sue qualità e che su tale dimensione influiscono le condizioni di disossidazione della colata, e soprattutto l'impiego dell'alluminio come materiale disossidante.
La grossezza dei grani oltre Ac3 è stata misurata con la prova di cementazione da Mc Quaid ed-Ehn e in base ad essa l'American Society for Testing Materials ha stabilito una grossezza non ha grande importanza per gli acciai da bonifica, per i quali i moderni sistemi di trattamento termico riescono a rigenerare e trasformare completamente le strutture secondo quanto si desidera ottenere, ma ne ha invece una assai grande per i seguenti tipi di acciai: a) acciai extradolci normalizzati non invecchiabili (lamiere per caldaie, acciai da bossoli, ecc.), nei quali il grano e la capacità di resistere all'invecchiamento sono strettamente legati al grano dell'austenite oltre Ac3; b) acciai da cementazione, in cui per la lunga permanenza a temperature superiori ad Ac3 può avere un'influenza decisiva la grossezza dei grani d'austenite e la loro velocità di crescita; c) acciai da utensili, nei quali la grossezza dei grani ha grande influenza sia per la struttura sia per la penetrazione di tempra. I metodi atti a mettere in evidenza il grano austenitico sono rappresentati schematicamente nella fig. 4.
La riduzione del grano austenitico per ottenere acciai a grana fine è ora raggiunta durante la fabbricazione dell'acciaio, mediante piccole aggiunte controllate di alluminio o di vanadio. L'azione affinante di questi due elementi sembra dovuta ai germi di carburo di vanadio e di carburi insolubili i quali agirebbero da germi di cristallizzazione. Si ritiene però che una certa azione sia dovuta anche all'alluminio metallico trattenuto nell'acciaio. La quantità di alluminio necessaria ad assicurare una grana fine è di almeno 300 grammi per tonnellata d'acciaio. Con queste aggiunte si fabbricano attualmente gli acciai a grano controllato (fine) e gli acciai non invecchiabili.
Si è ormai stabilita la stretta correlazione fra dimensioni del grano e resistenza all'invecchiamento e si è spiegata la natura del fenomeno dell'invecchiamento, che sarebbe dovuto alla precipitazione di alcuni costituenti quali il carbonio, l'azoto e l'ossigeno, ai margini dei cristalli. La disossidazione con alluminio eseguita con particolari modalità dà luogo ad acciai a grano fine e che non sono invecchiabili.
Acciai per utensili (I, p. 255; App. I, p. 7). - La guerra, con la necessità di produzioni di massa a ritmo serrato, ha richiesto l'impiego su vasta scala di utensili per altissime velocità ed ha quindi posto il problema della migliore utilizzazione possibile del tungsteno, che era assai scarso soprattutto in Italia ed in Germania. Da un lato ha avuto grande impulso l'impiego di utensili da carburi agglomerati (Widia e prodotti analoghi), che fra l'altro consentivano l'impiego solo di modeste quantità di materiale duro grazie all'uso di taglienti riportati su un supporto di acciaio comune, dall'altro lo sviluppo di nuovi tipi di acciai rapidi a tenore ridotto di tungsteno.
A parte l'impiego di superrapidi al cobalto, prima delle restrizioni l'acciaio più impiegato in Europa era il tipo al W-Cr-V 18-4-1, mentre il tipo ad alto tenore di molibdeno (8% Mo - 2,4% W) era diffuso soprattutto in America. Da tecnici tedeschi viene documentato che il tenore di tungsteno può essere ridottu sostanzialmente al 9-10% ed al 6-7% portando il vanadio al 2%, senza che ne soffra la velocità di taglio. Tali acciai autarchici sono di trattamento più difficile del tipo normale, poiché hanno un intervallo di tempra più ristretto e, superando di poco la temperatura optimum di tempra, vanno soggetti a rovinoso surriscaldamento. Ciononostante, con un opportuno controllo del trattamento, essi poterono essere vantaggiosamente impiegati (durante la guerra su vasta scala. Mentre il tipo 18-4-i soddisfa costantemente in condizioni di lavoro assai disparate, nel caso degli acciai autarchici si dovettero mettere a punto composizioni differenti a seconda che si trattasse di lavori di sgrossatura o di finitura, di lavori che esigessero requisiti particolari di tenacità, come nel caso di utensili sottoposti ad urti durante il taglio, di lavorazione di acciai a basso o ad elevato carico di rottura. Perciò, entro il campo di composizione 8-12% W t. 1,5-4% V, il tenore di lega venne dosato secondo la severità dell'impiego.
Un tipo diffuso in Germania fu il cosiddetto Dreierstahl (acciaio triplo), contenente oltre al solito 4% Cr della maggior parte degli acciai rapidi, 2,5% W, 2,5% Mo e 3% V. Con un tenore medio di carbonio del 0,95%, per la sgrossatura, esso serve solo alla lavorazione di acciai con carico di rottura inferiore a 100 kg-cm2 mentre, soprattutto con tenore di carbonio maggiorato fino all'1,3%, è assai atto a lavori di finitura. Quando il tagliente esige forte tenacità, la sua tempra richiede temperatura un po' più bassa (1200° invece di 1230°), o può essere rinvenuto più a lungo.
