Benito Mussolini
Il duce del fascismo
Benito Mussolini ha dominato la storia italiana per oltre un ventennio, dal 1922 al 1945. Divenuto, negli anni del suo potere, una delle figure centrali della politica europea e anche mondiale, ha incarnato con Stalin e Hitler il tipo del dittatore moderno. Il movimento da lui fondato, il fascismo, da italiano diventò un fenomeno internazionale, a cui è stata assimilata genericamente una serie di regimi autoritari e dittatoriali antidemocratici e antimarxisti, tra i quali il nazismo
Benito Mussolini nacque nel 1883 a Dovia di Predappio, in Romagna, da un fabbro socialista e una maestra elementare. Preso nel 1901 il diploma magistrale, nel 1902 emigrò in Svizzera. Divenuto socialista, iniziò a collaborare a fogli socialisti e anarchici. Alla fine del 1904 tornò in Italia, decidendo infine di darsi professionalmente all’attività di agitatore e giornalista. Il suo pensiero, improntato al primato dell’azione e della volontà, si nutriva, in maniera composita, del pensiero di Karl Marx, del sindacalista rivoluzionario Georges Sorel, dei filosofi Henri L. Bergson e Friedrich Nietzsche. Egli faceva pubblica affermazione di ateismo e anticlericalismo.
Nel 1911 fu in prima fila nell’opposizione alla guerra di Libia. Nel 1912 prese parte al congresso socialista di Reggio Emilia, contribuendo in maniera determinante a espellere dal partito i riformisti. Nominato direttore dell’Avanti!, impresse al quotidiano un indirizzo improntato a posizioni estremistiche antimonarchiche e antimilitaristiche, dimostrando brillanti qualità di polemista e giornalista.
Scoppiata la Prima guerra mondiale nel 1914, nel periodo in cui l’Italia era ancora neutrale Mussolini divenne via via un sostenitore sempre più acceso dell’intervento, per cui fu espulso dal Partito socialista. In novembre, con finanziamenti ottenuti da interventisti italiani e francesi, fondò Il popolo d’Italia, un quotidiano che però portava ancora la denominazione di «socialista». Nel 1915 venne richiamato, restando nell’esercito fino al 1917, quando fu congedato per una ferita. Tornò quindi a dirigere il suo giornale che, a indicare l’abbandono del socialismo e il nuovo indirizzo nazionalistico, venne presentato come «quotidiano dei combattenti e dei produttori».
Finita la guerra, in un quadro di grave crisi del paese, mentre le masse lavoratrici in maniera crescente si orientavano verso il Partito socialista che invocava la rivoluzione o verso il Partito popolare cattolico, Mussolini cercò un proprio spazio.
Nel marzo 1919 a Milano diede vita ai Fasci di combattimento, con un programma che accomunava rivendicazioni democratiche, riforme sociali anche radicali, posizioni di acceso nazionalismo. Il movimento ebbe inizialmente uno scarso successo. Allora Mussolini cambiò linea. Divenuto un deciso nemico dei socialisti, trasformò il fascismo e le sue camicie nere in una forza di attacco – che ricorreva a mezzi violenti – contro le organizzazioni socialiste e cattoliche e i sindacati, in appoggio prima agli agrari e poi, dopo l’occupazione delle fabbriche nel 1920, agli industriali, dei quali conquistò un sempre maggiore consenso in un clima di guerra civile.
Nel maggio 1921 Mussolini e una trentina di altri esponenti fascisti vennero eletti alla Camera dei deputati. Il movimento si trasformò in quello stesso anno in Partito nazionale fascista. Il Partito liberale, al governo ma via via più debole, riteneva di poter utilizzare la violenza fascista per stroncare il ‘pericolo rosso’, in attesa del ritorno a una normalità da esso gestita. Ma Mussolini era ormai deciso a puntare al potere.
