ACCIAIO (I, p. 215)
Influenza della velocità di raffreddamento e delle aggiunte dei varî elementi sulla posizione delle curve di equilibrio (p. 218). - Nella voce è stata messa in evidenza l'influenza della velocità di raffreddamento sulla trasformazione dell'austenite, e si è notato che, superando un certo valore critico di tale velocità, si presenta un nuovo punto di trasformazione detto Ar″, in corrispondenza al quale si forma dall'austenite sottoraffreddata un costituente speciale, detto "martensite". Questo costituente, con reticolo cristallino tetragonale, sarebbe, secondo le opinioni più recenti, una soluzione solida interstiziale di carbonio in ferro (cioè gli atomi del soluto, carbonio, si trovano tra gli atomi del solvente, ferro). La posizione del punto Ar″ dipenderebbe principalmente dal contenuto di carbonio e di altri elementi disciolti nel ferro γ, mentre la velocità di raffreddamento avrebbe solo scarsa influenza. Secondo Steinberg il punto Ar″, detto anche "della martensite" si abbasserebbe di 20°; 6°; 2°,5; 1°,5 rispettivamente per un contenuto del 0,1% di C, Mn, Cr e Ni. Per i comuni acciai al carbonio è stato anzi precisato che tale punto scende da 650° per C = 0% (valore ottenuto per extrapolazione) a 75° per C = 1,8%.
Oltre che sul punto di formazione della martensite, l'influenza dei varî elementi aggiunti all'acciaio si esplica sia spostando le linee di equilibrio del diagramma di stato Fe-C, sia variando il valore della velocità critica di raffreddamento, rendendo il materiale più o meno temprabile: così tutti gli elementi, eccetto il cobalto, spostano verso le concentrazioni più basse in carbonio il punto eutettoide S del diagramma Fe-C (v. acciaio: Diagramma di equilibrio delle leghe Fe-C, p. 217); e mentre alcuni elementi, come Si, Cr, Al, Mo e V, innalzano, altri invece, quali Mn e Ni, abbassano la temperatura di equilibrio di questo punto (temperatura A1).
Recentemente è stato anche messo in evidenza che i varî elementi aggiunti al ferro, a seconda del posto occupato nel sistema periodico, allargano o restringono il campo di esistenza della fase γ. In relazione a ciò, i varî diagmmmi di stato binarî del ferro con un altro elemento si possono raggruppare nei seguenti quattro tipi:
a) diagrammi con campo γ aperto, formati con Mn, Co, Ni, Ru, Rh, Pd, Os, Ir, Pt (fig. 1);
b) diagrammi con campo γ allargato, formati con C, N, Cu, Zn, Au (fig. 2);
c) diagrammi con campo γ ristretto, formati cori B, S, Zr, Ce (fig. 3);
d) diagrammi con campo γ chiuso, formati con Be, Al, Si, P, Ti, V, Cr, Ge, As, Nb, Mo, Sn, Sb, Ta, W (fig. 4).
Questa divisione rende possibile farsi un'idea dell'influenza che esercitano i varî elementi sulle proprietà dell'acciaio. Così, gli elementi appartenenti ai primi due tipi aumentano la temprabilità, e quelli del tipo a), se il loro contenuto è sufficientemente elevato, possono rendere l'acciaio completamente austenitico anche a temperatura ambiente: si ottiene così un materiale avente le proprietà del ferro γ, cioè amagnetico, foggiabile, ma facilmente incrudibile. Invece gli elementi appartenenti all'ultimo tipo, se presenti in determinate proporzioni, possono conferire all'acciaio una struttura ferritica a qualsiasi temperatura e anche per raffreddamenti assai rapidi poiché, non passando per una linea di trasformazione, non possono in alcun modo prender tempra; il materiale risulta inoltre meno deformabile e meno incrudibile dell'acciaio austenitico. Gli elementi del tipo c), anche se presenti in percentuali basse, dànno composti intermetallici e rendono perciò l'acciaio duro e fragile.
