ACCIAIO (I, p. 215; App. I, p. 6; II, 1, p. 5)
Fase σ negli acciai inossidabili. - La formazione della fase σ nelle leghe ferro-cromo e ferro-cromo-nichel, segnalata già dal 1927 da Bain e Griffiths e confermata definitivamente da S. Eriksson nel 1934, è stata oggetto di studî particolareggiati. Essa consiste in un composto intermetallico ferro-cromo molto duro e fragile. Nelle leghe pure compare tra i 550 e gli 820 °C e viene riscontrata in quasi tutti gli acciai inossidabili austenitici. L'acciaio cromo-nichel 18-8 sembra essere quello maggiormente esente da fase σ. Questa influisce negativamente sulle caratteristiche tecnologiche degli acciai inossidabili in cui si separa, provocando infragilimenti notevoli. Particolarmente pericolosa è la sua separazione nei cordoni di saldatura.
Acciai resistenti a elevate temperature (App. I, p. 8; II, 1, p. 9). - Nei rotori delle turbine a gas per aerei si impiegano ormai normalmente le leghe Nimonic (leghe binarie nichel-cromo con titanio ed alluminio indurite per precipitazione). A volte si aggiungono altri elementi di lega come cobalto e molibdeno. Nel campo delle turbine a vapore si fa ancora un considerevole impiego di acciai ferritici al cromo con eventuali aggiunte di molibdeno.
Acciai per impieghi a bassa temperatura. - Un problema largamente studiato in questi ultimi anni è quello degli a. per impieghi a basse temperature, particolarmente richiesti dall'industria chimica e petrolifera e indispensabili per i trasporti di idrocarburi e gas liquefatti.
Per la loro scelta si deve prendere in considerazione specialmente la tendenza a rompersi per infragilimento.
Le principali caratteristiche della rottura per infragilimento (o "rottura fragile") degli a. al carbonio sono: la rapidità con cui essa avviene, la scarsa deformazione plastica che l'accompagna, il piccolo assorbimento di energia, il fatto che il materiale si rompe sotto una sollecitazione limitata e che la frattura ha inizio in un punto di concentrazione delle sollecitazioni o d'intaglio. La tendenza degli a. a comportarsi in questo modo, detta "fragilità all'intaglio", e la caratteristica opposta che è la tenacità, sono fortemente influenzate dalla temperatura. Per un a. ferritico, al di sopra di una certa temperatura, la rottura può avvenire solo con assorbimento di notevole energia, con considerevole deformazione plastica e sotto una sollecitazione abbastanza elevata. Per lo stesso a., al di sotto di una data temperatura, si manifesta invece evidente il fenomeno della fragilità all'intaglio. Tra queste due temperature, di completa tenacità e di completa fragilità, esiste un certo intervallo, detto intervallo della temperatura di transizione, che può essere notevolmente diverso per i varî acciai. È stato dimostrato che una diminuzione del contenuto di carbonio ed una graduale aggiunta di nichel provocano un forte abbassamento dell'intervallo della temperatura di transizione.
La prova più comunemente usata per la scelta dei materiali per applicazioni sotto zero è quella di resilienza su barretta intagliata. Molti tecnici aggiungono l'esame dell'aspetto della frattura (percentuale di frattura fibrosa). Alcuni capitolati per recipienti e tubazioni a pressione impongono, ad es., che alla temperatura di impiego sotto zero il materiale in esame dia dei valori minimi di resilienza Charpy, con intaglio a chiave o a V, di almeno 2 kgm/cm2. Molti altri tipi di prove, note anche sotto il nome un po' improprio di prove di saldabilità, sono state introdotte per controllare la fragilità all'intaglio anche su scala grandissima.
In sintesi, si può dire che per applicazioni fino a −50 °C sono adatti a. dolci speciali, acciai al manganese calmati e particolarmente acciai al 2,5% di nichel; per temperature fino a −100 °C si possono impiegare gli acciai al 3,5% di nichel; gli acciai ferritici al 9% di nichel e gli acciai austenitici al cromo-nichel sono indicati per impieghi fino a −169 °C.
Acciai per impianti nucleari. - I materiali strutturali possono subire, a causa dell'irraggiamento dei neutroni, notevoli modificazioni delle proprietà meccaniche, tecnologiche e della resistenza alla corrosione.
L'irradiazione dei neutroni sui materiali metallici dei reattori nucleari ha per effetto:
1) Assorbimento dei neutroni. La "sezione efficace" esprime la probabilità che ciascun elemento ha di assorbire neutroni: essa è proporzionale all'energia dei neutroni incidenti e alla natura del materiale colpito. Per i materiali impiegati nei reattori nucleari, la sezione efficace è un elemento importantissimo di scelta. In alcuni casi, infatti, si devono evitare i materiali che assorbono neutroni in quantità notevole, in modo da abbassare l'attività del reattore (ad esempio rivestimenti delle barre di combustibile), in altri casi invece si devono scegliere materiali a sezione efficace elevata (ad esempio schermi).