Dopo la marcia su Roma delle camicie nere, il 28 ottobre 1922 re Vittorio Emanuele III – che con gran parte della borghesia, della classe dirigente liberale e dei vertici militari desiderava un governo in grado di restaurare l’autorità dello Stato – affidò a Mussolini l’incarico di formare il governo. Giunto al potere col sostegno di liberali e popolari, tra il 1922 e il 1925 il leader fascista mise in atto una linea autoritaria, reprimendo le opposizioni. Nel 1923 le bande armate furono riorganizzate nella Milizia volontaria per la sicurezza nazionale (MVSN), il Partito fascista si fuse con il Partito nazionalista e venne approvata la legge Acerbo, intesa a dare ai fascisti la maggioranza assoluta alla Camera.
Le elezioni dell’aprile 1924, svoltesi in un quadro di sistematiche violenze, conseguirono lo scopo. Il 10 giugno il leader socialista Giacomo Matteotti, che aveva chiesto l’annullamento delle elezioni in quanto condotte fuori della legalità, fu assassinato. Mussolini reagì alla crisi che ne seguì dando inizio alla liquidazione dello Stato liberale e alla costituzione della dittatura del fascismo, di cui era il duce indiscusso. Nel 1925-26, assunti nella propria persona tutti i poteri, fece varare le «leggi fascistissime»: la costituzione liberale fu distrutta, le libertà politiche e civili eliminate, il Parlamento reso uno strumento del nuovo regime.
Un grande successo per Mussolini fu la firma nel 1929 dei Patti lateranensi, che sancirono la conciliazione, ovvero la fine del conflitto tra lo Stato e la Chiesa che aveva le sue radici nel Risorgimento.
Negli anni Trenta il dittatore era più che mai saldo al potere e oggetto di un vero e proprio culto della personalità. Godeva del consenso della monarchia, della classe dirigente, dei ceti medi e della Chiesa. Ma il suo proposito di costituire uno Stato totalitario, vale a dire totalmente assoggettato al partito unico e alla sua persona, era limitato dal potere della monarchia e dall’influenza della Chiesa. Comunque, la società italiana si trovava sotto il pieno controllo di Mussolini e del regime, che volevano fare dell’Italia una grande potenza imperialistica, una nazione guerriera ispirata alla grandezza dell’antica Roma. Il duce sognava un nuovo Impero Romano, ma le risorse del paese e del regime non si sarebbero mostrate all’altezza di simili ambizioni.
Nel 1935-36 l’Italia, condannata dalla Società delle Nazioni da cui uscì, conquistò l’Etiopia; di conseguenza fu proclamato l’Impero. Nel 1936-39 intervenne nella guerra civile spagnola, contribuendo alla vittoria del generale Francisco Franco. Mussolini proclamò che il Novecento sarebbe stato il secolo del trionfo epocale del fascismo. Prima con l’Asse Roma-Berlino (1936), poi con il Patto d’acciaio (1939), l’Italia legò formalmente le proprie sorti alla Germania di Hitler e al Giappone. Nel 1938 Mussolini fece approvare le leggi razziali e alla conferenza di Monaco appoggiò Hitler nei suoi propositi di distruzione della Cecoslovacchia.
Scoppiata la Seconda guerra mondiale nel settembre 1939, Mussolini dapprima ne tenne fuori l’Italia, ma il 10 giugno del 1940, ritenendo sicura la vittoria tedesca, decise l’intervento. L’impreparazione italiana divenne subito palese con un susseguirsi di sconfitte, tanto che, perduto anche il consenso del re e di parte dei maggiori capi fascisti, il 25 luglio 1943 il regime crollò. Mussolini fu fatto arrestare dal re. L’8 settembre all’annuncio dell’armistizio con le potenze alleate, seguì il disfacimento dell’esercito. Liberato dai Tedeschi, Mussolini si pose a capo, nell’Italia occupata dai nazisti, della Repubblica sociale italiana, che operò agli ordini dei nazisti impegnandosi nella repressione della resistenza dei partigiani. Arrestato a Dongo dai partigiani nei giorni della Liberazione mentre tentava la fuga in Svizzera, travestito da soldato tedesco, fu giustiziato a Giulino di Mezzegra il 28 aprile 1945. Il suo corpo venne esposto a piazzale Loreto, a Milano, nel luogo dove erano stati ammazzati diversi partigiani.