guerra mondiale, Seconda
La sconfitta del nazismo e del fascismo
La Seconda guerra mondiale è stata il più grande e disastroso conflitto della storia umana. Durò quasi sei anni, dal 1939 al 1945, e provocò enormi devastazioni umane e materiali. Fu combattuta da un insieme assai ampio di Stati stretti attorno alla Germania, all'Italia e al Giappone da un lato, e alla Gran Bretagna e poi (a partire dal 1941) agli Stati Uniti e all'Unione Sovietica dall'altro, che risultarono infine le potenze vincitrici. Ancor più della Prima guerra mondiale fu una vera e propria guerra totale. La sua conclusione, con il bombardamento atomico del Giappone, segnò l'inizio di una nuova era delle relazioni internazionali, caratterizzata dall'egemonia bipolare degli Stati Uniti e dell'Unione Sovietica
La Seconda guerra mondiale ebbe inizio il 1° settembre 1939 con l'invasione della Polonia da parte della Germania di Hitler e terminò tra il maggio e il settembre del 1945 con la completa occupazione della Germania da parte delle truppe angloamericane e sovietiche e con il bombardamento atomico delle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki da parte degli Stati Uniti.
Le premesse di questo conflitto ‒ che provocò oltre 50 milioni di morti e immense distruzioni ‒ sono riconducibili per diversi aspetti ai duri equilibri che le potenze vincitrici imposero alle potenze sconfitte, e in particolare alla Germania, all'indomani della Prima guerra mondiale (1914-18).
Le cause vere e proprie della guerra vanno tuttavia ricercate nella politica aggressiva, espansionistica e militaristica che la Germania nazista, l'Italia fascista e quindi il Giappone imperiale misero in atto nel corso degli anni Trenta in Europa e in Asia. Questa politica maturò senza che Gran Bretagna e Francia riuscissero a costruire un'efficace strategia di contenimento della Germania hitleriana, la quale, con l'Asse Roma-Berlino (ottobre 1936), con il Patto anti-Comintern (novembre 1936) e con il Patto d'acciaio (maggio 1939) riuscì a rinsaldare definitivamente l'alleanza con l'Italia e il Giappone.
La Seconda guerra mondiale fu una guerra totale ancor più della guerra del 1914-18. Essa fu combattuta su tutti i continenti ‒ per terra, in mare e nei cieli ‒ con una spettacolare mobilitazione di uomini e mezzi. Fu condizionata, e in ultima analisi decisa, dalla potenza industriale ed economica degli Stati belligeranti. In essa giocò un ruolo essenziale la mobilitazione delle opinioni pubbliche attraverso forme diverse di propaganda, dalla stampa alla radio. Due dati segnarono per molti aspetti un salto di qualità rispetto alla Prima guerra mondiale. Il primo fu il coinvolgimento della popolazione civile nel conflitto attraverso i bombardamenti aerei delle città, i rapidi spostamenti dei fronti, l'occupazione militare, la guerra partigiana. Il secondo fu il netto carattere ideologico che la guerra venne ad assumere. Essa, infatti, divenne assai presto una lotta all'ultimo sangue tra due mondi radicalmente contrapposti: quello delle potenze nazifasciste e del Giappone, decise a instaurare un nuovo ordine mondiale fondato sui principi della forza, della gerarchia e della razza, e quello delle potenze alleate, la Gran Bretagna, gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica.
Il primo conflitto mondiale aveva visto il sempre maggior uso di mezzi meccanizzati e dell'aviazione nelle operazioni militari. Nel periodo tra le due guerre si proseguì sulla stessa strada. Venne anzitutto perfezionato il carro armato, sul cui utilizzo però gli Stati maggiori ebbero visioni divergenti. Per i Francesi e gli Inglesi il mezzo doveva costituire da appoggio per le fanterie, per i Tedeschi invece doveva divenire strumento d'attacco. Si organizzarono così in Germania divisioni corazzate, formate da mezzi di stazza e di armamento diversi, da utilizzare in modo coordinato per sfondare le linee nemiche.
A rafforzare l'efficacia di tali divisioni sempre i Tedeschi si dotarono di un'efficiente aviazione di attacco al suolo e da caccia. Costruirono a tal fine gli Stukas, che erano aeroplani efficacissimi in picchiata, capaci di sganciare a distanza ridottissima dal bersaglio bombe da 500 kg o 1 t. Anche il Giappone, che si proponeva la costituzione di un vasto impero asiatico, curò un'analoga evoluzione delle forze aeree. In Gran Bretagna, negli anni Trenta, si allestirono invece aerei utili al bombardamento strategico. Bombardieri quadrimotori che dovevano agire in massa, per distruggere a terra il potenziale bellico del nemico, trasportando ciascuno un carico di 2 o 3 t di ordigni.
