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ACCIAIO

di Giuseppe Violi, Giorgio Spinelli - Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1978)
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ACCIAIO (I, p. 215; App. I, p. 6; II, 1, p. 5; III, 1, p. 8)

Giuseppe Violi
Giorgio Spinelli

Acciai da costruzione saldabili a elevato snervamento. - Nel definire un a. ad alto snervamento o ad alta resistenza occorre tener conto dello specifico campo di utilizzazione.

Qui ci si riferisce a una famiglia di a. ampiamente impiegati in costruzioni saldate, quali: navi, costruzioni in ferro per usi civili e industriali, tubi saldati di grande diametro per gasdotti. Fra le caratteristiche richieste per tali applicazioni sono importanti quelle di buona saldabilità (basso carbonio equivalente, per es., Ceq < 0,45), resistenza alla rottura fragile, costo industriale non troppo lontano da quello dei normali a. al carbonio.

In questi ultimi anni sono stati sviluppati e ampiamente introdotti negl'impieghi citati a. ad elevato snervamento (σs = 350 ÷ 650 N/mm2), ottenuti per microalligazione con niobio e vanadio, e microstrutture sviluppate mediante opportuno trattamento nel corso della lavorazione plastica a caldo (laminazione controllata o in controllo grano). Viene in questo modo evitato un trattamento termico susseguente alla laminazione (per es., di normalizzazione) e il costo del prodotto siderurgico (generalmente lamiere di spessore 5 ÷ 35 mm) risulta più limitato.

Fattori determinanti delle caratteristiche di resistenza di un a., a loro volta funzione della composizione chimica e dei trattamenti termomeccanici, sono: fattori di struttura (per es.: ferritico-perlitica o martensitica); variabili della struttura (per es.: grossezza del grano ferritico, grossezza e distribuzione di particelle dure disperse, quali i carburi); effetti d'indurimento per formazione di soluzioni solide (per es., indurimento dei grani di ferrite per presenza nel reticolo cristallino di atomi estranei); effetti d'indurimento ad opera di seconda fase dispersa (precipitazione di particelle di carbonitruri in una matrice ferritica, che innalza lo snervamento, modificando i relativi meccanismi d'incrudimento; v. leghe, in questa Appendice).

Gli a. ad alto snervamento saldabili debbono presentare un tenore di carbonio quanto più possibile basso (v. tab. 1) e quindi minima suscettibilità a sviluppare strutture martensitiche, dure e fragili.

L'innalzamento delle caratteristiche di resistenza si ottiene agendo mediante più meccanismi contemporaneamente e sfruttando gli effetti di microaggiunte leganti. I meccanismi più favorevoli sono quelli che agiscono mediante l'affinamento del grano e tramite l'azione di una seconda fase dispersa (a. a dispersoidi, quali i carbonitruri di niobio). In tal modo l'innalzamento dello snervamento determina una minima influenza negativa sulla perdita di tenacità che in genere l'accompagna, potendosi così realizzare un compromesso ottimale fra queste due caratteristiche e contenere i pericoli di rottura fragile propri delle strutture saldate.

Per l'ottenimento del grano fine si sfrutta l'effetto affinante esercitato dalle particelle della seconda fase. Queste, cominciando a precipitare nei cristalli di austenite nel corso della laminazione a caldo, ne rallentano la rigranulazione e l'ingrossamento, e consentono così di ottenere strutture finali ferritiche e ferritico-perlitiche estremamente fini e di elevata tenacità.

Acciai da profondo stampaggio in lamiere sottili. - Il grande sviluppo delle costruzioni automobilistiche e dell'impiego dell'a. in beni di consumo durevoli (per es., nell'industria degli elettrodomestici), ha determinato negli anni Sessanta ovunque nel mondo, e in particolare in Italia, una forte espansione quantitativa e qualitativa della produzione di a. nelle qualità da profondo stampaggio, in forma di lamiere sottili (spessore < 3 mm) laminate a freddo.

Nei paesi industrializzati la produzione di lamiere sottili laminate a freddo è passata dall'11% circa nel 1956, a quasi il 30% nel 1972 rispetto al totale dei prodotti laminati.

Gli a. per tali impieghi debbono presentare un'elevata deformabilità allo stiramento a freddo nelle operazioni di stampaggio e basso snervamento (≈ 190 N/mm2); rientrano quindi nella famiglia degli a. al carbonio dolci ed extra dolci. Altri requisiti specifici sono una struttura ferritica a grano regolare e tondeggiante, un contenuto di inclusioni di ossidi ben controllato per tipo, numero e distribuzione; le lamiere finite debbono presentare delle superfici esenti al massimo da difetti visibili, a causa della loro importanza estetica nel manufatto finito.

