Acquasantiera
La definizione di a., come recipiente destinato a contenere l'acqua santa, si chiarisce in relazione alle caratteristiche sia d'uso, sia tipologiche.
L'impiego rituale dell'acqua, già conosciuto nel mondo pagano e giudaico per scopi purificatori, venne investito nel rito cristiano del battesimo di un valore sacramentale nuovo. Perciò occorre distinguere le manifestazioni di semplice prosecuzione in ambito cristiano dell'uso purificatorio dell'acqua non benedetta e di conseguenza i recipienti atti a contenerla, da quelle che si connettono direttamente o meno al significato battesimale di essa. È infatti solo con l'aspersione domenicale dei fedeli che venne introdotto l'impiego pubblico dell'acqua benedetta in ricordo e come estensione dell'efficacia sacramentale del battesimo. Tale pratica, documentata per la prima volta come disposizione ecclesiastica ancora limitata ad alcune Chiese franche nell'852, nei Capitula presbyteris data di Incmaro di Reims (PL, CXXV, col. 774), e di lì rapidamente diffusasi in tutto l'Occidente, era assente invece nella Chiesa orientale, dove l'acqua benedetta, pure attinta da pozzi o recipienti particolari (ϕιάλη, λουτήϱ, λουτϱόν), conobbe un impiego solo privato e domestico; né è possibile assimilare in qualche modo l'a. al laqan (o lakan) della Chiesa copta, concavità circolare praticata nel pavimento delle basiliche, generalmente all'ingresso, l'uso del quale come contenitore di acqua benedetta era circoscritto al particolare rituale della lavanda dei piedi celebrato il giovedì santo. L'introduzione dell'a. si giustifica pertanto con il bisogno, sorto nell'Occidente postcarolingio, di affiancare e poi progressivamente sostituire l'aspersione pubblica domenicale con il più semplice e frequente uso di segnarsi all'ingresso delle chiese (successivamente pure in altri luoghi prima di qualsiasi orazione), anche al di fuori di tale pratica solenne, attingendo l'acqua, originariamente con l'aspersorio, da appositi contenitori stabili (Franz, 1909).
Propriamente l'a. si configura in tal modo come oggetto distinto dai recipienti mobili, secchielli o situle spesso realizzati in avorio o in metallo - a uso esclusivo del celebrante per le consacrazioni e per la stessa aspersione dei fedeli - la cui storia artistica si delinea autonomamente a partire dall'età carolingia (Vasco Rocca, 1987, pp. 238-240), confondendosi peraltro con quella dei vasi già in uso in età paleocristiana per il trasporto dell'acqua battesimale.
Benché l'assenza di testimonianze concrete possa implicare la semplice perdita di quelle più antiche, per trovare esempi certi di a. fisse bisogna giungere fino alla prima età romanica: dovrebbe essere pertanto occorso un paio di secoli perché all'introduzione dell'aspersione pubblica domenicale si affiancasse o succedesse la diffusione della pratica di segnarsi ogni qualvolta si accedeva agli edifici sacri, malgrado tale funzione possa essere stata inizialmente assolta da vasi metallici poggiati su mensole o affissi al muro d'ingresso.
La classificazione tipologica e cronologica delle a. è tuttora incerta e lacunosa: particolarmente arduo appare l'accertamento della destinazione e dell'aspetto originari di ciascuna opera, poiché le modeste dimensioni di tali oggetti hanno favorito in passato frequenti mutamenti di ubicazione e manomissioni comportanti spesso incongrui ripristini. Anche il reimpiego di capitelli e marmi antichi a uso di a., che dal numero di esempi esistenti in chiese medievali parrebbe un fenomeno comune (si veda, per es., il blocco inferiore di una statua romana curiosamente adattato ad a. nella chiesa di Saint-Eutrope a Canté, dip. Ariège; Dictionnaire des églises de France, 1967, III/A, p. 39), è possibile rientri piuttosto nel gusto di epoche successive, come è stato recentemente affermato (Rebecchi, 1984) a proposito dei noti pezzi del duomo di Modena, per i quali si era invece ipotizzato (Quintavalle, 1964-1965) un adattamento duecentesco. Pure frequente, benché non facilmente documentabile, la riutilizzazione recente di capitelli medievali in funzione di a.; né manca la possibilità inversa, ma del tutto eccezionale, di trovare un pezzo progettato come a. impiegato come capitello: per es. quello nella chiesa di Anzy-le-Duc (Saône-et-Loire), ritenuto a. da Jacoby (1978).In linea generale si può comunque affermare che in tutto l'Occidente europeo uno dei tipi più diffusi di a. riprende la struttura dei fonti battesimali: un bacino in pietra (più raramente in metallo) elevato su un piede di sostegno, di dimensioni ridotte ma non sempre tali da evitare tuttora difficoltà nel riconoscerne l'originaria destinazione. Un altro tipo comune, anch'esso in pietra, ma di proporzioni più modeste, si caratterizza per l'immorsatura nel muro, di solito quello di ingresso, presentando di conseguenza una sporgenza solo parziale.