In campo marittimo vennero soprattutto sviluppate le portaerei. Fu con sei di questi mezzi, che imbarcavano quasi 400 aerei, che i Giapponesi portarono l'attacco alla flotta statunitense nel dicembre 1941. Gli Inglesi concepirono invece le portaerei non come strumento d'attacco ‒ per questo utilizzavano le corazzate ‒ ma come mezzo utile a fornire una protezione alla flotta. All'avanguardia nelle strategie di guerra sottomarina, i Tedeschi elaborarono la tattica "a branco di lupi". I sommergibili furono addestrati a infiltrarsi in navigazione sommersa sotto i convogli nemici. Riemergevano poi fra questi all'improvviso e li colpivano con i cannoni, mentre i siluri venivano adoperati solo contro le navi da guerra più munite o contro le petroliere. Lo sviluppo condotto dagli Inglesi dei sistemi di rilevamento acustico dei sottomarini li portò infine a prevalere definitivamente (a partire dal maggio 1943) su questo genere di minaccia.
Come già detto, la guerra ebbe inizio il 1° settembre 1939 con l'invasione tedesca della Polonia. Pochi giorni prima, il 23 agosto, la Germania di Hitler e l'Unione Sovietica di Stalin, nonostante la radicale ostilità che opponeva i due regimi, avevano siglato un patto di non-aggressione che rispondeva all'esigenza dei Tedeschi di evitare un conflitto su due fronti e a quella dei Sovietici di evitare un possibile confronto immediato con la Germania. Il patto nazisovietico, ispirato a un crudo realismo, conteneva un protocollo segreto con il quale le due potenze si accordavano su obiettivi bellici comuni, a danno soprattutto della Polonia. È nel quadro di questo accordo che presero avvio le ostilità.
Il conflitto si protrasse per circa otto mesi, senza alcun intervento significativo di Gran Bretagna e Francia (che pure avevano immediatamente dichiarato guerra ai Tedeschi), con la duplice avanzata della Germania e dell'Unione Sovietica sul fronte orientale e nell'Europa settentrionale.
Il 10 maggio 1940 Hitler si volse contro la Francia, che nel giugno fu completamente sconfitta e in gran parte occupata. Nelle regioni non occupate dai Tedeschi fu instaurato il governo collaborazionista del maresciallo P. Pétain. Hitler tentò quindi, con l'operazione Leone marino, di invadere la Gran Bretagna. Fu tuttavia costretto a rinunciare all'impresa già nel settembre 1940 di fronte all'insuperabile resistenza britannica, che ebbe nel primo ministro Winston Churchill il suo più energico artefice. Nel frattempo, il 10 giugno 1940, quando la Francia stava ormai per crollare, era entrata in guerra l'Italia di Mussolini. Nei mesi successivi essa condusse una guerra parallela contro i Britannici in Africa e in Grecia. In entrambi i casi andò incontro al fallimento, fino a quando non intervenne direttamente la Germania, a cui Mussolini finì per subordinarsi del tutto.
La Germania attaccava in forza il nemico con uso di divisioni meccanizzate appoggiate dall'aviazione e in particolare dagli aerei concepiti per l'attacco al suolo. Con l'ausilio anche di divisioni di paracadutisti e di fanteria aerotrasportata, i Tedeschi piegarono l'Olanda in cinque giorni, il Belgio in diciotto, la Francia in quaranta pur potendosi avvalere di truppe numericamente inferiori a quelle degli oppositori. Era la "guerra lampo", o Blitzkrieg.
La stessa strategia, applicata dalla Germania anche nei Balcani con analogo successo, non avrebbe però funzionato nell'attacco contro l'Unione Sovietica. Qui, data la vastità del teatro delle operazioni, la strategia della guerra lampo fallì. I 600.000 autocarri che avrebbero dovuto assicurare i rifornimenti ai 3.200.000 soldati impiegati nell'invasione non bastarono e le truppe arrivarono sfinite alle porte di Mosca. L'espansione tedesca si bloccò definitivamente e il mito dell'invincibilità della Germania si infranse.