Quanto alla velocità critica di raffreddamento, si osserva che il suo valore viene generalmente abbassato dagli elementi aggiunti (Mn e Ni, sempre; Cr, W, V e Si, purché inferiori ad una certa concentrazione; Co mai, costituendo un'eccezione). Tale abbassamento si osserva però solo se questi elementi o i loro composti sono completamente disciolti nell'austenite, ché altrimenti essi, agendo da innesco alla formazione della perlite (punto Ar′), normale prodotto di trasformazione dell'austenite, impediscono il sottoraffreddamento di questa fase, rendendo quindi impossibile la formazione della martensite (punto Ar″).
Gas e scorie inclusi negli acciai (p. 224). - È stato detto che il contenuto in gas o in inclusioni nel metallo e la composizione, forma e distribuzione di queste ultime, dipendono da equilibrî più o meno completi che si stabiliscono fra gas del forno, scoria e bagno metallico, e fra quest'ultimo e gli elementi disossidanti o speciali che vengono aggiunti alla fine del processo di affinazione. Lo studio di questi equilibrî, alacremente proseguito in questi ultimi anni, ha apportato un notevole contributo alla tecnica della produzione indirizzando i processi di elaborazione dell'acciaio sempre più verso basi scientifiche. Il grado di disossidazione dell'acciaio ha infatti grande influenza sulla qualità del prodotto finito e la più completa possibile eliminazione dell'ossigeno dal bagno rappresenta una delle operazioni più importanti e una delle maggiori preoccupazioni dell'acciaiere: e perciò la valutazione esatta del potere disossidante dei varî elementi e del modo con cui esso varii col variare di altri fattori è di fondamentale importanza.
Körber ed Olsen hanno eseguito a tale riguardo determinazioni sistematiche, basandosi sulla composizione chimica dei bagni e della scoria in equilibrio con essi, e hanno tracciato dei diagrammi esprimenti le variazioni degli equilibrî di disossidazione e delle loro costanti col variare della temperatura del bagno, della concentrazione di determinati ossidi nella scoria, della concentrazione di determinati elementi disossidanti nel bagno metallico soli o in presenza di elementi speciali, quali il cromo e il vanadio.
Herty e collaboratori hanno determinato con prove pratiche i valori delle costanti di disossidazione a 1600° per il carbonio, il silicio, l'alluminio, per quest'ultimo in presenza e in assenza di manganese, e ne hanno dedotta la solubilità massima dell'ossido di ferro nel bagno quando in esso sia presente una data percentuale di detti elementi. Si ha così, per esempio, che con 0,1% di carbonio, la solubilità dell'ossido di ferro nel bagno metallico scende, dall'1,5% circa nel ferro puro, a 0,1÷0,3%; quando nel bagno è presente invece il 0,1% di silicio essa è solo del 0,04%.
Non meno importanti sono i contributi apportati ai mezzi d'indagine metallografica e ai metodi analitici di determinazione dei gas e degli ossidi.
Quanto ai metodi metallografici, l'esame con luce polarizzata e con illuminazione conica (o a fondo scuro) costituisce un validissimo ausilio per riconoscere la natura delle inclusioni con maggior speditezza e sicurezza di quanto non possa ottenersi con i metodi d'attacco chimico locale, come ad esempio con i metodi di Wohrman, di Campbell e Comstock e di Urban e Chipman, mediante i quali la composizione delle inclusioni si identifica dal comportamento che esse hanno di fronte ad alcuni reagenti chimici che vi si fanno agire localmente. Riesce così facile ad effettuarsi la distinzione fra i varî ossidi, solfuri, silicati, ecc., perché, oltre all'aspetto, si possono anche determinare il colore reale, la trasparenza, il sistema in cui cristallizzano queste inclusioni, e cioè se nel sistema cubico (isotrope), o se in altri sistemi cristallini (anisotrope).
I metodi analitici di determinazione dei gas e dell'ossigeno totale hanno raggiunto un alto grado di precisione, sia con il perfezionarsi di tutta l'apparecchiatura sia con l'adozione di forni riscaldati con corrente elettrica ad alta frequenza e con l'uso di accorgimenti atti ad evitare o almeno a ridurre al minimo reazioni secondarie, che costituiscono altrettante cause d'errore.
Anche i metodi di determinazione degli ossidi, che possono essere separati dalla parte metallica o per attacco anodico, facendo uso di elettroliti e di dispositivi sperimentali adatti, o per attacco con iodio, o per sublimazione in corrente di cloro, o per attacco con acidi diluiti, forniscono ora risultati sufficientemente esatti nei casi in cui le inclusioni siano costituite da allumina, da silice e da silicati a contenuto in silicio non troppo basso.
