Hitler, Adolf
Il più tragico esempio di tirannide moderna
Adolf Hitler è stato tra le maggiori figure del Novecento. Fu al potere in Germania per soli dodici anni, dal 1933 al 1945, ma la portata delle sue azioni fu tale da segnare in maniera sconvolgente la storia mondiale. Suo scopo era la costruzione di un regno millenario avente il suo centro nella Germania e fondato sul dominio della razza eletta, gli ariani. Hitler, che considerava gli ebrei come una razza nemica da cancellare e le 'razze inferiori' come popolazioni da sottomettere, perseguì i propri scopi con la massima determinazione fino alla totale disfatta dei suoi piani. Costituì la massima incarnazione del tiranno moderno e dell'ideologo fanatico
Nato a Braunau, in Austria, nel 1889 nella famiglia di un piccolo funzionario, Hitler ancora adolescente si trasferì a Vienna. Qui, costretto a lavori manuali per sopravvivere, appassionato di disegno e di musica e animato dal proposito di diventare un grande architetto, reagì alla crisi dell'Impero multinazionale degli Asburgo sognando l'unificazione dell'Austria con la Germania. Divenne un acceso antisemita e antimarxista. Quando scoppiò la Prima guerra mondiale nel 1914 si arruolò nell'esercito tedesco, divenne caporale e fu decorato.
Visse la sconfitta degli imperi centrali come una tragedia personale, attribuendone la responsabilità ai traditori socialisti ed ebrei in combutta con il nemico. Crollato l'impero in Germania alla fine del 1918, Hitler considerò la nuova repubblica democratica nata a Weimar con la più profonda avversione.
Nel dopoguerra divenne a Monaco un attivo propagandista politico al soldo di ambienti militari reazionari e leader del National-sozialistische deutsche Arbeiterpartei ("Partito operaio tedesco nazionalsocialista", nazionalsocialismo), che nel 1921 organizzò le SA (Sturm Abteilungen "squadre d'assalto"), gruppi da scatenare anzitutto contro socialisti e comunisti. Hitler dimostrò subito eccezionali qualità di agitatore, capace di infiammare gli ascoltatori con i suoi discorsi che esortavano al riscatto nazionale contro i liberali, i democratici, i socialisti, gli ebrei, accusati di aver venduto la patria alle potenze vincitrici. Tra l'8 e il 9 novembre 1923 col generale E. Ludendorff guidò a Monaco un colpo di Stato che fallì miseramente. Imprigionato, in carcere scrisse il testo fondamentale del nazismo, il Mein Kampf ("La mia battaglia", 1925), nel quale diede un'esposizione sistematica del suo pensiero antidemocratico, antimarxista, razzista e antisemita. Egli sosteneva la necessità di costruire il Terzo Reich ("impero") millenario con una guerra vittoriosa diretta a soggiogare la Francia, distruggere la Polonia e l'Unione Sovietica e a trasformare l'Est europeo, abitato in maggioranza da Slavi destinati a costituire un popolo di contadini-servi, nello spazio vitale necessario a fornire all'impero ariano le indispensabili risorse agrarie.
Uscito di prigione, nel 1925 Hitler ricostituì il disciolto Partito nazista, di cui divenne il capo assoluto, il Führer, attorniato da Hermann Göring, i fratelli Otto e Gregor Strasser, Rudolf Hess, Alfred Rosenberg, Paul J. Goebbels e Ernst Röhm.
Nella seconda metà degli anni Venti, che videro il sistema democratico rafforzarsi e l'economia migliorare, il Partito nazista rimase ai margini. Ma, per gli effetti della grande crisi economica del 1929 abbattutasi in maniera rovinosa sulla Germania, i Partiti comunista e nazista presero a svilupparsi impetuosamente. In un contesto di acutissimi conflitti politici e sociali, Hitler ottenne il consenso crescente dei grandi proprietari terrieri, degli industriali, dell'esercito, dei ceti medi spaventati dal pericolo comunista, di masse di lavoratori, promettendo agli uni la restaurazione dell'ordine e agli altri l'avvento di un socialismo nazionale che li avrebbe liberati dallo sfruttamento dei capitalisti ebrei.