Tra il 1941 e il 1942 il conflitto ebbe decisivi sviluppi. Nel giugno del 1941 Hitler pose fine all'alleanza tra la Germania e l'Unione Sovietica e, come è stato accennato sopra, attaccò quest'ultima con la speranza di liquidare l'avversario con una guerra lampo. L'operazione Barbarossa, tuttavia, fallì: i Tedeschi, infatti, riuscirono a penetrare in profondità nel territorio russo, ma i Sovietici diedero inizio a una lunga guerra di logoramento che fu favorita dal sopraggiungere dell'inverno. Nel frattempo, nel dicembre del 1941, dopo l'attacco giapponese a Pearl Harbor, gli Stati Uniti di Roosevelt ‒ dapprima neutrali ‒ entrarono in guerra. Ebbe inizio così la guerra del Pacifico, nella quale i Giapponesi colsero inizialmente importanti successi. Nel 1942 i paesi dell'Asse erano al culmine della propria potenza e controllavano immensi territori, dove iniziarono a dare sostanza al nuovo ordine da esse teorizzato (in Europa ebbe inizio il dramma dello sterminio degli ebrei, Shoah). Tra il 1942 e il 1943, tuttavia, le sorti della guerra iniziarono a mutare. In questa svolta ebbe un ruolo decisivo e nello stesso tempo altamente simbolico la battaglia di Stalingrado tra il luglio 1942 e il febbraio 1943. Con essa, infatti, ebbe inizio la controffensiva dei Sovietici. Negli stessi mesi Italia e Germania subirono pesanti sconfitte in Africa, mentre i Giapponesi venivano contenuti dagli Stati Uniti nel Pacifico. La caduta del fascismo in Italia nel luglio del 1943 e poi l'armistizio proclamato dal generale Badoglio nel settembre crearono una difficile situazione nel paese: l'esercito si disgregò e il governo si trasferì nel Sud, mentre i Tedeschi occuparono le regioni centro-settentrionali, dove nacque la Repubblica sociale italiana. Ebbe quindi inizio in Italia la Resistenza, già divenuta un fenomeno europeo.
Alla fine del 1943 Churchill, Roosevelt e Stalin decisero di aprire un secondo fronte in Europa. Di qui lo sbarco in Normandia nel giugno 1944, a cui fece seguito, poco dopo, la liberazione della Francia e del Belgio. A sostenere la controffensiva alleata era in atto da tempo una massiccia offensiva aerea che aveva per obiettivo il territorio tedesco. I danni inflitti dai 6.000 bombardieri pesanti operanti dall'Inghilterra e dalle basi in Italia meridionale distrussero infrastrutture e fiaccarono la popolazione. Tra le macerie delle città colpite morirono più di 630.000 civili tedeschi e i feriti gravi si contarono in più di un milione.
Tra la fine del 1944 e l'aprile del 1945, quando anche l'Italia venne liberata, la Germania fu invasa a ovest dagli Angloamericani e a est dai Sovietici. La battaglia di Berlino (19 aprile-2 maggio), il suicidio di Hitler (30 aprile) e l'armistizio di Reims (7 maggio) posero fine alla guerra in Europa. Continuò ancora qualche mese, invece, il conflitto con i Giapponesi, che resistevano strenuamente, ricorrendo anche ai kamikaze. La guerra col Giappone si concluse in modo drammatico, con il lancio di due bombe atomiche (armi atomiche e nucleari) su Hiroshima e Nagasaki, il 6 e il 9 agosto 1945. Gli effetti di questo bombardamento furono sconvolgenti. Il Giappone capitolò immediatamente ed ebbe davvero fine la Seconda guerra mondiale. Mentre era ancora in corso il conflitto, le potenze alleate affrontarono ‒ nelle tre conferenze di Teheran (novembre-dicembre 1943), di Jalta (febbraio 1945) e di Potsdam (luglio-agosto 1945) ‒ la questione della sistemazione politico-territoriale del mondo dopo la sconfitta delle potenze nemiche. Furono poste in tal modo le premesse per la divisione del mondo in sfere di influenza, che sancì di fatto l'egemonia ormai incontrastata degli Stati Uniti e dell'Unione Sovietica. Aveva così inizio l'epoca del bipolarismo.
Il secondo conflitto mondiale causò una carneficina immane. Le vittime sono state calcolate per difetto in circa 50 milioni. I Sovietici persero almeno 20 milioni di uomini e donne, tra civili e militari; i Tedeschi 3.500.000 di soldati e ancor più civili; i Giapponesi 1.300.000 soldati, più diverse centinaia di migliaia di civili vittime anche dei due attacchi nucleari. Cifre spaventose che, unite alla paura del potenziale distruttivo garantito dagli armamenti nucleari, ha tenuto lontano il Pianeta dal ripetersi di una simile tragedia.