2) Variazione delle caratteristiche meccaniche e tecnologiche dei materiali sottoposti ad irraggiamento. Il bombardamento di neutroni in genere provoca negli a. effetti simili a quelli che si hanno per incrudimento a freddo dei materiali, con aumento della resistenza a trazione e della durezza e diminuzione della duttilità.
3) Formazione di isotopi radioattivi. Il bombardamento di neutroni può causare la formazione di isotopi radioattivi; se ne citano molti, ma soprattutto Co60, Mn56, Ta182.
Per questo motivo occorre un accurato controllo degli elementi di lega, in modo da evitare o da tenere estremamente bassi i tenori di cobalto e di tantalio negli acciai inossidabili per usi nucleari.
In base ai criteri enunciati si possono identificare gli a. da impiegare nelle varie parti degli impianti nucleari.
All'interno del nucleo del reattore le guaine delle barre di combustibile richiedono materiali a sezione efficace più bassa possibile senza speciali caratteristiche meccaniche. Si impiegano, oltre a zirconio, magnesio, alluminio, berillio, anche a. inossidabile in spessore sottile. Nelle barre di controllo invece si richiedono materiali a sezione efficace elevata. Fra gli a. sono impiegabili quelli al boro (1-2% di B). In alcuni reattori sono stati impiegati anche acciai inossidabili al boro. Per le parti strutturali all'interno del reattore si richiedono soprattutto acciai resistenti alla corrosione.
All'esterno del nucleo del reattore il contenitore richiede a. soddisfacenti dal punto di vista della resistenza alla corrosione e alle radiazioni, ma anche di particolare resistenza meccanica, saldabilità e resistenza allo scorrimento. Si usano a. dolci calmati all'alluminio con elevato tenore di manganese, a. debolmente legati al molibdeno ed anche acciai inossidabili austenitici.
Gli schermi di protezione, talvolta, anziché di cemento con aggiunta di elementi pesanti, possono essere costituiti di acciai al boro con intercapedine d'acqua.
Acciai al boro. - Il boro ha trovato in questi ultimi anni importanti impieghi come aggiunta agli acciai, cui è in grado di impartire proprietà particolari.
Acciai a bassissimo tenore di boro: gli a. contenenti tracce di boro (0,005-0,007% B) presentano ottima temprabilità: si possono utilizzare perciò come acciai da sostituzione al posto di acciai legati al nichel, cromo, vanadio, molibdeno, ecc. Questi acciai hanno incontrato larghe applicazioni nell'industria automobilistica e nelle corazze per carri armati. - A. ad alto tenore di boro (1,6%): sono utilizzati negli impianti nucleari, particolarmente in organi di regolazione e schermatura per il loro potere assorbente per i neutroni termici. Il boro infatti ha un'alta temperatura di fusione, una notevole sezione efficace (775 barn) ed è facilmente reperibile. La maggiore difficoltà per l'impiego degli acciai ad alto tenore di boro sta nella loro scarsa lavorabilità a caldo. È necessario mantenere il carbonio ad un livello bassissimo per poter conservare una discreta possibilità di lavorazione a caldo anche con qualche unità per cento di boro.
Un altro impiego del boro consiste nella sua attitudine a migliorare le proprietà meccaniche ad alta temperatura di acciai fortemente legati.
Acciai automatici. - Sono a. comuni dolci destinati ad essere lavorati nelle macchine automatiche per la fabbricazione in serie di viti, bulloni, ecc. Il funzionamento rapido delle macchine utensili è favorito dalla formazione di trucioli corti e fini che si spezzano con facilità, senza accumularsi e senza causare riscaldamento dell'utensile. Gli elementi che vengono aggiunti all'a. a questo scopo sono particolarmente zolfo, fosforo (v. vol. I, p. 215) e piombo. Oggi sono ritenuti specialmente interessanti gli a. al piombo. Piccoli quantitativi di piombo infatti (da 0,10 a 0,50 max %) finemente emulsionati nell'acciaio facilitano lo spezzettamento del truciolo senza alterare le caratteristiche meccaniche dell'acciaio.
Bibl.: Fase σ negli acciai inossidabili: C. Belvedere, in La metallurgia italiana, LI (1959), p. 83.
Acciai per alte temperature: T. Bishop, B. Met, in Iron and Coal Trade Review, 1956, p. 303; W. Betteridge, in La metallurgia italiana, LI (1959), p. 49.
Acciai per basse temperature: E. T. Gill e G. L. Swales, in British Petroleum Equipment News, VII (1959), p. 60; E. T. Gill in La metallurgia italiana, L, (1958), p. 522.
Acciai per impianti nucleari: A. Erra, P. L. Lenzi, in La metallurgia italiana, L (1958), p. 45; F. Boldi, in La metallurgia italiana, LI (1959), p. 515.