Quando l'ossidulo di ferro e l'ossido di manganese siano presenti come tali nell'acciaio, queste determinazioni risultano invece tuttora molto imprecise; gli studî vengono perciò alacremente proseguiti per giungere alla soluzione completa dell'importante problema.
Idrogeno. - Gli acciai a temperatura ambiente ne contengono di solito qualche decimillesimo per cento. È stato già accennato che quando questo gas è disciolto in quantità eccessiva nell'acciaio, provoca, anche in condizioni differentissime d'assorbimento, un peggioramento sensibile della sua qualità.
In alcuni casi si tratta di un'influenza temporanea o facilmente eliminabile col tempo o con brevi ricotture a bassa temperatura. In altri casi invece si creano nel metallo delle fessure, dette "fiocchi" per l'aspetto caratteristico della frattura dei pezzi che ne sono affetti.
I primi ad attribuire all'idrogeno la formazione dei fiocchi sono stati Bennek, Schenck e Müller che hanno riprodotto il fenomeno facendo gorgogliare questo gas nel bagno di acciaio fuso; ma più convincenti ancora sono le prove di Musatti e Reggiori che hanno provocato la formazione dei fiocchi riscaldando in corrente d'idrogeno a 1000° dei pezzi d'acciaio che ne erano assolutamente privi.
Questo grave difetto, che si riscontra così sovente negli acciai al cromo-nichelio e al cromo-nichelio-molibdeno, è provocato verosimilmente dalla rapida diminuzione della solubilità e diffusibilità dell'idrogeno con l'abbassarsi della temperatura, e specialmente intorno a 180°-300°, nel quale intervallo, che è poi quello di formazione dei fiocchi, la solubilità e diffusibilità dell'idrogeno sembrano subire un'improvvisa diminuzione a valori estremamente bassi: in seguito a ciò si creano pressioni interne locali di così elevato valore da fessurare il metallo. Un raffreddamento estremamente lento a partire da circa 300° evita la formazione dei fiocchi perché a questo modo si dà tempo all'idrogeno in eccesso di distribuirsi uniformemente in seno al metallo e di eliminarsi.
Azoto. - L'azoto negli acciai è spesso in soluzione soprassatura, e da questa per riscaldamenti prolungati a bassa temperatura precipitano gli azoturi, provocando alterazioni notevoli nelle proprietà magnetiche e meccaniche, specie quando il metallo ha subìto deformazioni a freddo. Questo elemento, come l'ossigeno e il carbonio, svolge quindi una parte molto importante nei complicati fenomeni dell'invecchiamento (v. acciaio: Fragilità al blu. Fenomeni d'invecchiamento, I, pag. 241) che, secondo le più recenti teorie, sarebbero appunto dovuti alla precipitazione con l'abbassarsi della temperatura di elementi contenuti nella ferrite allo stato di soluzione soprassatura.
L'aggiunta all'acciaio di alluminio, vanadio, ecc., attenua di molto tali fenomeni, ciò che si spiega col fatto che questi elementi, oltre a ridurre notevolmente la solubilità dell'ossigeno e fissarlo formando ossidi molto stabili, presentano anche una grande affinità per l'azoto, che viene così sottratto al bagno, ed esercitano una notevole influenza sulla velocità di diffusione del carbonio, impedendo in questo modo che nella ferrite si formino delle soluzioni soprassature, ciò che concorda con la teoria prima esposta.
Nelle saldature elettriche ad arco, se eseguite con elettrodi d'acciaio comuni non rivestiti e senza accorgimenti speciali, l'azione nociva dell'azoto e dell'ossigeno si manifesta in modo molto evidente. La temperatura elevatissima che raggiunge il metallo permette un rapidissimo assorbimento di questi due gas dall'aria, e il metallo d'apporto risutla per tale modo ricco di soffiature, di ossidi e di azoturi e quindi fragile e spesso con bassa resistenza meccanica. Con elettrodi muniti di rivestimenti adatti questi inconvenienti scompaiono quasi completamente, perché il metallo fuso proiettato dall'arco viene isolato dall'atmosfera da una scoria fluida prodotta dalla contemporanea fusione del rivestimento.