In Italia lo sviluppo degli acciai rapidi avvenne su linee parallele tabella1, fra cui l'UX 90 W8 venne destinato agli usi generali, l'UX 80 W14 ai lavori pesanti su acciai ad alta resistenza e l'UX 130 W 11 agli utensiliprofilatori a taglienti rettificati.
Per i lavori di finitura ebbe forte diffusione nel corso della guerra la nitrurazione degli utensili in bagno di sale e per questo scopo vennero usati in Germania anche rapidi con 1% di alluminio.
Acciai da costruzione (App. I, p. 8). -Negli acciai da trattamento i consumatori hanno sempre lamentato l'inconveniente della forte oscillazione delle proprietà da colata a colata di una stessa marca, solo in parte attribuibile alle variazioni di composizione entro i limiti consentiti. Oltre a questa gioca, infatti, anche l'individualità della colata - determinata dalla condotta della fusione e dai procedimenti di disossidazione e di colata - determinata dalla grossezza del grano, dalla natura e dalla distribuzione delle inclusioni microscopiche e submicroscopiche, ecc. Era sempre stato difficile definire quantitativamente tale individualità, poiché sul risultato del trattamento termico influisce anche l'effetto di massa attraverso il gioco delle differenti velocità di raffreddamento, sia in punti corrispondenti di barre di diametro differenti, sia lungo la stessa barra.
La difficoltà di definire la temprabilità di una singola colata raccogliendo a comune denominatore i varî fattori che su essa giocano, venne superata con la prova proposta da W. E. Jominy nel 1938 per gli acciai da cementazione e nel 1939 per quelli da bonifica e successivamente unificata a cura della Society of Automotive Engineers (SAE). Una provetta cilindrica del diametro di 25 ,4 mm. viene temprata mediante un getto d'acqua indirizzato su una testa, sicché lungo la generatrice si ha una velocità di raffreddamento gradualmente decrescente. Misurata la durezza lungo due generatrici opposte, la temprabilità risulta definita dalla distanza in cui si raggiunge una durezza prefissata, o dalla durezza che si raggiunge ad una distanza prefissata. In via di prima approssimazione è possibile, con un confronto delle velocità di raffreddamento, determinare la durezza raggiunta nella tempra non solo da barre di diametro differente, ma anche nei varî punti della sezione di pezzi di qualsiasi forma. La precisione di tali estrapolazioni non può superare un certo limite, poiché subentra un fattore di cui la prova non può tener conto e che si sovrappone alla velocità di raffreddamento: la variazione delle caratteristiche del materiale andando dalla periferia al centro di grosse sezioni. Infatti, prelevando diverse provette Jominy lungo il raggio di grosse barre si ottengono temprabilità leggermente differenti.
Il Grossmann ha tentato di stabilire dei fattori mediante i quali la temprabilità potesse essere calcolata in base alla composizione chimica. Tali fattori valgono, con precisione relativa, solo entro gli intervalli di composizione studiati, ciononostante hanno una certa utilità per lo studio delle composizioni degli acciai da costruzione.
Il capitolo dello studio della temprabilità è tutt'altro che chiuso e date le ricerche che sull'argomento si conducono da varie parti, è verosimile che in un prossimo avvenire molte delle questioni tuttora dubbie vengano chiarite.
Pur con le accennate limitazioni all'impiego dei dati di temprabilità per scopi che superino la pura e semplice applicazione della prova di Jominy come saggio standard, l'importanza di questo strumento messo a disposizione della ricerca all'aprirsi delle ostilità, è stata enorme in America: esso ha accompagnato in questo paese tutta l'evoluzione degli acciai nel corso della guerra e, nel 1944, ha portato alla definizione degli acciai classificati in base alla temprabilità, detti H (dall'inglese hardenability).
Tale classificazione non implica l'abolizione di quella secondo la composizione chimica, né la perfetta intercambiabilità fra acciaî di pari temprabilità e composizione differente, i quali invece possono anche avere proprietà diverse. Caratteristica degli acciai H è di dare al consumatore la garanzia di un più ristretto campo di variabilità delle proprietà dei tipi unificati, pur con intervalli di composizione più ampi. A questo risultato, apparentemente contradittorio, si è giunti attraverso la garanzia, fornita dalla prova di Jominy, di un bilancio fra gli elementi alliganti - quelli in eccesso sulla media compensando quelli in difetto - tale da assicurare l'ottenimento delle proprietà volute. Per esempio, per un acciaio SAE sono forniti nella seguente tabella i vecchi ed i nuovi limiti di analisi.
Con i vecchi limiti poteva avvenire che, una volta fusa una colata al limite massimo di nichel e molibdeno (0,70 e 0,25% rispettivamente) si era obbligati ad aggiungere tanto manganese e cromo da toccare limiti almeno del 0,70 e 0,40% rispettivamente, ottenendo così una temprabilità eccessiva. L'abbassamento del limite inferiore consente invece di ottenere una temprabilità più bassa, corrispondente al prescritto. Lo stesso vale per il caso inverso di due elementi al limite inferiore e temprabilità deficiente.