Alle elezioni del 1932 i nazisti diventarono il maggiore partito, ottenendo (luglio) il 37,4% dei voti, scendendo però in quelle successive (novembre) al 31,1. Il 30 gennaio 1933 il presidente della Repubblica Paul Hindenburg nominò Hitler cancelliere (capo del governo). Molte delle forze che lo avevano sostenuto si illudevano che Hitler fosse una soluzione transitoria.
Divenuto cancelliere, nel 1933-34 Hitler gettò le basi del suo potere assoluto. Distrusse le istituzioni parlamentari, eresse il Partito nazista a partito unico, sciolse le organizzazioni sindacali non naziste, iniziò una sistematica persecuzione degli oppositori, specie socialdemocratici e comunisti. Un'ondata di terrore, messa in atto dalle SA guidate da Röhm e dalle SS (Schutz Staffeln "squadre di difesa", sorte come guardia personale di Hitler), di cui divenne capo Heinrich Himmler. La struttura federale del Reich fu cancellata e l'intero paese sottoposto al governo centrale. Venne creata la Gestapo, un'onnipotente polizia segreta di Stato. Per consolidare il consenso dei militari e dei capitalisti, nel 1934 Hitler fece liquidare dalle SS Röhm e i capi dell'ala sinistra del nazismo, che assegnavano alla rivoluzione nazista finalità anticapitalistiche. Dopo la morte di Hindenburg in quello stesso anno, Hitler assunse anche i poteri di capo dello Stato.
Tra il 1933 e il 1939 la società tedesca venne nazificata, assumendo i tratti di un sistema totalitario (totalitarismo) sottoposto al volere di un capo assoluto. A partire dal 1935 gli ebrei furono considerati 'soggetti' privi dei diritti di cittadinanza, espulsi dal lavoro, largamente espropriati, accusati di ogni colpa, arrestati a migliaia e talora uccisi (ma Hitler non aveva ancora deciso il loro sterminio). Tre furono i fattori che rafforzarono rapidamente il consenso intorno a Hitler: la rapida ripresa dell'economia tedesca, tanto che nel 1939 la disoccupazione era scomparsa; gli incredibili successi in campo internazionale; la rinascita della potenza militare nazionale.
Nel 1936 Hitler fece rioccupare militarmente la regione della Renania, senza reazione dei Francesi, e intervenire forze tedesche nella guerra civile spagnola; nel 1938 invase prima l'Austria, unendola alla Germania, poi annesse i Sudeti, una regione della Cecoslovacchia dove abitavano circa tre milioni di Tedeschi. I capi di Stato di Francia, Gran Bretagna e Italia, riuniti nella Conferenza di Monaco del settembre 1938, accettarono le richieste di Hitler autorizzando di fatto la distruzione della Cecoslovacchia.
Oggetto di uno sfrenato culto della personalità, Hitler venne allora considerato dalla maggioranza dei Tedeschi come l'uomo più grande della loro storia.
Alleatosi con Italia e Giappone, Hitler era ormai deciso ad attuare i suoi piani con una nuova guerra. Stretto nell'agosto 1939 un patto con Stalin per avere le spalle coperte a est, in settembre attaccò la Polonia (guerra mondiale, Seconda), provocando l'intervento di Francia e Gran Bretagna. A quella della Polonia seguì nel 1940 la sconfitta della Francia. Convinto di essere imbattibile, nonostante la resistenza degli Inglesi, nel 1941 Hitler decise di attaccare l'Unione Sovietica, ottenendo inizialmente grandi vittorie. Dichiarò guerra anche agli Stati Uniti.
Ma a partire dalla fine del 1942 la sorte cambiò sempre più decisamente. Gli eserciti alleati presero il sopravvento. Nel 1944 gli Angloamericani sbarcarono in Normandia, i Sovietici presero ad avanzare senza sosta, fino a che la Germania non fu costretta alla resa nel maggio 1945.
Quando ancora era al vertice dei suoi successi, Hitler aveva deciso la soluzione finale del problema ebraico: la politica dello sterminio che portò all'olocausto (Shoah) degli ebrei, uccisi in massa (tra i 5 e i 6 milioni). Profilandosi la disfatta tedesca, Hitler, sopravvissuto a un attentato nel luglio del 1944, impose la resistenza a oltranza, arrivando a esprimere disprezzo per i Tedeschi rivelatisi non all'altezza dei loro compiti storici. Per sfuggire alla cattura, si uccise con la moglie Eva Braun a Berlino il 30 aprile 1945.