Ossigeno. - Il degradare della qualità dell'acciaio con l'aumentare del suo grado di ossidazione è un fatto molto evidente che si riscontra spesso in acciaieria. Tuttavia i fenomeni sono così complessi e vengono talmente mascherati da altri fattori, che solo con studî sistematici e operando con tenori elevati, e in tutti i casi superiori ai contenuti normali, è possibile stabilire delle relazioni fra contenuto in ossigeno e peggioramento di determinate proprietà dell'acciaio.
Comunque avvengano questi fenomeni assai complessi, resta però il fatto che l'ottenere un acciaio a basso tenore d'ossigeno è buona regola e nel contempo una dimostrazione che le operazioni di elaborazione del metallo sono state condotte bene.
Acciai per utensili. - In questi ultimi anni si sono specialmente affermati, tra i varî tipi di acciai per utensili, gli acciai rapidi al cobalto (v. acciaio: Acciai rapidi, I, p. 255) che costituiscono la nuova categoria dei cosiddetti ultrarapidi. Anche gli acciai rapidi al molibdeno contenenti fino al 9% di questo elemento si sono maggiormente diffusi in alcuni paesi. Le numerose varietà di acciai rapidi, oggi esistenti in commercio, si possono ricondurre tutte a pochi tipi di cui si ricordano le composizioni e i trattamenti termici nella tabella I.
Per quanto riguarda i trattamenti termici, si sono maggiormente approfondite le conoscenze dell'influenza da essi esercitata sulle caratteristiche di taglio degli utensili, così intimamente connesse con la resistenza al rinvenimento: in generale a temperature di tempra più elevate corrispondono resistenze al rinvenimento maggiori (fig. 5) e quindi anche più lunghe durate di taglio: ed è questa una delle ragioni per cui è opportuno temprare gli acciai rapidi alle temperature più alte possibili. Temperature di tempra e tempi di riscaldo vanno comunque regolati in modo da sviluppare una struttura a grani di medie dimensioni con carburi in ammassi più o meno notevoli, spesso rigettati ai giunti, e fondo martensitico (fig. 6). Nella struttura di tempra è sempre presente una certa quantità, più o meno forte a seconda del tenore di costituenti speciali, di austenite residua: l'aumento di durezza che si verifica negli acciai rapidi temprati durante il rinvenimento a 560° ÷ 580° (durezza secondaria), fenomeno chiaramente illustrato nella fig. 7, è dovuto non solo alla precipitazione dei carburi in forma finemente suddivisa, ma anche alla trasformazione dell'austenite residua in martensite.
Lo sviluppo della durezza secondaria è più accentuato negli acciai ultrarapidi al cobalto che in quelli rapidi normali del tipo 18-4-1.
Gli acciai al cobalto manifestano inoltre una maggiore resistenza al rinvenimento e di conseguenza, come mostra il diagramma della fig. 8, anche il rendimento nella prova di taglio è sensibilmente superiore.
Altra classe importante di acciai per utensili che ha avuto più vaste ed importanti applicazioni è quella degli acciai per lavorazioni a caldo (v. acciaio: Acciai al tungsteno, I, pag. 252).
Nella tabella II sono raccolte le composizioni dei principali tipi di acciaio di questa categoria.
Gli acciai dei tipi A e B sono specialmente adatti per utensili che non vengono riscaldati a temperature superiori a 320°-350° e che non lavorano per urto, gli acciai C e D sono di uso più generale (matrici e punzoni per estrusione di metalli non ferrosi, forme per getti sotto pressione, ecc.), mentre gli acciai del tipo E vengono talvolta preferiti per la loro migliore resistenza all'ossidazione.
Acciai per costruzione. - Nel campo degli acciai più precisamente in quello degli acciai per carpenteria, si sono conseguiti importanti progressi con lo sviluppo degli acciai a elevato limite di snervamento contenenti piccole quantità di elementi speciali. Non rientrano in questa categoria gli acciai speciali nei quali l'innalzamento di tale limite è ottenuto mediante bonifica (v. termici trattamenti, XXXIII, p. 557).
Gli acciai strutturali sono destinati a sostituire gli acciai comuni al carbonio per carpenteria: debbono perciò potersi impiegare allo stato di laminazione, o tutt'al più dopo normalizzazione (v. termici trattamenti).