Per numerosi acciai sono stati studiati i nuovi limiti di analisi H e fissate, in funzione della distanza dalla testa della provetta, le due curve della durezza massima e minima, le quali definiscono la "banda di temprabilità". Le bande di temprabilità degli acciaî H sono risultate in media del 26% più strette di quelle dei vecchi tipi corrispondenti, in qualche caso fino al 41% garantendo così oscillazioni minori nel risultato del trattamento. Le bande di temprabilità degli acciai 8620 e 8620 H, prima illustrati, sono riportate in fig. 5.
Gli acciai H sono in uso in America, con soddisfazione tanto dei produttori quanto dei consumatori, fin dal 1945. La riduzione della larghezza delle bande di temprabilità ha importanza soprattutto nelle industrie di costruzioni meccaniche che, avendo adottato linee di trattamento termico automatizzate, si trovano più in difficoltà ad intervenire nelle condizioni di trattamento per compensare variazioni individuali nelle proprietà di singole colate. Le produzioni di massa vengono così grandemente facilitate.
Per risparmiare correttivi vennero introdotti in America, nel corso della guerra, nuovi tipi di acciai contrassegnati dalla sigla NE (National Emergency). Un gruppo importante di essi, i triple alloy steels, contengono quantità assai modeste di nichel, cromo e molibdeno, introdotte principalmente attraverso il ricupero dei correttivi contenuti nel rottame selezionato e con aggiunte di quantità minime di ferroleghe. Vennero introdotte sei serie di acciai e in ciascuna di esse sono costanti le quantità di nichel, cromo e molibdeno, mentre i singoli tipi di ciascuna serie differiscono per il tenore di carbonio: per ogni tipo è consentito un intervallo di variazione del 0,05% di C, mentre ogni tipo differisce dal successivo per un 0,05% nel tenore medio di C. Le composizioni caratteristiche sono riportate in tabella 3.
Oltre questi acciai ternarî ne vennero introdotti altri al manganese, al silicio-manganese, al cromo, che però in seguito persero la qualifica NE e vennero introdotti nella serie normale.
Come si vede la gamma degli acciai usati durante la guerra in America è molto vasta. In Italia e in Germania ci si è concentrati invece su di un numero di acciai molto più limitato e le economie maggiori sono state realizzate nel nichel e nel molibdeno: per l'impiego di acciai contenenti questi elementi occorreva una speciale autorizzazione. Grande impulso hanno avuto invece gli acciai contenenti cromo e manganese, elementi di cui in Europa vi era una relativa disponibilità. In qualche caso il molibdeno venne sostituito con il vanadio.
In tabella 4 sono riportate le composizioni caratteristiche e le proprietà meccaniche, dopo trattamento termico normale, di alcuni fra gli acciai da bonifica e da costruzione che hanno trovato più vasto impiego in Italia nel periodo bellico.
Nel campo degli acciai da bonifica di media resistenza, discreto impiego hanno avuto gli acciai al manganese ed al manganese silicio, fra i quali il 35 MS 5. Diffusione ancor maggiore hanno avuto, nello stesso campo, gli acciai al cromo ed al cromo-manganese, come il 40 C 4 ed il 35 CM 4 (v. tab. 4), con un carico di rottura di 80-95 kg/mm2 e discrete caratteristiche di tenacità.
Per resistenze superiori si sono adoperati gli acciai 30 C 10 al cromo e 40 CZV 10 al cromo-silicio-vanadio. Gli acciai più alligati contenenti nichel e molibdeno vennero riservati ai casi eccezionali in cui occorressero resistenze assai elevate o forti penetrazioni di tempra.
Quale acciaio di media resistenza saldabile è stato assai usato, soprattutto per le costruzioni aeronautiche, il 25 MC 6.
Nel campo degli acciai da cementazione le esigenze normali sono state soddisfatte dagli acciai al cromo-manganese, come i tipi 16 MC 5 e 20 CM 5, mentre per gli impieghi che richiedevano una maggiore tenacità del cuore e migliori proprietà dello strato cementato si sono usati gli acciai con circa 1% di nichel, come il 14 CN 5 e il 19 CN 5.
Oltre ai tipi da trattamento grande importanza hanno assunto nell'ultimo decennio gli acciai a basso tenore di lega ed elevato limite di snervamento, saldabili, da impiegare greggi di laminazione, o tutt'al più normalizzati. Oltre che per la carpenteria fissa hanno avuto forte impiego nei trasporti: nei confronti degli acciai al carbonio la loro migliore resistenza alla corrosione ed all'abrasione consente di ottenere una maggiore durata, oltre alla riduzione del peso morto dovuta alle migliori proprietà meccaniche. In essi non sono intervenute variazioni sostanziali rispetto ai tipi descritti a pag. 8-9 dell'Appendice I (acciai strutturali).
