ACCENTO, ACUTO O GRAVE
Gli accenti acuto e grave sono i due accenti grafici usati nell’italiano contemporaneo.
• L’accento acuto, posto sulle vocali e e o, indica che queste devono essere pronunciate chiuse
réte, mése, cómpito, giórno
• L’accento grave, nelle stesse condizioni, indica che quelle vocali devono essere pronunciate aperte
chièsa, còsa, bène, fuòri
Questo tipo di indicazioni, però, si trova solo nei dizionari o in altri testi che (per esigenze informative o didattiche) abbiano la necessità di indicare esplicitamente il timbro aperto o chiuso della e e della o che si trovano in sillaba accentata. Di solito l’uso dell’accento grafico all’interno di parola è molto raro: facoltativo e limitato a pochi casi di possibile ambiguità, come
pésca (= dal verbo pescare) / pèsca (= il frutto del pesco)
Nelle parole con l’ultima sillaba accentata, invece, l’accento grafico va indicato obbligatoriamente.
• Nel caso in cui la vocale finale sia e si possono trovare entrambi gli accenti:
– si deve usare l’accento acuto quando la vocale si pronuncia chiusa, come in né, sé e nei composti di che
perché, affinché, benché
nei composti di tre
ventitré, trentatré
nella 3a persona del passato remoto di alcuni verbi in -ere
poté, ripeté
e in qualche altro caso
viceré, nontiscordardimé
– si deve usare l’accento grave quando la vocale si pronuncia aperta
è, cioè, tè, caffè, bebè, Noè, karatè
• Nel caso in cui la vocale finale sia o, l’accento è sempre grave, perché in italiano la o finale accentata viene sempre pronunciata aperta
andò, farò, però, oblò
• Nel caso in cui la vocale finale sia a, i, u, l’accento è per convenzione sempre grave, anche se la pronuncia non è né aperta, né chiusa
libertà, sarà, partì, colibrì, però, menabò, più, tabù.
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