ACCOLTI, Benedetto, il Giovane
Figlio di Michele e di Lucrezia di Giovanni Alamanni, nacque in Firenze il 29 ott. 1497. Compiuti gli studi giuridici a Pisa, abbracciò la carriera ecclesiastica. Lo zio cardinale Pietro Accolti lo accolse nella sua casa romana (1515)e gli procurò un ufficio di "abbreviatore di parco maggiore" alle lettere apostoliche, poi gli fece assegnare uno dei suoi molti vescovati, quello di Cadice nel 1521, sostituito più tardi, nel 1523, con quello di Cremona. Nello stesso anno Clemente VII lo aggregò al collegio dei suoi segretari; l'anno dopo lo nominò arcivescovo di Ravenna e il 3 maggio 1527 gli diede la porpora cardinalizia (onde fu detto il cardinale di Ravenna), insieme ad altri che assicuravano contributi generosi per la difesa di Roma nei mesi che precedettero il Sacco. Nel frattempo l'A. ottenne due pensioni annue da Carlo V e molte amministrazioni abbaziali e vescovili (Policarpo e Bovino nel 1530).
Autore elegante di poesie d'ispirazione mitologica, bucolica e cristiana, di scritti giuridici (come il Tractatus de iure pontificum in regnum Neapolitanum, cfr. Negri, p. 88) e spirituali (cfr. i due libretti De laudibus beatae Mariae e De immaculata eiusdem conceptione, ricordati dal Negri come manoscritti nella biblioteca del cardinale Sirleto, ma ora a noi sconosciuti fra gli Ottoboniani latini della Biblioteca Vaticana), godette dell'amicizia del Sadoleto, dell'Ariosto, del Bembo, dell'Aretino, del Molza, del Varchi, di M. A. Flaminio, di P. Manuzio, ecc. Ma la sua devozione alle lettere non fu intima e coerente. La potenza economica, ottenuta col nepotismo e con la carriera curiale, suscitò in lui la passione del successo politico. Versando 19.000 ducati alla Camera apostolica, l'8 luglio 1532 egli ottenne da Clemente VII la legazione a vita della Marca, con poteri e privilegi degni d'un sovrano, ma con un'esclusione: la città di Ancona, ancora libera.
Da tempo Clemente VII mirava ad assoggettare la città e, con la scusa di prevenire il pericolo dei Turchi (invano smentito da informazioni venete), vi aveva inviato soldati e costruito una rocca. I suoi sforzi erano frustrati da un informatore segreto, che metteva in guardia gli Anconetani contro le mire papali. Questo informatore era l'A., il quale, considerando Ancona quale diocesi tradizionalmente attribuita a vescovi della famiglia Accolti, voleva impedire ad ogni costo quella parte del programma pontificio che assegnava al cardinale Ippolito de' Medici il governo della città. Ma appena ottenuto che il porto marchigiano fosse assegnato alla sua giurisdizione di legato, l'A. non esitò a rovesciare le posizioni e ad affrettare l'occupazione della città.
Gli Anconetani non perdonarono il voltafaccia di colui che avevano considerato protettore delle loro libertà, e quando furono condannati a morte cinque cittadini, che intralciavano l'amministrazione disonesta e tirannica del legato, denunziarono l'A. presso il papa. Clemente VII ne approfittò per tornare sul primitivo progetto: tolse la legazione all'A, e la passò al nipote Ippolito, per distoglierlo dall'arrecar fastidi ad Alessandro de' Medici (5 sett. 1534).