Acciai resistenti alle alte temperature (App. I, p. 8). - In America molti studî sono stati fatti soprattutto sugli acciai per turbine a gas e per motori a reazione per aeroplani, i quali debbono resistere in servizio a sollecitazioni meccaniche notevoli sotto temperature che in qualche caso arrivano fino a 850°. Partendo dai classici acciai resistenti al calore con 15-25% Cr, 8-25% Ni ed aggiunte di molibdeno e tungsteno dell'ordine del 5%, si sono successivamente aumentate le percentuali di elementi che conferiscono elevata resistenza alle alte temperature, come cobalto, molibdeno, tungsteno, niobio, sino ad arrivare a leghe che non si possono più neanche chiamare acciai, poiché contengono quantità trascurabili di ferro. Di tali leghe sono state usate o proposte tipi numerosissimi, perciò ne citeremo solo alcune a mo' di esempio:
A questi materiali è legata la rivoluzione, tuttora in corso, nel campo della trasformazione dell'energia chimica dei combustibili in energia meccanica.
In Germania non risulta che siano state usate su vasta scala leghe ad alto tenore come il Vitallium e l'Hastelloy, ma ci si è limitati ad acciai con 12-18% Cr, 15-30% Ni ed aggiunte fino al 2% di Ti, W, Mo. Inoltre sono stati impiegati con qualche successo, sia per pale di turbine a gas, sia per valvole di scarico dei motori di aeroplano, acciai a tenori di nichel ridotto al 6% e sostituito da altrettanto manganese, sia infine acciai con 18% Cr, 13% Mn, 1% W privi di nichel. In questi tipi di acciai hanno dato buon risultato aggiunte di azoto dell'ordine di grandezza del 0,2%. Come sostituto del noto acciaio resistente al calore con 25% Cr, 20% Ni, 2% Si, si è usato vantaggiosamente in Germania un tipo con 25% Cr, 12% Ni, 2% Si, 0,25% N2.
Acciai inossidabili (App. I, p. 10). - In questo campo la novità più importante è costituita dal gruppo degli acciai all'azoto, studiati dapprima in Inghilterra, ma poi diffusi soprattutto in Germania, allo scopo di risparmiare nichel. L'azoto entra in soluzione solida e, in percentuali assai basse, allarga fortemente il campo di esistenza dell'austenite e ne aumenta la stabilità al rinvenimento ed all'incrudimento; nel sostituire una parte del nichel contenuto dagli acciai inossidabili bastano percentuali da 10 a 25 volte minori, sicché la quantità di azoto che normalmente si introduceva variava dal 0,15 al 0,25%. Come veicolo serviva la lega ferro-cromo nitrurata.
I Tedeschi hanno usato soprattutto un tipo di acciaio con 18% Cr, 5% Ni e 0,2% N2 ed uno con 20% Cr, 9% Mn e 0,2% N2 che sostituivano il 18/8; un tipo con 18% Cr, 8% Ni e 0,25 N2 contraddistinto da una elevata capacità di deformazione, pari a quella del 12/12 Ni-Cr, cui però era superiore per quanto riguarda la resistenza alla corrosione. Negli acciai austenitici l'azoto eleva da 25 a 40 kg/cm2 il limite di snervamento e conserva il carattere austenitico anche dopo forti incrudimenti, sicché risultano fortemente accresciute le possibilità d'impiego anche dal punto di vista delle proprietà meccaniche. L'azoto è stato introdotto anche negli acciai al cromo martensitici e semiferritici, con lieve miglioramento delle caratteristiche.
Materiali magnetici (App. I, p. 12). - Nel campo dei materiali per magneti permanenti le leghe vasta (v. App. I, p. 11) hanno avuto nel corso della guerra una vasta diffusione, cui ha contribuito la nuova tecnica della metalloceramica che ha consentito di ottenere magneti piccoli e di forma complicata mediante l'agglomerazione delle polveri. Sarà opportuno accennare qui, benché non si tratti di un acciaio, al Vectolite, materiale magnetico formato da polveri di ossido di ferro e di cobalto agglomerate, caratterizzato dal basso peso specifico (3,13) e dalla elevata resistività elettrica (225 Ω cm2/cm).
Altre leghe per magneti permanenti assai interessanti sono quelle duttili, ottenibili sotto forma di filo o piattina, a base di rame (Cunico, Cunife) e d'argento (Silmanal) che verranno illustrate altrove.
Nel campo dei materiali magneticamente dolci va segnalata la sostituzione, già in atto in America, per la costruzione dei trasformatori, dei lamierini al silicio laminati a caldo con nastri laminati a freddo e sottoposti a ricottura di ricristallizzazione. Essi sono caratterizzati da una orientazione preferenziale del reticolo cristallino e da una spiccata anisotropia, con notevole riduzione delle perdite d'isteresi nel senso di laminazione.
Il mercato mondiale dell'acciaio.
Nel decennio che ha preceduto la seconda Guerra mondiale, la produzione siderurgica ha avuto nei diversi paesi andamento alterno, influenzato da fattori contingenti e dai non ancora sopiti effetti della depressione economica del 1930-32. Nel settore della ghisa e delle ferroleghe, come in quello dell'acciaio greggio, il livello raggiunto dalla produzione mondiale nel 1929 è stato superato soltanto nel 1936.