Numerose sono le varianti osservabili all'interno di entrambi i tipi - raggruppate da Otte (1883) per l'Austria e la Germania e da Enlart (1929) per la Francia in isolati elenchi, tuttora validi per il numero degli esempi citati e per alcune delle categorie rintracciate - non riconducibili comunque a ben definite tendenze culturali. Tuttavia, nonostante l'assenza di una inventariazione sistematica e aggiornata degli oggetti, è possibile segnalare alcuni casi di particolare rilevanza tipologica che talvolta arrivano a individuare ipotetici insiemi meglio caratterizzati e circoscritti.
Assai per tempo sembra essersi prodotto un tipo estremamente semplice, definibile 'a cassetta' per la forma parallelepipeda o cubica, del quale sopravvivono esempi come l'a. ora nella chiesa di S. Giorgio a Mandello del Lario in Lombardia, forse troppo precocemente datata al sec. 10° (Zastrow, 1981, nr. 29), l'a. di Vicopisano in Toscana, riferibile al sec. 12° (Salmi, 1926) e l'a. 'del patto col diavolo' nel Mus. Civ. di Storia e Arte Medioevale e Moderna di Modena, attribuita entro gli anni 1110-1130 ca. a un maestro wiligelmico (Calzona, 1983). Sempre in ambito wiligelmico e al 1130 ca. sono da ricondurre i pezzi, entrambi originariamente liberi su supporto, delle pievi di Rubbiano e di Ganaceto (Salvini, 1966), nel Modenese, decorati da sirene e da altri esseri fantastici con esuberante senso plastico nelle pur ridotte superfici. Affini per tipologia anche le erratiche pile del duomo di Cremona (Puerari, 1971: da escludere, per ragioni strutturali, l'ipotesi dello studioso di un'originaria destinazione di essa a capitello) e di Ferrara (Giglioli, 1937), entrambe nell'ambito di Nicolò.
Del tipo a immorsatura nel muro va segnalata la frammentaria e assai complessa a. delle Civ. Raccolte di Arte Applicata nel Castello Sforzesco di Milano (proveniente da Como), per l'originale inserimento, a una data precoce come il sec. 11°, della sporgenza semicircolare in una struttura rettilinea che prosegue sulla fronte l'elegante decorazione a intreccio della vasca (Zastrow, 1981, nr. 33/2). Stesso intento architettonico presenta, in Francia, il singolare bacino del sec. 12°, fiancheggiato da due colonnine in un unico insieme, difficilmente ricostruibile per l'assenza di molti elementi, ora al Mus. de Cluny di Parigi, che va probabilmente considerato come a. (Montremy, 1926) e non come lavabo (Salet, Souchal, 1972; Erlande-Brandenburg, 1986), anche se l'assenza di condotti per l'acqua non vale in tutti i casi di incerta identificazione. Sempre in Francia è forse riconoscibile, almeno nelle regioni centro-occidentali, una tendenza alla caratterizzazione stereometrica dei recipienti polilobati, come è per es. illustrato dalle a. nelle chiese di Notre-Dame-et-Saint-Saveur a Cressé, dip. Charente-Maritime (Crozet, 1971), di Saint-Barthélemy a Farges-lès-Mâcon (Sâone-et-Loire) o nella collegiata di Saint-Junien, dip. Haute-Vienne (Dictionnaire des églises de France, 1966, II/A, p. 72; II/B, p. 148; Vogüé, Neufville, 1965), databili non oltre il 12° secolo.Frequentemente e in un raggio di diffusione vastissimo, la decorazione dei bacini è realizzata in età romanica con robuste protomi: si vedano, agli estremi opposti del mondo cristiano, l'a. dell'abbazia di Saint-Mathieu a Flône in Belgio (Tollenaere, 1957) e quella di San Giovanni d'Acri in Israele (Akko Mun. Mus.; Barash, 1971); ma non è tuttavia impossibile individuare singoli insiemi per appartenenza a specifiche aree culturali, come per es., in Toscana, quello rappresentato dall'a. di Brancoli (firmata Raitus) e da quella di Barga (Dalli Regoli, 1986).