L'A. non cedette e Paolo III, succeduto a Clemente VII, tagliò corto alle dispute di lui e del cardinale Ippolito, nominando governatore della Marca (31 ott. 1534) Paolo Capizucchi. Anche il nuovo papa non ottenne facilmente l'ubbidienza e dovette ricorrere a uno stratagemma per arrestare e rinchiudere in Castel S. Angelo il ribelle (5 apr. 1535), dopo le confessioni rese in prigione da alcuni suoi complici. Seguì un celebre processo. Con i soprusi di Ancona vennero a galla gli altri crimini dell'A.: i maneggi segreti contro la politica anconitana di Clemente VII; la compilazione di una falsa bolla in favore di Cesare Trivulzio, vescovo di Como, nel 1536; i profitti tratti, con abile doppio gioco, dai re di Spagna e d'Inghilterra in occasione del parere canonico dello zio cardinale Pietro sul divorzio chiesto da Enrico VIII. Condannato a morte sotto l'imputazione di tradimento e di lesa maestà, l'A. fu graziato il 30 ag. 1535, per gli interventi del cardinale Ercole Gonzaga e di Carlo V, ma dovette redigere una confessione scritta, che poi ritrattò, e pagare un'ammenda di 59.000 scudi. Ritiratosi a Ravenna, a Ferrara e a Venezia, comparve a Roma nel 1544, per stabilirsi poi definitivamente in Firenze. Ivi ottenne la rappresentanza di Carlo V, anche per interessamento di Cosimo I, e se ne servì per ostacolare la politica di Paolo III. Nella città natale morì il 21 sett. 1549; secondo voci incontrollabili, per avvelenamento.
I contemporanei gli attribuirono anche due avvelenamenti (uno, fallito, dello zio cardinale Pietro nel 1516; l'altro, riuscito, del fratello Francesco, vescovo di Ancona, nel 1523), tre (Litta) o quattro (Ughelli, Palazzi) figli naturali (di cui uno fu impiccato per cospirazione contro Pio IV) e qualche buona opera di riforma nella Chiesa di Ravenna.
Fonti e Bibl.: L'archivio privato dell'A. (17 filze con oltre duemila carte; vi si comprendono una memoria autobiografica e un sommario del processo, redatto sugli atti dal giurista Silvestro Aldobrandini, difensore ed amico del cardinale) è all'Arch. di Stato di Firenze. I documenti originali del processo sono conservati (con qualche lacuna) all'Arch. di Stato di Roma. Altri documenti nell'Arch. Vaticano, nell'Archivo general di Simancas, nell'Arch. Gonzaga di Mantova e negli Arch. di Stato di Milano, Modena, Torino e Venezia. Edizioni: B. Accolti cardinalis Epigrammata, in Carmina quinque hetruscorum poetarum, Florentiae 1562, pp.129-136; lettere in Epistolae clarorum virorum, Venetiis 1568, pp. 42 ss., e in edd. di amici (Sadoleto, Aretino), cinquecentine e moderne: cfr. carteggio Sadoleto-Accolti, in Arch. d. R. Soc. romana di storia patria, XXXVIII (1915), pp. 269-271, 427-433. Intorno all'A. letterato e fra i letterati informazioni fondamentali in G. Palazzi, Fasti cardinalium, III, Venetiis 1703; coll 3-7; G. Negri, Istoria degli scrittori fiorentini, Ferrara 1722, pp. 87-88; Ph. Bonamicius, De claris pontificiarum epistolarum scriptoribus ,Romae 1770, pp. 85,219-222; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, I, 1, Brescia 1753, pp. 62-66; G. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, VII, 4, Milano 1824, pp. 2041-2048. Per informazioni biografiche cfr. le opere sopra citate e la voce in A. Ciaconius, Vitae et res gestae pontificum romanorum, III, Romae 1677, coll. 477-479; F. Ughelli-N. Coleti, Italia sacra, II, Venetiis 1717, col. 393; IV, ibid. 1719, coll. 614-615; G. van Gulik-C. Eubel, Hierarchia Catholica..., III, Monasterii 1923, pp. 19, 181, 200; P. Litta, Fam. cel. ital., Accolti di Arezzo; oltre che nelle varie enciclopedie ecclesiastiche ed erudite. Per la vita e il processo: L. v. Pastor, Storia dei Papi, IV, 2, Roma 1924, pp. 250 e 509; V, ibid. 1924, pp. 204-206; E. Costantini, Il cardinale di Ravenna al governo di Ancona: il suo processo sotto Paolo III, Pesaro 1891. Per gli echi del processo, per molto tempo oscuro a molti, cfr. P. Iovii, Epistolae, in Opera, I, Roma 1956, pp. 149, 151, 156,160, 164, 182, 304, 315, 341; II, ibid. 1958, pp. 19, 31, 42, 72, 121, 141, 149.