Durante il periodo considerato, pochi paesi hanno sviluppato la produzione siderurgica aumentando la potenzialità delle industrie che operano in questo settore. Il maggiore sforzo organizzativo e produttivo è stato compiuto dall'URSS, dalla Germania e dal Giappone, tre dei principali protagonisti della seconda Guerra mondiale. La produzione annua sovietica, che prima dell'inizio della pianificazione economica oscillava intorno ai 4 milioni di t. di ghisa e ferroleghe e ai 5 milioni di t. di acciaio greggio, è stata sviluppata particolarmente durante il secondo piano quinquennale, superando nel 1938 rispettivamente 14,7 e 18 milioni di t. Sebbene gravi lacune nell'organizzazione delle nuove industrie e della produzione abbiano causato ritardi e irregolarità nell'esecuzione dei piani sovietici per la siderurgia, l'URSS è riuscita a risalire, nello spazio di pochi anni, la graduatoria dei produttori mondiali ascendendo dal quinto al terzo posto, preceduta soltanto dagli S.U. e dalla Germania, paesi che già alla vigilia della prima Guerra mondiale possedevano un'attrezzatura produttiva sviluppata e ben organizzata.
La Germania, indirizzatasi nel 1934 verso l'autarchia economica e il riarmo e tornata in possesso nel 1935 degli impianti della Sarre, non ha avuto difficoltà ad accrescere la capacità della sua industria siderurgica, superando in breve tempo 18 milioni di t. annue di ghisa e ferroleghe e 20 milioni di t. di acciaio. A sua volta, dal 1932 al 1936, il Giappone raddoppiava la propria produzione siderurgica, portandola da 2,5 a 5,2 milioni di t. annue di acciaio.
Dal 1939 al 1942, l'URSS e quasi tutti i paesi europei hanno sviluppato e perfezionato la propria attrezzatura produttiva per fronteggiare la crescente domanda di prodotti siderurgici. Le vicende della guerra hanno però annullato gli sforzi dell'URSS, della Germania, della Francia, dell'Italia e di altri paesi, mentre gli S.U., lontani dai teatri di guerra, mobilitando tutte le proprie risorse, riuscivano a realizzare, nel 1943, una produzione di oltre 80 milioni di t. di acciaio greggio e di 56 milioni di t. di ghisa e ferroleghe.
Nel 1942, la capacità di produzione degli impianti italiani era stata valutata come segue: altiforni a coke e forni elettrici per ghisa, t. 1.850.000; convertitori, forni Martin-Siemens e forni elettrici per acciaio, t. 4.600.000; laminatoi (con un regime di sfruttamento di 4.000 ore annuali), t. 3.800.000. In tale anno l'Italia disponeva di 5 impianti a ciclo integrale, fra i quali i più importanti erano quelli dell'Ilva, di Bagnoli, Piombino e Servola. Un sesto modernissimo e capace impianto era stato pressoché ultimato a Cornigliano dalla SIAC, ma non era ancora entrato in esercizio. Gran parte di questa attrezzatura è stata gravemente danneggiata o posta fuori servizio dal 1943 al 1945.
Nel 1947 la situazione dell'industria siderurgica appare ancora influenzata dagli effetti della seconda Guerra mondiale, sia nei riguardi della capacità dell'attrezzatura produttiva, sia nei confronti della domanda dei varî settori del consumo. Uno sguardo al mercato mondiale consente di rilevare subito la preminenza assoluta, fra i produttori, degli Stati Uniti che da soli hanno realizzato nel 1947 circa il 54% della produzione mondiale di acciaio greggio (valutata intorno a 142 milioni di t.), pari a 76,7 milioni di t. e il 52% della produzione mondiale di ghisa e ferroleghe (valutata intorno a 102 milioni di t.), pari a circa 53 milioni, mentre alla vigilia dell'ultima guerra la loro produzione era di 52,7 milioni di t. di acciaio e 35,6 milioni di t. di ghisa e ferroleghe (cifre pari ai due terzi circa della potenzialità degli impianti).
Durante la guerra l'industria siderurgica degli S. U. si è infatti rapidamente sviluppata, arricchendosi di grandi unità, e il potenziamento in corso degli impianti mira a portare entro il 1949 la loro capacità a oltre 87 milioni di t. per l'acciaio e 61 milioni di t. per la ghisa (è prevista anche l'installazione di nuovi grandi treni di laminazione a caldo, con un incremento della capacità annua di produzione di circa 3 milioni di t.). Ciò è giustificato dal fatto che il fabbisogno interno di prodotti siderurgici è risultato alla fine della guerra superiore a quello prebellico e che l'espansione dei consumi delle industrie trasformatrici, e in particolare di quella meccanica, non ha ancora raggiunto il suo apice. La siderurgia statunitense può quindi fare assegnamento ancora per diversi anni su una congiuntura favorevole, in relazione anche alle maggiori possibilità di lavoro che ad essa schiudono i piani per la ricostruzione europea.