Più rara la diffusione di a. romaniche decorate a rilievo per tutta l'ampiezza delle superfici della vasca, ma significativamente presenti in zone di persistente cultura classica o interessate dall'azione di artisti innovatori come indicano l'a. nella chiesa di Saint-Michel a Gaillac, dip. Tarn (Allègre, 1943), quella nella chiesa della Fontana a Lentini in Sicilia (Salvini, 1962) - forse tuttavia capitello riadattato (Mane, 1983) - o l'a. attribuita al Maestro della lunetta nel Mus. Civ. Ala Ponzone di Cremona (Puerari, 1976).Degna di nota è anche l'affinità, nell'area veneto-emiliana, delle a. del duomo di Verona (Romanini, 1964) e dell'abbazia di Pomposa (Salmi, 1936), strutturalmente identiche e cronologicamente prossime, cui si può connettere quella, che elabora motivi simili, del duomo di Torcello (Polacco, 1976): un insieme relativamente omogeneo, nelle cui vasche le lisce superfici convesse del classico tipo marmoreo presente, per es., nel S. Vitale di Ravenna, vengono arricchite con il motivo delle quattro piccole figure di cariatidi disposte a croce, che rivelano nel modello veronese la chiara matrice wiligelmica.Il motivo della cariatide o del sostegno figurato si riscontra comunque in una serie notevole di applicazioni. Vere e proprie statue entro nicchie di ieratica imponenza sono quelle che decorano l'a. della chiesa di Saint-Gilles a Chamalières-sur-Loire (Haute-Loire), del principio del sec. 12° (Porter, 1923; Francovich, 1952; Lyman, 1985), in forma di pilastro, dove Cristo, la Vergine e due profeti costituiscono sostegno simbolico al recipiente, mentre nell'a. del duomo di Molfetta in Puglia, cronologicamente non distante (Thiery, 1978), una curiosa e animata figura d'uomo abbraccia la vasca sostenendola anche con le ginocchia.
Nei secc. 13° e 14° la documentazione sulle testimonianze superstiti si riduce. Pare tuttavia che con l'affermarsi del gusto gotico il tema dell'a.-cariatide abbia acquistato nuova vitalità: ne sono prova l'a. del chiostro di Saint-Trophime ad Arles (Thirion, 1976) e quella antelamica del duomo di Fidenza in Emilia (Francovich, 1952) - stilisticamente affini ed entrambe degli inizi del sec. 13° -, nelle quali la figura umana viene posta a sorreggere sulle spalle il bacino, come già a Torcello, inserendosi tuttavia nel supporto per lo sviluppo dell'intera altezza, assumendo di conseguenza, anche in virtù dell'energica trattazione stilistica, ben altro risalto monumentale. Inoltrandosi nel secolo, il plinto, recentemente ribadito come base di a. (Francovich, 1952; Mazza, 1985) nel Mus. Civ. Medievale di Bologna, e l'a. nella chiesa di S. Giovanni Fuorcivitas a Pistoia sviluppano lo stesso tema moltiplicando il numero delle figure: quattro energici telamoni togati all'antica nel plinto bolognese, tanto classico nella forma da richiamare una matrice federiciana piuttosto che antelamica senza dovere presupporre un'influenza nicolesca; tre composte figure femminili nell'a. di Pistoia, di probabile ma controversa attribuzione a Nicola Pisano e collaboratori, a una data prossima al 1273 (Weinberger, 1963; Cristiani Testi, 1984; Pope Hennessy, 1986). Tema ancora vivo nell'inoltrato sec. 14°, quando una figura di anziano in ginocchio sorregge, assistito da due fanciulli nudi, la vasca dell'a. del duomo di Penne in Abruzzo (Pippal, 1985), rappresentandone il motivo decorativo di maggior rilievo. L'a.cariatide non esaurisce le tipologie di età gotica. Accanto a persistenze di modelli usuali nei secoli precedenti, ovunque