Fra i primi acciai di questa categoria è già stata fatta menzione di quelli al silicio (v. acciaio: Proprietà meccaniche. Influenza dei diversi elementi su di esse, I, p. 222). Sono state sperimentate in seguito altre aggiunte di elementi diversi da soli o combinati, e non soltanto per aumentare il limite di snervamento senza diminuire la tenacità, ma anche per conferire all'acciaio una buona resistenza alla corrosione contro gli agenti atmosferici. Altro requisito essenziale che si cerca di raggiungere in questi materiali è una buona saldabilità.
Nella tabella III sono riportate le composizioni e le caratteristiche meccaniche dei principali tipi di acciaio di questa categoria.
In essa figurano, oltre gli acciai al silicio già ricordati: gli acciai al cromo-silicio, nei quali il cromo apporta una maggiore uniformità di caratteristiche anche nei profilati di notevole spessore; gli acciai al nichel e quelli al manganese-nichel, questi ultimi con ottime caratteristiche di tenacità; gli acciai al rame (nichel-rame, cromo-rame, cromo-rame-silicio), particolarmente resistenti alla corrosione atmosferica. Recentemente sono entrati nell'uso anche gli acciai al rame contenenti piccole quantità di fosforo (0,10 ÷ 0,15%). Il tenore di carbonio dei tipi più moderni di acciai strutturali raramente supera il 0,15%.
Per quanto riguarda gli acciai per costruzione da bonificare, si nota una progressiva tendenza a sostituire o ridurre, per ragioni economiche, il tenore di nichel negli acciai al cromo-nichel e in quelli al cromo-nichel-molibdeno, che fino a qualche tempo fa erano, si può dire, i soli correntemente impiegati.
Fra i più importanti tipi di acciaio che possiedono caratteristiche analoghe a quelle degli acciai al cromo-nichel sono quelli al cromo-molibdeno i quali presentano fra l'altro il vantaggio di una buona saldabilità e vanno esenti dalla fragilità di rinvenimento (v. acciaio: Acciai al nichel-cromo, I, p. 251).
Del resto, a parte queste considerazioni di carattere particolare, la tendenza generale moderna nel campo degli acciai per costruzione è volta verso l'unificazione dei tipi: nella tabella VII sono raccolte le composizioni dei più importanti tipi di acciaio da bonificare, le loro proprietà, e le loro principali applicazioni.
Acciai resistenti alle alte temperature. - Gli acciai comuni al carbonio non presentano elevate caratteristiche di resistenza alle alte temperature (v. acciaio: Variazione delle proprietà del ferro e dell'acciaio con la temperatura, I, p. 226); inoltre la loro eventuale utilizzazione alle temperature molto elevate viene molto limitata anche dalla loro scarsa resistenza all'ossidazione. Essi perciò solo in casi di scarsa importanza vengono adoperati a temperature superiori ai 400° ÷ 500°.
Molte ricerche sono state dedicate in questi ultimi anni allo sviluppo degli acciai resistenti alle alte temperature: fra questi citiamo (cromo, nichelio, molibdeno, tungsteno), destinati a lavorare a temperature non superiori a 500° ÷ 600°: essi sono indicati, ad es., per la costruzione di apparecchi per l'industria del petrolio (distillazione e cracking), per la fabbricazione di surriscaldatori di vapore, per scambiatori di calore, caldaie ad alta pressione, ecc.
Si è veduto il significato pratico del limite di scorrimento e si è anche accennato che tale limite può essere determinato sia con prove di lunga durata, sia con metodi di breve durata basati su ipotesi semplificatrici: questi ultimi metodi presuppongono infatti che l'andamento delle curve di scorrimento sia simile per i diversi materiali e per le varie condizioni di prova (temperatura e carico), e non tengono conto che il materiale può subire col tempo a elevate temperature di esercizio modificazioni strutturali che possono alterarne più o meno profondamente la natura e le proprietà; essi soffrono perciò di alcune limitazioni di cui si deve tener conto nella valutazione dei risultati.