Il passaggio dall'economia di guerra a quella di pace non è avvenuto senza scosse neppure negli S. U. e il settore siderurgico ha dovuto affrontare in breve tempo numerosi problemi. La smobilitazione dei controlli di guerra, con il conseguente aumento dei costi della manodopera, dei trasporti, del carbone e delle materie prime, la deficienza di ghisa e di rottami, la scadente qualità del coke hanno influenzato durante il biennio 1946-47 l'andamento e i prezzi della produzione. Il problema più grave, che attende ancora una soluzione, è quello di un più adeguato rifornimento di rottami. Il consumo di questi ha raggiunto nel 1947 ben 53 milioni di t., con un incremento del 25% rispetto a quello dell'anno precedente e del 5% nei confronti del 1942, anno nel quale se ne era registrato il massimo consumo. Nonostante l'accresciuta disponibilità di tale preziosa materia prima, numerose acciaierie durante il 1947 hanno dovuto impiegare nei forni Martin fino al 70% di ghisa.
Mentre la produzione americana di acciaio nel periodo 1939-47 è aumentata in ragione del 60% e sono entrati in esercizio nuovi grandi stabilimenti, non si è verificato nello stesso periodo un progresso altrettanto notevole nell'occupazione operaia in questo settore. Nel 1940 accudivano alla produzione siderurgica 485 mila lavoratori; nel 1947 il loro numero era salito soltanto a 524 mila. Confrontato con quello delle industrie similari di altri paesi, il carico di manodopera dell'industria siderurgica statunitense - un operaio per 161 t.-anno di acciaio - è di gran lunga il più basso di tutti. In conseguenza dell'alto grado di meccanizzazione e di specializzazione del lavoro realizzato dalla siderurgia americana e dell'elevato rendimento delle sue maestranze - minutamente addestrate - questa industria può quindi praticare una politica di alti salarî senza conseguenze pregiudizievoli per la gestione delle aziende e per il mercato. Nel 1947 è stata raggiunta una intesa fra le industrie siderurgiche e i sindacati operai per la revisione del trattamento salariale e per un nuovo raggruppamento delle classifiche corrispondenti alle diverse categorie di salarî. L'ammontare annuo dei salarî in questo settore è salito in conseguenza a 1.946 milioni di dollari, contro un precedente massimo (1944) di 1.745 milioni.
I prezzi dei prodotti siderurgici sono rimasti bloccati negli S.U. dal 1941 al 1944. Successivamente l'O.P.A. (Office of price admninistration) ha consentito lievi aumenti. Alla fine del 1946, abolito il controllo governativo dei prezzi, le quotazioni sono salite rapidamente, adeguandosi ai crescenti costi di produzione. I prezzi medî dei prodotti semifiniti in acciaio sono passati, da dollari 36 la t. nel dicembre 1942, a dollari 41 e 40 cents nel dicembre 1946 e a dollari 57 e 20 cents nel dicembre 1947. Quelli dei prodotti finiti hamo avuto nello stesso periodo la seguente progressione: dollari 56 e 73 cents, 64 e 75 cents, 76 e 15 cents. I prezzi dei rottami ferrosi, rimasti per diversi anni sulla base di 19 dollari e 17 cents, nel dicembre 1946 erano saliti a 31 dollari e 8 cents, superando la quotazione della ghisa, giunta nel frattempo a 29 dollari e 56 cents. Nel gennaio 1948 la quotazione dell'acciaio in lingotti a Pittsburg era di 46 dollari la tonnellata, la ghisa quotata sullo stesso mercato 40 dollari e 99 cents, le lamiere a caldo 63 dollari e 90 cents, i rottami ferrosi dollari 40 e 50 cents. In relazione allo squilibrio esistente fra domanda e offerta, il Dipartimento del commercio e le altre amministrazioni interessate hanno invitato i produttori a concordare liberamente con le industrie consumatrici un piano di assegnazioni per il 1948.
Nell'America del Nord anche il Canada ha sviluppato la sua produzione siderurgica, che ha raggiunto nel 1947 circa 2,7 milioni di t. di acciaio, con un aumento del 30% circa nei confronti del 1940. Fra i paesi dell'America Latina, l'Argentina e il Brasile tendono a costituire un'attrezzatura produttiva capace di soddisfare interamente il rispettivo crescente fabbisogno di prodotti siderurgici.
In Europa, dopo il crollo dell'industria siderurgica tedesca, la produzione di acciaio del 1947 è rimasta lontana dal livello raggiunto nel 1940. Inghilterra, Francia, Belgio e Polonia hanno tuttavia in corso programmi che prevedono il rinnovamento e il potenziamento della siderurgia.
Il programma inglese tende a concentrare la produzione in poche zone dotate di moderni impianti a ciclo integrale, capaci di realizzare produzioni di massa a bassi costi. Poiché le esportazioni inglesi sono alimentate in notevole misura dall'industria meccanica e questa è la maggiore consumatrice di laminati, è previsto lo sviluppo dell'attrezzatura produttiva in questo settore mediante l'installazione di grandi treni di laminazione continua a caldo, secondo il modello americano. In tal modo la produzione e le esportazioni dell'industria meccanica potranno essere ulteriormente sviluppate senza incidere sullo svolgimento dei programmi di ricostruzione. La spesa preventivata per l'esecuzione di tale programma è di 168 milioni di sterline. Per il 1948 è prevista una produzione di acciaio greggio di 14 milioni di t., con un aumento di un milione di t. rispetto al 1943, anno durante il quale è stata ottenuta la più alta produzione.