Acciai al boro: D. Pittoni, in La metallurgia italiana, LI (1959), p. 21; R. A. Grange, F. J. Shortsleeve, D. C. Hilty, W. O. Binder, G. T. Motock, C. M. Offenhaur, Boron, Calcium, Columbium and Zirconium in Iron and Steel, Londra 1957.
Acciai automatici: L. Ribotti, in La metallurgia italiana, XLVIII (1956), p. 109.
Il mercato mondiale dell'acciaio.
La produzione mondiale dell'a. nel decennio 1948-57 ha continuato a progredire, passando da 155,3 milioni di t a 286,3 milioni, con un aumento dell'84,5%. Il 1954 vide una flessione a 221 milioni di t, dovuta alla fine delle ostilità in Corea; però il terreno perduto fu non solo riguadagnato, ma, l'anno dopo, il primato del 1953 fu superato e si raggiunse la cifra di 266,3 milioni di tonnellate. Diamo qui sotto una tabellina che riporta in milioni di t i dati della produzione mondiale nel decennio suindicato.
È facile rilevare come l'aumento continuo della produzione dell'a. sia collegato strettamente all'incremento costante delle industrie meccaniche in tutti i rami, navale, degli autoveicoli, dell'aviotecnica, dell'armamento, degli elettrodomestici e anche dell'industria edilizia. La seguente tabellina dà, per i paesi più importanti, la produzione del 1957, sempre in milioni di t.
Come si vede gli S.U.A. sono al primo posto, seguiti a grande distanza dall'URSS. La produzione complessiva della Germania Occidentale e della Saar viene ad occupare il terzo posto; seguono la Gran Bretagna, la Francia, il Giappone e l'Italia. Degli S.U.A. è notevole l'andamento che mostra chiaramente l'influenza della guerra coreana: infatti da 70,7 milioni di t nel 1949 si passa ad 87 milioni nel 1950, a 95,5 milioni nel 1951 ed a 101,3 milioni nel 1953; poi si ha una forte diminuzione a 80,1 milioni nel 1954 (l'armistizio coreano è del 1953), per risalire a 106,2 milioni nel 1954 e ridiscendere a 104,5 milioni nel 1956 e a 102,3 milioni nel 1957. L'Unione Sovietica invece in dieci anni è passata da 18,6 milioni di t nel 1948 a 51 milioni nel 1957; la produzione si è così quasi triplicata; come la produzione complessiva dei paesi della CECA (v.), indicati nella tabellina precedente in corsivo (ai quali vanno aggiunti i Paesi Bassi, con 1,1 milioni di t), passata da 15,9 milioni nel 1948 a 58,7 milioni nel 1957. A questo risultato ha potentemente contribuito la Germania che ha raddoppiato la produzione dal 1950 (con 12 milioni di t) al 1957 (con 24,5 milioni di t), mentre la Saar è passata da o,7 a 3,5 milioni di tonnellate. La statistica della produzione tedesca per gli anni 1947-1949 non fornisce dati paragonabili con quelli ora indicati.
Notevole è lo sforzo della Cina dove, per accelerare il progresso e far fronte agli accresciuti bisogni, il governo comunista è riuscito a portare la produzione da 2,2 milioni t nel 1954 a 5,3 milioni t nel 1957 e a 11,1 milioni t nel 1958, con un aumento del 100%. Vero è che in questa cifra vanno compresi i 3 milioni di t prodotti con metodi primitivi in centinaia di piccole fonderie artigiane. Queste però si vanno sostituendo con piccole fonderie moderne, che dovrebbero arrivare a produrre 7 milioni t. Il ferro prodotto con metodi indigeni è naturalmente di qualità inferiore e viene adoperato principalmente per usi agrarî o per essere convertito in acciaio.
Le vicende dell'industria siderurgica in Italia, dopo la seconda guerra mondiale, seguono l'andamento generale di ascesa. Dal bassissimo livello toccato nel 1945, quando furono prodotte sole 395.000 t di a., si risalì a poco a poco, ricostruendo gli impianti in massima parte distrutti, secondo il piano dell'ing. Oscar Sinigaglia, presidente della Finsider (società che raggruppa tutte le aziende siderurgiche dell'IRI). Mentre si creava l'impianto a ciclo integrale di Cornigliano, venivano sviluppati e rimodernati gli altri impianti sia della Finsider sia delle altre società (Falck, FIAT, Cogne, Breda, ecc.). I principî del piano erano i seguenti: concentrazione della produzione di ghisa, a. e laminati a caldo in un piccolo numero di potenti unità, da tenere costantemente in attività; specializzazione di ogni unità in determinate produzioni; uso ben equilibrato ed elastico dei due processi fondamentali di produzione, dal minerale e dai rottami, in modo da seguire le oscillazioni del mercato; impianto di potenti e moderni laminatoi, continui o semicontinui, per ridurre il costo dei laminati. L'applicazione di tale programma permise il rapido risorgere della produzione italiana che nel 1957 occupava tra i paesi produttori l'8° posto. La tabella che segue mostra la rapida e costante ascesa di questa attività (migliaia di tonnellate).