Quanto poi al valore massimo ammissibile della velocità di scorrimento, esso dipende dalle applicazioni pratiche che si vogliono fare del materiale: così, ad es., secondo Baumann, i seguenti valori dovrebbero essere soddisfatti nel caso di materiali per turbine e caldaie a vapore surriscaldato per la temperatura di 400°.
Si tratta in questi casi di deformazioni assai piccole per tempi assai lunghi. In altri casi invece la durata può essere alquanto minore: ad esempio, per le valvole dei motori di aviazione una durata di 1000 ore in servizio può essere considerata più che sufficiente e perciò le velocità di scorrimento che si possono ammettere sono corrispondentemente più elevate.
Nella tabella IV sono riportati a scopo di confronto i limiti di scorrimento, espressi come i carichi in kg/mmq., che tra la 25ª e la 35ª ora producono una velocità di scorrimento di 0,0015%/ora di un acciaio al carbonio e di altri tre acciai, dei quali il primo contiene piccole quantità di nichelio, il secondo piccole quantità di molibdeno, il terzo di cromo e molibdeno insieme.
A temperature comprese fra 500° e 700° è necessario ricorrere ad acciai a più alto tenore di elementi speciali. In generale si adoperano acciai con 3 ÷ 6% di cromo (questo elemento migliora la resistenza all'ossidazione) e altri elementi, come tungsteno o molibdeno, che migliorano la resistenza allo scorrimento.
Alle temperature più elevate infine (700°-800° e più) bisogna ricorrere ad acciai ad alto tenore di elementi speciali, come gli acciai al cromo-silicio (8 ÷ 10% cromo, 3 ÷ 4% silicio), gli acciai austenitici al cromo-nichelio (25% Cr, 12% Ni; 18% Cr, 18% Ni; 25% Cr, 20% Ni, ecc.) che presentano proprietà meccaniche e resistenza all'ossidazione elevate. I caratteri impartiti dal cromo e dal nichelio insieme possono venire ancora molto migliorati dall'aggiunta di altri elementi speciali, come tungsteno, molibdeno, silicio.
Un concetto della grande superiorità che presenutano gli acciai austenitici nel resistere alle temperature più elevate in confronto agli acciai ordinarî e a quelli a basso tenore di elementi speciali si può avere dai dati riportati nella tabella V che si riferiscono a prove di lunga durata.
La resistenza allo scorrimento, espressa come il carico in kg./mm.2 che tra la 90ª e la 100ª ora produce una velocità di scorrimento di 0,0001%/ora, è data, per diversi acciai specialmente adatti a resistere a temperature molto elevate, nella tabella VI.
Questi acciai austenitici trovano estese applicazioni nelle industrie chimiche per parti soggette a temperature e pressioni elevate, quali apparecchi per la sintesi dell'ammoniaca e per la fabbricazione di acido nitrico sintetico, ecc.; per tubazioni, scambiatori di calore, nell'industria della lavorazione dei petrolî, per camere di reazione per idrogenazione, ecc.
Essi vengono anche largamente adoperati nella costruzione di pezzi per forni, di ventilatori per fumi e gas caldi, di collettori per gas di scarico di motori d'aeronautica, ecc.; i tipi contenenti un'elevata percentuale di tungsteno e silicio, oltre che di cromo e di nichelio, sono largamente usati per la costruzione di valvole per motori d'aviazione, o di altre parti soggette a condizioni di esercizio molto gravose ad alta temperatura (da 600° in su).
Per quanto riguarda la sola resistenza all'ossidazione ad alta temperatura, ricordiamo gli acciai ad elevato tenore di cromo e contenenti silicio e alluminio (v. oltre, Acciai inossidabili).
Acciai inossidabili. - Nel campo degli acciai inossidabili si affermano sempre più alcuni tipi di acciai al cromo (v. acciaio: Acciai al cromo, I, p. 244) e gli acciai austenitici contenenti il 18% di cromo e l'8% di nichelio (v. acciaio: Acciai al nichel-cromo, I, p. 251), divenuti ormai classici.
Questi ultimi presentano però il grave difetto di divenire suscettibili alla corrosione intercristallina per effetto di riscaldamenti a temperature mediamente elevate. La ragione di questo fenomeno risiede nella precipitazione ai margini dei grani austenitici di un carburo assai ricco di cromo, in forma di particelle minutissime, dalla soluzione solida austenitica, che a questa temperatura ne è soprassatura.
