ADAMO
Nominato da Ottone I abate del monastero benedettino della Trinità (poi di S. Clemente) a Casauria, dovette subito rivolgere tutto il suo impegno alla ricostruzione del patrimonio monastico, già compromesso in maniera così grave da esser egli costretto a ricorrere all'aiuto di tre legati imperiali, Pietro, vescovo di Penne, Enrico ed Aldone, giudici imperiali. Questi, sulla base di un diploma di Ottone I, del 23 dic. 967 da Roma (il primo in cui sia ricordato A.), riuscirono ad ottenere che fosse reso al monastero tutto quanto era stato indebitamente sottratto. Riordinata quella situazione patrimoniale, A. fu, poco dopo, feudalmente investito dei beni riottenuti dal messo imperiale Itto; e il 1 maggio 968 otteneva ancora da Ottone I a Bovino una nuova conferma dei beni del monastero, dell'immunità e del diritto di costruire castelli ed edifici di ogni genere.
Naturalmente A. fu più volte costretto a difendere il patrimonio del monastero, come si legge nel Chronicon Casauriense,recuperando con la forza quanto non era stato ancora restituito: operò quindi contro un Gualtiero (Gavalterius), che aveva tolto la chiesa di S. Rustico (Penne), contro Lorenzo del territorio della Marsica ed altri usurpatori.
Nel settembre del 970, nel territorio di Marsi, A. partecipò ad un placito relativo al monastero di S. Vincenzo al Volturno e fu poi promotore di un altro placito (nello stesso luogo e con la stessa data), per dirimere un contrasto tra il monastero di Casauria e un certo Opterano che, secondo l'abate, aveva usurpato i beni del monastero a Furcone, e che venne provato, appunto, usurpatore; in numerosi altri placiti ancora riuscì a far trionfare il buon diritto del suo monastero.
Morto Ottone I, A. continuò a godere dell'appoggio imperiale: infatti, su richiesta dell'imperatrice Teofane, riceveva da Ottone II, con diploma del novembre 982 da Capua, il monastero di Farfa in amministrazione, con la conferma di beni del monastero medesimo e con l'incarico, sottinteso, di riordinare la situazione patrimoniale rovinata dalla malaccorta amministrazione dell'abate Giovanni III.
Contro questo fatto sembra essere l'affermazione del Chronicon Casauriense ad annum 987, in cui si dice che in quell'anno A. morì e non si accenna ad una sua carriera ulteriore. Certo, nel diploma di Ottone II, già ricordato, A. vi è nominato col titolo con cui compare come abate di Casauria.
A. operò a Farfa con la consueta energia; Giovanni III dovette perciò rifugiarsi a Roma presso suo fratello Azone, abate del monastero sull'Aventino, probabilmente anche per tentare una rivincita. Ma neanche A., a Farfa, riuscì ad affermare la sua autorità, non essendovi appoggiato dalla forza di Ottone II, che non poteva trattenersi nei pressi di Roma.
In una così difficile situazione A., che nel frattempo era stato nominato vescovo di Ascoli Piceno (fine 983), pur conservando l'amministrazione di Farfa, fu costretto ad addivenire con Giovanni III ad un compromesso, per cui avrebbe amministrato solo i beni farfensi nelle Marche, mentre Giovanni avrebbe tenuti quelli della Sabina, del territorio spoletino e della Tuscia.
Come vescovo A. si rese benemerito della sua Chiesa, facendo al capitolo una donazione che venne confermata da Ottone III in un suo diploma del 23 giugno 996 da Pistria. Sappiamo poi anche dal Chronicon di Farfa che A. con i beni dell'abbazia fondò il monastero di S. Benedetto in Sumati, riservando al vescovo il diritto di benedire l'abate ed una piccola rendita. Dopo tale data non sappiamo altro di lui.
Fonti e Bibl.: Destructio monasterii Farfensis,in Monumenta Germ. Hist., Scriptores,XI, Hannoverae 1854, pp. 538-540; Diplomata Othonis I, ibid., Diplomata regum et imperatorum Germaniae,I, Hannoverae 1879-1884, pp. 486, 512, 541, 543; Diplomata Othonis II, ibid.,II, 1, Hannoverae 1887, pp. 280, 334-335; Diplomata Othonis III, ibid.,II, 2, Hannoverae 1893, pp. 625-626; I placiti del "Regnum Italiae", a cura di C. Manaresi, II, I, Roma 1957, in Fonti per la Storia d'Italia,XCVI, nn. 162, 163, 166, 167, 174, 176, 177, 179, 182, 183, 184, 185, 188, 191, 197, 201, 202 rispettivamente alle pp. 91, 94,104, 108, 141, 146, 148, 157, 175, 177, 179, 181, 187, 194, 213, 221, 223. Per un quadro generale dell'attività di A., cfr. M. Uhlirz, Die italienische Kirchenpolitik der Ottonen,in Mitteilungen des österreichischen Instituts für Geschichtsforschung,XLVIII (1934), pp. 201-321 e specialmente alle pp. 216-217, 252-253, 282. Si vedano inoltre I. Schuster, L'imperiale abbazia di Farfa,Roma 1921, pp. 110 ss.; V. Bartoccetti, Serie dei vescovi delle diocesi marchigiane,in Studia Picena,XII (1936), p. 113; A. L. Palazzi Caluori, I monaci di Farfa nelle Marche (Il presidato farfense),Ancona 1957, pp. 45-47.