Possono suddividersi in due classi fondamentali: a) Acciai effervescenti, non disossidati. Offrono il vantaggio di un buon aspetto della superficie, ma presentano il fenomeno dell'invecchiamento, che si manifesta con la ricomparsa nel tempo dello snervamento, con ripercussioni negative sull'aspetto del manufatto stampato. b) Acciai disossidati all'alluminio (calmati). Possono venir impiegati nelle più impegnative operazioni di stampaggio, non presentano il fenomeno dell'invecchiamento (a. antinvecchianti), ma richiedono un ciclo di fabbricazione curato con particolari accorgimenti onde ottenere una superficie esente da difetti per l'effetto negativo sulla difettosità superficiale dovuto alle inclusioni di allumina.

L'analisi indicativa di tali tipi di acciaio è alla tab. 2.

Bibl.: Metals handbook, 6 voll., Metals Park, Novelty Ohio 19718; H. De Leiris, Métaux et alliages, Parigi 1971; H. J. Konwenhoven, European community for coal and steel. Conference on weldable high strength structural steel, Lussemburgo 1971; G. Violi, Processi siderurgici, Milano 1972; A. Bartocci, E. Marianeschi, Metalli e siderurgia, Roma 1974; W. Nicodemi, R. Zoia, Metallurgia applicata, Milano 1975.

Il mercato mondiale dell'acciaio. - L'evoluzione dell'economia siderurgica mondiale durante il periodo che va dal 1960 al 1975 è stata caratterizzata da profondi mutamenti nell'entità, nel livello qualitativo e nella distribuzione geografica della produzione e del consumo di acciaio. L'incremento medio annuo della produzione di a. è stato di circa il 6%; tuttavia, mentre dal 1960 fino al 1970 si verificavano continuamente degli aumenti, pur molto irregolari, il 1971 ha segnato una battuta di arresto a causa di una forte contrazione della domanda degli Stati Uniti e del Giappone, e in altri paesi dell'emisfero occidentale. Tale fenomeno non si è riscontrato all'interno dei paesi dell'area socialista, nei quali le produzionì e il consumo di a. sono programmati con piani pluriennali: nello stesso anno l'URSS ha occupato per la prima volta il primo posto nella graduatoria mondiale dei paesi produttori. Grazie alla spinta della produzione giapponese, in forte espansione sin dai primi anni Sessanta, e a una decisa ripresa di quella statunitense e degli altri paesi occidentali, la produzione mondiale di a. ha ripreso successivamente quota fino a raggiungere 707,6 milioni di t nel 1974 (v. tab. 3).

In relazione alla progressiva industrializzazione e quindi al continuo aumento della produzione di beni strumentali, il consumo medio pro-capite mondiale di a. è aumentato considerevolmente passando da 197 kg pro-capite nel 1960 a 302 kg nel 1974; tale valore è comunque puramente indicativo poiché riunisce quelli degli Stati Uniti, della Svezia e del Giappone, tutti ormai al di sopra dei 600 kg pro-capite (v. tab. 4), con quelli dell'India e dei paesi africani che ancora non raggiungono i 50 kg pro-capite, malgrado i sensibili progressi compiuti in questi ultimi anni.

I notevoli aumenti della capacità produttiva sono stati resi possibili dai notevoli progressi compiuti nelle tecniche di affinazione della ghisa, a parte quelli ottenuti nella produzione di quest'ultima con i procedimenti di preriduzione dei minerali; al progresso tecnologico seguiva inoltre un processo di concentrazione delle imprese produttrici e un aumento della dimensione ottimale degli stabilimenti, con una tendenza in tutti i paesi a realizzare dei grandi complessi costieri a ciclo integrale per beneficiare al massimo delle economie di scala: la loro capacità produttiva, valutabile in tonnellate di a. grezzo producibili in un anno, ha da tempo superato il milione di t e in alcuni paesi, come il Giappone, tende ormai verso i 10 milioni di t. Per quanto riguarda più da vicino le tecniche di affinazione, di fondamentale importanza appare la diffusione in tutti i paesi dei convertitori a ossigeno (v. tab. 5). Per la gamma di alternative offerte nella carica, il risparmio di energia e la maggiore agibilità in generale, il convertitore a ossigeno ha risposto egregiamente alle esigenze delle siderurgie più giovani e ha contemporaneamente agevolato il rinnovamento di quelle già affermate; nel medesimo tempo anche i procedimenti tradizionali subivano aggiornamenti e innovazioni, contribuendo nel loro insieme a incrementare e migliorare qualitativamente la produzione.

La distribuzione geografica della produzione di a. nel periodo 1960-75 ha subito sensibili mutamenti, secondo un orientamento che tende sempre più a far coincidere le aree di produzione con quelle di consumo: ogni paese aspira a coprire il suo fabbisogno di a. avvalendosi della propria siderurgia, e i fenomeni di completa dipendenza sono circoscritti in gran parte ai paesi africani e ad alcuni dell'America latina.