A questo modo i margini dei grani austenitici si impoveriscono di cromo e, data la piccola velocità di diffusione di questo elemento nei confronti di quella del carbonio, essi divengono meno stabili e si convertono in martensite, come recenti esperienze hanno dimostrato. I.a diminuita resistenza alla corrosione sarebbe dovuta non soltanto alla precipitazione dei carburi, ma soprattutto a questa trasformazione martensitica ai contorni dei grani: è stato infatti dimostrato che, con riscaldamenti assai lunghi che permettano al cromo di diffondere completamente, si ottengono strutture stabili costituite da austenite e da carburi, le quali non sono soggette a corrosione intercristallina.
Questo fenomeno costituisce una grave limitazione all'uso del 18-8: ad es., questo materiale in certi ambienti corrosivi non si può usare saldato senza ulteriore trattamento termico, poiché attorno al cordone di saldatura si formano delle zone alterate soggette a facile corrosione; così pure alle temperature comprese nell'intervallo di decomposizione in certi casi se ne deve precludere l'uso.
Si sono tentati perciò diversi mezzi per impedire il verificarsi del fenomeno. Anzitutto, poiché la causa fondamentale risiede nella presenza del carbonio, sono stati fatti tentativi diretti a diminuirne il tenore, e oggi, grazie alla possibilità di fabbricare il ferro-cromo a tenori molto bassi di carbonio, si è scesi, dal o,2 ÷ 0,3% dei primi acciai, anche al disotto del 0,1% di carbonio: con questo accorgimento si riesce ad attenuare l'inconveniente, ma non a eliminarlo completamente: si è infatti riconosciuto che, per ottenere acciai di questo tipo del tutto immuni da corrosione intercristallina, si dovrebbe arrivare ad un limite tanto basso (circa o,02%) da non potersi raggiungere in modo economico.
Un altro metodo, che ha dato in pratica ottimi risultati, consiste nel provocare la formazione di carburi di elementi diversi dal cromo insolubili nell'austenite, come ad esempio di titanio o niobio. Le quantità di titanio o di niobio necessarie per rendere il 18-8 assai meno sensibile alla corrosione intercristallina variano naturalmente a seconda del contenuto in carbonio e si aggirano sul o,4 ÷ 0,6%.
Un altro difetto che si presenta nell'acciaio 18-8 è costituito dalla sua difficile lavorabilità alle macchine utensili: questo inconveniente può essere notevolmente ridotto, senza degradazione delle caratteristiche peculiari dell'acciaio, con l'aggiunta di piccole quantità di zolfo (0,2 ÷ 0,4%) o di selenio (0,2 ÷ o,3%).
Sono stati inoltre introdotti recentemente nell'uso acciai al cromo-nichelio-manganese e acciai al cromo-manganese: gli acciai di questo tipo, a struttura austenitica-ferritica, sono meno costosi del 18-8 e possono sostituirlo in molte applicazioni, sebbene la loro inossidabilità e le loro caratteristiche meccaniche ad alta temperatura siano inferiori.
Infine gli acciai austenitici possono contenere, oltre al cromo e al nichelio, anche diverse percentuali di altri elementi, come tungsteno, molibdeno, silicio, rame, ecc.
Si ottengono così degli acciai che presentano caratteristiche particolari (ad es., una più elevata resistenza all'ossidazione e all'attacco di determinati reagenti chimici, ecc.).
Altre leghe speciali particolarmente resistenti agli acidi solforico e cloridrico sono quelle contenenti forti quantità di nichelio (fino al 60%) e di molibdeno (fino al 20%).
Nella tabella VIII sono riportate le composizioni dei principali tipi di acciai inossidabili oggi esistenti in commercio, e vengono indicate le loro più importanti applicazioni.
Acciai per magneti. - Le ottime caratteristiche (specialmente l'elevata forza coercitiva e l'elevata induzione residua) che possiedono i noti tipi di acciai per magneti al tungsteno (C = 0,70%, W = 5 ÷ 7%) e quelli al cromo-tungsteno-cobalto (C = 0,9 ÷ 1,0%, Cr = 4 ÷ 10%, W = 5 ÷ 9%, Co = 30 ÷ 40%) studiati da Honda e Saito (v. acciaio: Acciai al tungsteno, I, p. 252), sono state già ricordate.