documentabili - in tal senso vanno considerate le due rare a. metalliche nella chiesa di S. Maria a Cracovia, databili fra il sec. 13° e il 14° (Essenwein, 1869), che riprendono, in dimensione ridotta, il tipo dei fonti battesimali romanici dell'Europa centrale - si registra l'introduzione non solo di nuovi modi decorativi all'interno di schemi tradizionali - come, per es., nelle due a. forse erratiche in S. Francesco in Assisi, in quelle nella basilica di Sainte-Madeleine a Saint-Maximin-la-Sainte-Baume (Var) oppure, ormai nel sec. 15°, nell'a. della chiesa abbaziale di Le-Mont-Saint-Michel (Gout, 1910) - ma anche l'invenzione di soluzioni strutturali originali. Di particolare interesse, sotto questo profilo, l'a. di Villeneuve-sur-Yonne (Yonne) che, immorsata in un pilastro nei pressi dell'ingresso laterale della chiesa e concepita in uno con la costruzione stessa dell'edificio, della prima metà del sec. 13°, presenta la novità di una copertura a baldacchino in forte aggetto (De Lasteyrie, 1927): motivo frequente nelle Isole Britanniche ma in una versione entro nicchia, come nei coevi lavabi, confrontabile, per es., con le a. dell'abbazia di St Albans o della chiesa di St Mary a Chesham (An inventory, 1910; An inventory, I, 1912), del tardo sec. 14°, dove l'elemento simbolico-strutturale subisce una modifica in senso esclusivamente lineare.Iconografia e simbologia delle a. si prestano difficilmente a una ordinata classificazione (Jacoby, 1978, p. 102), in conseguenza della varietà delle soluzioni artistiche adottate nei tempi e nei luoghi. Occorre tuttavia sottolineare il frequente ricorrere del significato battesimale o, in senso più lato, spiritualmente rigenerante dell'atto dell'aspersione, sia attraverso immagini tradizionali come il pesce (presente, per es., nel fondo della vasca dell'a. della chiesa di S. Francesco a Piediluco: Wehrhahn-Stauch, 1972), Sansone in lotta con il leone (come allegoria della Fortezza che deriva da questo sacramento, nell'a. del Mus. Civ. di Torino), i fiumi paradisiaci (a. di Anzy-le-Duc), sia per allusione alle proprietà dell'acqua benedetta, indicate per contrasto dalle figure mostruose o demoniache di tante a. romaniche.
Al di fuori di tali sia pur lati riferimenti simbolici, alcune a. contengono spunti di diverso genere, come l'allusione alla maternità della Vergine nella forma a conchiglia del bacino dell'a. della chiesa del monastero di Herrenalb, Baden-Württemberg (Otte, 1883), o quella forse ecclesiologica delle figure dell'a. di Chamalières, e offrono talvolta più specifici elementi di riflessione, come il tema della santificazione delle attività umane nel ciclo dei Mesi dell'a. di Lentini (Belfiore, 1948) o la dotta concezione delle Virtù cardinali e teologali nell'a. di Pistoia. A questi esempi occorre aggiungere, a conferma della varietà iconografica possibile, la dettagliata illustrazione, nell'a. di Fidenza, dei privilegi ecclesiastici a questa chiesa concessi (fra i quali quello della benedizione dell'acqua) e, nell'a. del Mus. Civ. di Modena, la gustosa sequenza di episodi concernenti il patto stipulato con il diavolo da un gentiluomo, che, pentitosi, richiede al sacerdote la liberazione dal demonio (Salvini, 1956), in una vivace scena di esorcismo, nella quale viene raffigurata l'a. stessa in un campo di utilizzazione evidentemente distinto e più vasto della semplice aspersione del fedele all'ingresso dell'edificio di culto.
Bibliografia
Fonti:
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