Acri
Situata a nord del golfo di Haifa, allo sbocco di una fertile piana, Acri (l'odierna Akko in Israele), occupata dai crociati nel 1104, era diventata il porto più attivo del Regno di Gerusalemme (v. Gerusalemme, Regno di). Le carovane provenienti dalla Siria musulmana vi trasportavano derrate che venivano scambiate con i prodotti portati dai mercanti occidentali; conosciamo l'attività del mercato cittadino grazie a una tariffa fiscale inserita nelle Assise di Gerusalemme (v.), risalente alla metà del XIII secolo. La città era amministrata da un visconte, di nomina reale, che presiedeva la Corte dei Borghesi.
All'indomani della disfatta di Ḥaṭṭīn, il Saladino aveva occupato Acri, che gli era stata restituita dal connestabile Jocelin di Courtenay (9 luglio 1187). Ma re Guido di Lusignano, nel 1189, si era diretto ad Acri cingendola d'assedio; i diversi contingenti della terza crociata raggiunsero gli assedianti e il Saladino non fu in grado di impedire alla guarnigione di arrendersi, l'11 luglio 1191, a Filippo Augusto re di Francia e a Riccardo Cuor di Leone re d'Inghilterra. Acri divenne la residenza abituale del re e del patriarca di Gerusalemme, al quale papa Urbano IV finì per affidare l'amministrazione della diocesi nel 1264. Numerose comunità religiose si installarono in città e gli Ordini militari vi costruirono residenze che si trasformarono in vere e proprie fortezze. Proprio durante l'assedio era nato l'Ordine teutonico (v. Teutonici), che si stabilì qui, e re Edoardo d'Inghilterra in seguito vi fonderà un altro Ordine di cavalieri intitolato a S. Tommaso Martire.
Al-Mu῾aẓẓam, uno dei figli del sultano al-Malik al-Kāmil, per assicurarsi il controllo della piana di Acri fece costruire una fortezza sul monte Tabor, e con quest'iniziativa diede origine alla quinta crociata; alla fine fu costretto a smantellare l'edificio. Nel 1217 erano approdati ad Acri i primi partecipanti a questa crociata. Lo stesso accadrà nel 1227 con i soldati che Federico II aveva deciso di condurre personalmente in Siria; le truppe al comando di Tommaso di Acerra attesero in città l'arrivo dell'imperatore che sbarcò il 7 settembre del 1228. È qui che Federico proseguì i suoi negoziati con al-Kāmil, che alla fine si conclusero con il trattato di Giaffa. Ma la scomunica lanciata da papa Gregorio IX contro l'imperatore innescò un conflitto con il patriarca e i Templari che sfociò in aperte ostilità. Federico, da parte sua, si adoperò per consolidare la posizione dei Teutonici assicurando loro il possesso della 'signoria del conte Jocelin' nei dintorni della città. Il 1o maggio 1229 s'imbarcò per ripartire, accerchiato da una popolazione ostile.
Quando Riccardo Filangieri giunse ad Acri per prendere possesso del suo governo, convocò i baroni del Regno per informarli che l'imperatore era intenzionato a privare Giovanni d'Ibelin (v.) del feudo di Beirut. I sostenitori di quest'ultimo si riunirono all'interno di una delle confraternite già esistenti in città, quella di S. Andrea, e si mossero in soccorso di Beirut; al ritorno dalla spedizione, si costituirono in comune scegliendo come 'sindaco' Giovanni d'Ibelin (marzo 1232).
La mediazione di un terzo partito si rivelò però del tutto inutile: un colpo di mano contro le navi imperiali ancorate nel porto segnò la vittoria degli insorti. E il contingente del comune impegnò gli imperiali nella battaglia di Casale Imbert che pose fine all'assedio di Beirut.
Federico II, che si era riconciliato con Gregorio IX, si adoperò per ottenere lo scioglimento del comune con il sostegno del papa. Filangieri, avvalendosi in particolare dell'appoggio di due borghesi, Giovanni Valin e Guglielmo di Conches, e degli Ospitalieri, cercò di penetrare ad Acri; ma il tentativo fallì e gli Ospitalieri rimasero confinati per qualche tempo sotto assedio nel loro castello. Quindi l'imperatore mise al bando dall'Impero il comune (e quando accordò a Luigi IX l'autorizzazione ad acquistare viveri in Sicilia, pose la condizione che gli abitanti di Acri non si giovassero di questo permesso). Acri però continuò a essere la base d'appoggio del partito antimperiale e da qui partì la spedizione che strappò Tiro ai languebars (i soldati venuti dal Regno di Sicilia) nel 1242.