Recentemente sono state sviluppate altre leghe a caratteristiche magnetiche più elevate, contenenti, oltre cobalto, forti percentuali di nichelio, alluminio o titanio: nella tabella IX sono raccolte le composizioni e le proprietà magnetiche delle principali leghe che attualmente vengono adoperate per la fabbricazione dei magneti permanenti.
Bibl.: Influenza della velocità di raffreddamento, ecc.: Steinberg, Metallurg, 1936, VIII, p. 3; Davenport e Bain, in Amer. Inst. Min. Metallurg. Eng. Techn., pubbl. n. 348; E. Houdremont, Sonderstahlkunde, Berlino 1935.
Gas e scorie inclusi negli acciai: Körber e Ölsen, in Mitt. K. W. Inst. für Eisenforsch., XIV (1932), p. 181; XV (1933), p. 271; XVII (1935), p. 39; XVII (1935), p. 231; id., in Stahl u. Eisen, LVI (1936), p. 433; Herty e collaboratori, in Min. Met. Invest. Bull., XXXIV, XXXVI, XXXVIII, XLVI; Wohrman, in Trans. of the Am. Soc. for Steel Treat., XIV (1928), pp. 81, 255, 385, 539; Campbell e Comstock, in Am. Soc. for Test. Mat., XXIII (1923), p. 521; Urban e Chipman, in Trans. of the Am. Soc. for Metals, XXIII (1935), pp. 93 e 645; Musatti e Ziliani, in La Metallurgia Italiana, XXIX (1937), p. 99; Körber e Mehovar, in Mitt. K. W. Inst. f. Eisenforsch., XVII (1935), p. 85; Bennek, Schenck, Müller, in Stahl u. Eisen, LV (1935), p. 321; Musatti e Reggiori, in La Metallurgia Italiana, XXVIII (1936), p. 197; Köster, in Archiv f. Eisenhüttenw., III (1930), p. 637; IV (1930), pp. 145 e 289; id., in Zeitschr. f. Metallk., XXIII (1931), p. 176; Davenport e Bain, in Trans. A. S. M., XXIII (1935), p. 1047; Eilender, Fry e Gottwald, in Stahl u. Eisen, LIV (1934), p. 554; Niedenthal, in Archiv. f. Eisenhüttenw., III (1929), p. 87; Eilender e Oertel, in Stahl u. Eisen, XLVII (1927), p. 1558;
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Acciai per costruzione: Acciai ad elevato limite di snervamento; Werkstoff-Handbuch e Houdremont, già citati; Metals and Alloys (marzo 1936), pagine 77-84; Maurer e Heine, in Archiv. für Eisenhüttenwesen, IX (1936), p. 345; Acciai da bonificare: Werkstoff-Handbuch e Houdremont, già citati.
Acciai resistenti alle alte temperature: A. Pomp e W. Enders, Dauerstandfestigkeit von Stählen für Überhitzrohre, in Mitt. K. W. Inst. f. Eisenf., (1932), p. 261; H. D. Nowell, Influence of grain size on the properties of 18-8, in Trans. Am. Soc. Steel Treat. (1932), p. 673; Thum, The book of stainless Steels (Am. Soc. for Metals), 2ª ed., 1935; I. Musatti e A. Reggiori, Résistance mécanique à chaud des aciers en présence de gaz corrosifs, in Chimie et Industrie (Numéro spécial) XXXI (1934), p. 557; id., Ricerche sugli acciai per valvole di motori a scoppio e sulle loro caratteristiche alle temperature elevate, in La Metallurgia Italiana, XXVI (1934), pp. 475, 569, 675, 765.
Acciai inossidabili: Thum, già citato; A. S. M., Metals Handbook, 1936; Werkstoff-Handbuch, già citato; I. Musatti e A. Reggiori, in La Metallurgia Italiana, XXVII (1935), pp. 629-651; Strauss, Schottky e Hinüber, in Zeitschr. anorg. allg. Chem., CLXXXVIII (1930), p. 314.
Acciai per magneti: F. Pölzguter, Die neuere Entwicklung der Werkstoffe für Dauermagnete, in Stahl u. Eisen, LV (1935), pp. 853-60.