I laboristi intendono nazionalizzare anche l'industria siderurgica e un primo passo in questa direzione è stato compiuto recentemente dal governo con la costituzione dell'Ente siderurgico britannico, al quale è stata affidata la pianificazione e il controllo delle industrie del settore. Il programma di occupazione integrale, che è uno degli obiettivi principali della politica economica laburista, ha portato le maestranze dell'industria siderurgica a circa 280.000 unità nel 1947 contro 235.000 nel 1938, ma il rendimento individuale non è migliorato da allora, essendo rimasto sulla modesta media di circa 46 t. annue di acciaio greggio per operaio. L'eliminazione di alcuni impianti, la cui struttura e organizzazione è antieconomica, consentirà certamente all'industria siderurgica inglese di realizzare costi più favorevoli degli attuali. Le quotazioni dei suoi prodotti sono tuttavia ancora fra le più basse del mondo, poiché il governo ha esercitato una costante azione moderatrice dei prezzi. Dall'agosto 1939 alla fine del 1947 il prezzi, dell'acciaio greggio è aumentato soltanto nella misura del 115%. Nel gennaio del 1948 i prodotti siderurgici inglesi avevano le seguenti quotazioni per tonnellata: ghisa, 8.14.6 (8 sterline, 14 scellini e 6 pence); acciaio in billette 13.12.6; lamiere grosse 18.3.0; rottami ferrosi 3.17.2. Il basso prezzo dei rottami, assai inferiore a quello in vigore negli Stati Uniti, spiega in parte le basse quotazioni dei prodotti semifiniti in acciaio. La distribuzione dei prodotti siderurgici avviene in base a un piano di assegnazioni predisposto dalle competenti autorità amministrative.
Nei riguardi della Francia, fra i diversi piani del dopoguerra merita particolare menzione il piano Monnet per la siderurgia già in fase di attuazione, secondo il quale, con una spesa presunta di 70 miliardi di franchi, la produzione di acciaio greggio dovrebbe raggiungere nel 1950 11 milioni di t. e, successivamente, spingersi fino a 15 milioni. Esso si propone di modernizzare l'attuale attrezzatura dell'industria, di concentrare la produzione in pochi impianti a ciclo integrale di adeguate dimensioni e di aumentare la potenzialità di laminazione, mediante l'installazione di grandi treni continui per nastri a caldo, di tipo americano. Per l'approvvigionamento di materie prime, la Francia conta di risolvere i suoi problemi attuali utilizzando integralmente le proprie disponibilità di rottami ferrosi e intensificando l'estrazione dei minerali di ferro. I rifornimenti di carbone dovrebbero essere, invece, assicurati soprattutto attingendo in maggior misura alle risorse della Ruhr. L'unione della Sarre alla Francia ha aumentato le disponibilità carbonifere francesi, ma il carbone della Sarre è poco adatto alla produzione di coke per la siderurgia.
La più elevata produzione di acciaio greggio è stata ottenuta in Francia nel 1927 con 9,7 milioni di t. Nel 1939 furono prodotti 7,4 milioni di t. di ghisa e ferroleghe e 7,8 milioni di t. di acciaio greggio. Nel 1946, dopo un biennio di attività ridottissima, l'industria siderurgica francese ha prodotto 3,4 milioni di t. di ghisa e ferroleghe e 4,4 milioni di t. di acciaio. Durante il 1947 sono stati prodotti circa 6,6 milioni di t. d'acciaio contro i 7 previsti.
Il mercato siderurgico francese ha registrato fino alla fine del 1947 quotazioni ufficiali molto basse, inferiori a quelle degli stessi S. U., grazie soprattutto ai sussidî governativi ai produttori, che hanno permesso di comprimere i prezzi di vendita. Le quotazioni ufficiali stabilite con un decreto del novembre 1947 sono: ghisa frs. 8.210 la t.; semiprodotti frs. 8.570 (Thomas) e 10.020 (Martin); laminati mercantili frs. 11.820 e 13.340. I costi di produzione sono tuttavia molto elevati e il rendimento individuale è sceso al disotto del livello prebellico, che era di 44 t.-anno per operaio. La distribuzione dei prodotti siderurgici avviene mediante assegnazio1ii predisposte dagli organi amministrativi competenti.
Fra i paesi europei che sono stati travolti dalla guerra, il Belgio e il Lussemburgo hanno realizzato nel 1947 una produzione siderurgica molto prossima a quella prebellica, che ha loro consentito di effettuare notevoli esportazioni, mentre la Polonia, nei suoi nuovi confini, sta organizzando un'attrezzatura che ha come obiettivo immediato una produzione di acciaio greggio di 2 milioni di t.
Nella Germania occidentale l'industria siderurgica ha svolto durante il 1946 limitata attività, producendo soltanto 2,8 milioni di t. di acciaio greggio. Gli impianti di questa zona, pur essendo stati notevolmente danneggiati, hanno tuttavia conservato una capacità notevole. Alla fine del 1947 l'attività produttiva era aumentata, raggiungendo un ritmo pari a una produzione annua di 3,6 milioni di t. Il piano di ripresa industriale approvato nell'agosto 1947 dalle autorità anglo-americane prevede, per il periodo aprile 1948-marzo 1949, una produzione di acciaio greggio di 6 milioni di t., da aumentare successivamente fino a raggiungere un massimo annuo di 10,5 milioni di t. Le difficoltà ancora da superare per lo svolgimento del nuovo programma siderurgico sono però tali, da far dubitare della sua regolare esecuzione.