È ad Acri che il re di Francia sbarcò nel 1250 dopo la campagna d'Egitto; vi tenne il suo consiglio e mise a frutto il soggiorno in città per far costruire le mura che circondavano il sobborgo di Montmusard, la cui estensione testimonia lo sviluppo demografico della città. Luigi IX lasciò ad Acri un contingente di cavalieri al comando di Goffredo di Sergines.
La città comprendeva diversi quartieri abitati da cittadini stranieri, originari dei centri mercantili italiani, che avevano ottenuto numerosi privilegi e si amministravano in autonomia. Nel 1228, e di nuovo nel 1249, una guerra aveva opposto genovesi e pisani; nel 1256 si innescò un nuovo conflitto fra le due comunità a proposito della chiesa di S. Saba situata fra i loro quartieri. Lo scontro degenerò in una vera e propria guerra civile; i veneziani vennero in aiuto ai pisani e anche le confraternite in cui erano riuniti i diversi gruppi nazionali, legate ai Templari o agli Ospitalieri, furono coinvolte nelle ostilità. Alla fine la guerra cessò con l'espulsione dei genovesi che si ritirarono a Tiro, mentre i veneziani trasportarono a Venezia alla stregua di un trofeo i pilastri della chiesa.
Nel 1263 Acri si trovò sotto la minaccia dei mamelucchi: il sultano Baybars devastò i dintorni della città (che tuttavia aveva consentito il passaggio agli egiziani, nel 1260, quando avevano combattuto con i mongoli nella battaglia di Ain Jalūt) e, dopo essersi impadronito di Safed, ebbe il controllo della piana di Acri. Le ostilità si prolungarono fino alla venuta di Edoardo d'Inghilterra che riuscì a ottenere una tregua.
Acri, dopo la morte di Corradino di Svevia (1268), aveva riconosciuto l'autorità del nuovo re Ugo III, che tuttavia dovette fronteggiare la riottosità delle confraternite e l'ostilità dei Templari; fu quindi costretto ad abbandonare la città, che si consegnò al rappresentante di Carlo d'Angiò, Ruggero di S. Severino (1276). Di conseguenza il re di Sicilia, avvalendosi dell'appoggio del contingente francese di stanza ad Acri, esercitò la sovranità fino al 1286, anno in cui il nuovo re Enrico II riuscì a fare riconoscere la sua autorità e a entrare in città.
Acri tuttavia poteva garantirsi la pace solo nel quadro di una tregua consentita dal sultano. Il papa, dopo la caduta di Tripoli, aveva proclamato una crociata che portò ad Acri alcuni combattenti; questi malmenarono dei contadini musulmani diretti al mercato e l'episodio offrì al sultano il pretesto per reclamare la consegna dei colpevoli. Il Maestro del Tempio non poté acconsentire a questa richiesta e l'armata egiziana si mosse verso Acri. Malgrado l'arrivo di truppe cipriote e la coraggiosa difesa che i Templari prolungarono ancora per alcuni giorni, la città cadde il 28 maggio 1291 dopo quaranta giorni di assedio. La popolazione, tranne coloro che riuscirono a trovare scampo fuggendo per mare, fu massacrata o ridotta in schiavitù e le mura di cinta furono smantellate.
Fonti e Bibliografia
Filippo da Novara, Guerra di Federico II in Oriente (1223-1242), a cura di S. Melani, Napoli 1994.
Cronaca del templare di Tiro: 1243-1314. La caduta degli stati crociati nel racconto di un testimone oculare, a cura di L. Minervini, ivi 2000.
B. Dichter, The Maps of Acre. An Historical Cartography, Acre 1973.
D. Jacoby, Crusader Acre in the Thirteenth Century, "Studi Medievali", ser. III, 20, 1979, pp. 1-45.
A. Boas, Some Reflections on Urban Landscapes in the Kingdom of Jerusalem, in Dei Gesta per Francos. Études sur les croisades dédiées à Jean Richard, a cura di M. Balard-B.Z. Kedar-J. Riley-Smith, Aldershot 2001, pp. 241-260.
D. Jacoby, The Fonde of Acre and his Tariff, ibid., pp. 279-294.
(traduzione di Maria Paola Arena)