Nell'America Settentrionale gli Stati Uniti, dopo un periodo di stasi a causa di un ristagno della domanda interna e della concorrenza estera, producevano circa 135,3 milioni di t di a. grezzo nel 1974 ed erano di nuovo al primo posto nella graduatoria mondiale superando di qualche decina di migliaia di t quella sovietica. Gli Stati Uniti per lungo tempo hanno detenuto incontrastati il primato della produzione di a., ma dopo la forte espansione durante il periodo della guerra coreana si sono avute fasi alterne con sintomi d'incertezza che investivano tutta la siderurgia; in questi ultimi anni tuttavia, prescindendo da una certa crisi del settore automobilistico che assorbe l'aliquota maggiore del consumo, s'intravvedono buone prospettive per un deciso rinnovamento e un congruo aumento della capacità produttiva attuale. Sensibile e costante è stato l'incremento della produzione di a. dei paesi del COMECON; la produzione di a. dell'Unione Sovietica nel periodo 1960-70 si è quasi raddoppiata; dopo una fase di crescita a ritmo molto elevato negli anni Sessanta, gl'incrementi sono stati più contenuti e si aggirano su valori di poco superiori ai 5 milioni di t annue; insieme con gli altri paesi del COMECON, tra cui spiccano la Cecoslovacchia e la Polonia, l'URSS partecipa alla produzione mondiale con un'aliquota del 27% circa. Con l'entrata del Regno Unito nella CEE, i paesi membri nel loro insieme producono una quantità di a. pari a circa il 22% di quella mondiale; pur avendo dei consumi abbastanza elevati, i paesi della CEE, in particolare la Repubblica Federale di Germania e il Benelux, esportano a., soprattutto semilavorati, per un ammontare superiore al 50% del totale mondiale delle esportazioni.

Insieme con l'aumento dei consumi si è notevolmente modificata l'entità della produzione nel continente asiatico. Tale evoluzione è da attribuire, in ordine crescente, alle vicende che hanno interessato rispettivamente l'India, la Cina e il Giappone. Dopo alcune difficoltà iniziali l'India riesce ormai a coprire una discreta parte del suo fabbisogno di a. con la sua produzione. La Cina, dopo aver ulteriormente potenziato gl'impianti della Manciuria, ha avviato e ultimato in molte province la costruzione di impianti a ciclo integrale, riuscendo così a soddisfare per oltre i 2/3 il fabbisogno interno di acciaio. L'elevato grado d'industrializzazione raggiunto dal Giappone si basa su di un consumo e una produzione di a. che si pongono ai primi posti nelle rispettive graduatorie mondiali: con oltre 600 kg pro capite il Giappone supera ormai i consumi degli Stati Uniti e della Repubblica Federale di Germania; la sua produzione di a. è la terza nel mondo, incide per circa il 16% sul totale mondiale, soddisfa ampiamente il fabbisogno interno e alimenta un considerevole flusso di esportazione verso altri paesi asiatici, tra cui la Cina, e anche verso l'America Settentrionale. Negli ultimi anni hanno raggiunto valori di tutto rispetto anche le produzioni di a. fornite dagli stati della penisola coreana e da Taiwan. I paesi dell'Africa nel loro insieme sono quelli che hanno il più basso consumo pro-capite e anche la produzione più esigua; tuttavia, considerando i singoli stati, tra questi emerge la Repubblica Sudafricana con valori superiori ai 5 milioni di t, mentre buone prospettive si delineano per i paesi dell'Africa mediterranea. Nell'Oceania, l'Australia ha dei consumi pro-capite da tempo superiori ai 500 kg; la sua produzione, che nel 1974 è stata di circa 8 milioni di t, copre agevolmente il suo fabbisogno interno e alimenta un discreto flusso di esportazioni verso la Nuova Zelanda e i paesi minori dell'Asia sud-orientale.

L'Italia è da diversi anni nei primi dieci posti della graduatoria mondiale della produzione di a. ed è passata recentemente al terzo posto nell'ambito della CEE dopo la Germania Federale e la Francia, avendo scavalcato nel 1974 il Regno Unito; il consumo annuo pro-capite nel periodo 1960-70 si è raddoppiato e tende a crescere a tassi molto elevati; la produzione contemporaneamente è passata da 8,5 milioni di t nel 1960 a 17,3 milioni di t nel 1970 e a 23,4 milioni di t nel 1974. La concentrazione aziendale raggiunta con la creazione della FINSIDER, che occupa da tempo il nono posto nella graduatoria mondiale delle compagnie siderurgiche, ha consentito di dare grande impulso, prima alla nascita e quindi all'ampliamento di grandi stabilimenti costieri a ciclo integrale; infatti dopo i centri siderurgici di Cornigliano, Piombino e Bagnoli, nel 1965 s'inaugurava il quarto centro a Taranto, che in pochi anni, con successivi ampliamenti, è passato al primo posto con una capacità produttiva di oltre 5 milioni di t; la prospettiva di un'ulteriore espansione di domanda interna di a. aveva lasciato intravvedere la possibilità di costruire un quinto siderurgico in Calabria (Gioia Tauro), la cui realizzazione dopo alcuni ripensamenti è ancora nella fase di progettazione.

Bibl.: E. Massi, Geografia dell'acciaio (in collaborazione con autori vari), Milano 1973 (vol. I), 1975 (vol. II).

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