I dati e le notizie riguardanti la situazione e lo sviluppo della produzione siderurgica sovietica sono frammentarî e non sempre concordanti. In Ucraina, la ricostruzione nella regione di Krivoj Rog e nel Bacino del Donec avrebbe consentito non soltanto di riattivare gli impianti distrutti o danneggiati, ma anche di costruirne di nuovi. Tuttavia l'aspetto più interessante del piano quinquennale in corso riguarda le regioni orientali, dove l'industrializzazione procede a ritmo spedito dal 1942. Nel 1950, il 51% della produzione globale di acciaio (circa 13 milioni di t.) e di laminati dovrebbe essere ottenuto al di là degli Urali, dove l'estrazione dei minerali di ferro dai giacimenti di Magnitogorsk e di Kuzneck è stata intensificata. La produzione attuale dell'URSS è valutata intorno a 22 milioni di t. di acciaio greggio ed è interamente assorbita dalle industrie consumatrici, che ne richiederebbero anzi una maggiore.
Secondo dati ufficiali, durante il 1946 sono stati costruiti 7 alti forni, uno dei quali avrebbe una potenzialità annua di 1,5 milioni di t. di ghisa, 7 laminatoi e 7 batterie di forni da coke. Due dei treni laminatoi installati avrebbero una potenzialità annua unitaria di oltre 1,5 milioni di t.
Nel 1940 l'Italia, senza utilizzare pienamente i suoi impianti ha prodotto 1.059.418 t. di ghisa, 2.254.231 t. di acciaio greggio e 1.626.424 t. di laminati. Durante la guerra sono stati distrutti 8 alti forni dell'Ilva (Bagnoli, Piombino e Portoferraio) e sono stati gravemente danneggiati anche gli stabilimenti della Magona e della Terni. Meno gravi sono stati i danni subìti dalla Dalmine alla fine del conflitto. Ai danni derivanti dalle incursioni aeree si sono aggiunti quelli causati dalle spoliazioni effettuate dai Tedeschi, che hanno asportato attrezzature e macchinarî dell'industria siderurgica per oltre 55.000 t., delle quali 42.000 dal solo nuovo stabilimento a ciclo integrale della Società Italiana Acciaierie Cornigliano. Complessivamente, l'importo dei danni sofferti da questi stabilimenti ammonta a oltre 32 miliardi di lire attuali. La guerra, danneggiando gravemente le tre maggiori unità italiane a ciclo integrale, ha ridotto del 60% circa la potenzialità degli alti forni e del 40% la capacità produttiva dei convertitori. Tuttavia, con l'attrezzatura disponibile, l'industria nazionale potrebbe ancora produrre e laminare 2.300.000 t. di acciaio all'anno, attingendo 400 mila t. di ghisa dalla produzione nazionale e importando 1,i milioni di t. fra ghisa e rottami.
Nel 1946 la produzione nazionale ha, invece, raggiunto appena 177 mila t. di ghisa e 1,15 milioni di t. di acciaio greggio. Questa esigua produzione è da attribuire a fattori contingenti, quali la penuria di carbone e di energia elettrica e la limitata disponibilità di ghisa e di rottami. Nel 1947, migliorata la situazione degli approvvigionamenti di materie prime e di combustibili e aumentata la disponibilità di energia elettrica, la produzione di acciaio ha superato 1,6 milioni di t. e quella di ghisa 300.000. t.
L'industria siderurgica italiana ha conservato inalterata una struttura che non le consente di effettuare produzioni di massa a bassi costi. La modesta produzione nazionale è ancora frazionata fra una sessantina di stabilimenti, numerosi dei quali sono antiquati e hanno costi elevati. La stessa produzione, in altri paesi che possiedono una siderurgia progredita, è realizzata, in condizioni ben più favorevoli in quanto a costi, da tre o quattro stabilimenti. Il rinnovamento dell'industria siderurgica secondo criterî razionali e moderni costituisce quindi uno dei più urgenti problemi dell'economia italiana, alla cui soluzione è legato anche l'avvenire dell'industria meccanica nazionale, la quale non è in grado di fronteggiare la concorrenza estera, né di sviluppare la sua produzione, perché non ha dietro di sé una siderurgia efficiente.
In Italia la distribuzione dei prodotti siderurgici avviene parzialmente mediante assegnazioni disposte dai competenti organi ministeriali. Le quotazioni di tali prodotti sono controllate dal 1936. All'inizio del 1948 erano in vigore i seguenti prezzi ufficiali: ghisa comune lire 43.100 la t.; acciaio in lingotti AOO lire 46.000; laminati a caldo, base, lire 75.000. Dal 1938 al 1948 i prezzi ufficiali hanno subìto aumenti compresi fra 60 e 70 volte.