AFRICA ORIENTALE ITALIANA (App. I, p. 62)
ITALIANA In seguito alle operazioni militari della seconda Guerra mondiale (v. appresso) le truppe britanniche hanno instaurato nei territorî dell'A. O. I. un'amministrazione militare in Eritrea e Somalia, mentre l'Etiopia è stata ripristinata quale stato indipendente. Con la occupazione è cessata l'organizzazione unitaria dell'Etiopia, Eritrea e Somalia e la loro ripartizione in cinque governi e un governatorato (Addis Abeba). Le caratteristiche fisiche, umane ed economiche, per quanto concerne i risultati di un quinquennio di amministrazione italiana, sono illustrate in questa App., alle voci eritrea; etiopia; somalia. Il governo etiopico ha in parte mantenuto l'organizzazione economico-amministrativa italiana e ha richiesto a molti italiani di continuare il lavoro intrapreso. Anche in Eritrea e Somalia per molti lati dell'amministrazione e in molti settori economici, gli Italiani sono rimasti attivi.
Storia (App. I, p. 62).
Questioni giuridiche relative all'annessione italiana. - L'annessione dell'impero di Etiopia all'Italia (v. anche italia: Storia; italo-etiopica, guerra, in App. I, pp. 62, 754, 763), proclamata il 9 maggio 1936, sollevò importanti questioni di diritto internazionale. In un primo periodo il riconoscimento giuridico di tale annessione fu immediatamente preceduto dalla stipulazione di accordi speciali, che estendevano all'Etiopia -non senza modifiche -i trattati vigenti tra l'Italia ed il paese che riconosceva l'annessione. Così fu fatto per la Germania nell'ottobre 1936 ed il Giappone nel dicembre 1936. Successivamente, ai primi del 1937, il governo italiano fece conoscere che non avrebbe più accettato a Roma rappresentanti diplomatici di stati esteri, le cui credenziali non fossero intestate al "re d'Italia imperatore di Etiopia", intendendo così con tale atto risolta la questione senza richiedere altro riconoscimento formale esplicito. Tale dichiarazione, che in principio avrebbe voluto, sia pure maldestramente, facilitare la situazione, ebbe invece gravi conseguenze politiche, perché molte nazioni - particolarmente la Gran Bretagna, la Francia e gli stati americani in gran parte - si astennero dal sostituire e in molti casi dal nominare loro rappresentanti a Roma per evitar di accettare la formula italiana. Non fu accolta nemmeno la proposta del Chile, che aveva riconosciuto nel dicembre 1936 l'annessione dell'Etiopia, secondo la quale l'intestazione delle credenziali, per quanto concerne il titolo del sovrano destinatario, poteva essere fatta secondo il cerimoniale in uso nello stato destinatario stesso, senza che ciò implicasse alcuna ammissione giuridica. La conseguenza immediata di tale disputa fu un rallentamento anche formale, durato oltre due anni, delle relazioni con i paesi occidentali. Dopo la crisi cecoslovacca e il convegno di Monaco del settembre 1938, infine, la Gran Bretagna accettò la tesi italiana sulla nuova intestazione delle credenziali ed in tale forma riconobbe, il 16 novembre 1938, l'annessione dell'Etiopia all'Italia, seguita dalla Francia (19 novembre).
Conseguenze politiche e sociali del regime italiano in Etiopia. - L'amministrazione italiana dell'Etiopia, durata cinque anni dal 1936 al 1941, ha avuto pure una profonda influenza nella situazione interna di quel paese. Anzitutto la struttura politica dell'impero etiopico, quale era risultata dalle conquiste fatte dal 1882 al 1897 dal negus Menelik II nei paesi Galla, Sidama e Somali dell'ovest e del sud, era fondata sulla preminenza politica, sociale ed economica delle popolazioni abissine sulle altre recentemente annesse. Inversamente, il regime italiano fu fondato sulla parità tra le varie popolazioni, ognuna entro i suoi tradizionali limiti geografici e storici. Questa nuova costituzione poneva paesi particolarmente evoluti, come lo Harar, o ricchi di possibilità economiche, come il Gimma ed il Caffa, in una situazione di rinnovata vitalità. Essa fu tuttavia applicata in modo da evitare spostamenti di popolazioni, restando così i nuclei di coloni militari abissini nei paesi stessi già da loro occupati, ma con pari diritti delle genti locali.
Inoltre, dal punto di vista sociale, la struttura del feudalesimo etiopico fu formalmente abolita. Ora già il negus Hāyla Sellāsē aveva, negli anni precedenti, ripreso la tradizionale politica della corona etiopica a limitazione dei poteri dei grandi feudali, e tale sua opera gli aveva dato notevoli successi. Ma la partenza dall'Etiopia di alcuni dei maggiori rās nel 1936, ed il passaggio di tutti gli altri dai loro comandi territoriali alla carica di consiglieri del governo generale di Addis Abeba, costituì una soluzione ben più radicale. Essa, per la prima volta, portò effettivamente il potere in una ammimistrazione centrale e l'esercizio locale di tale potere nelle mani di notabili dei varî distretti, non più agenti iure proprio nel sistema feudale, ma come ufficiali stipendiati dell'amministrazione.
Non lievi conseguenze ebbe anche nella stessa situazione politica del paese la costruzione della vasta e complessa rete stradale, che rese più agevole l'affermazione del potere centrale in ogni regione del territorio etiopico. Questi fatti, insieme con l'abolizione della schiavitù, posero in nuovi termini il problema dell'Etiopia.
Operazioni militari durante la seconda Guerra mondiale. - Le forze italiane in Etiopia all'atto della dichiarazione di guerra alla Gran Bretagna e alla Francia assommavano a 86.000 nazionali (inclusi CC. RR.; guardia di finanza; MVSN; PAI; aviazione e marina) e 200 mila coloniali - governatore e comandante superiore: Amedeo di Savoia duca d'Aosta; capo di stato maggiore gen. Trezzani.
Le operazioni militari ebbero inizio da parte italiana nel mese di luglio 1940 con l'occupazione di Cassala e Gallabat alla frontiera col Sudan, e del saliente di Madera alla frontiera col Kenya.
In agosto gl'Italiani occuparono il Somaliland britannico (Berbera veniva occupata il 19 sera). Conquistato il Somaliland venne scartato ogni altro progetto offensivo per non incidere ulteriormente sulle già scarse riserve. La controffensiva britannica, preceduta in novembre e dicembre da incursioni a nord di Cassala, a Gallabat e El Uach, si iniziava nel gennaio 1941 quasi contemporanea in Eritrea e in Somalia mentre gli Australiani dell'8ª armata entravano in Tobruch.
In Eritrea (gen. Frusci) nell'imminenza dell'attacco le truppe del settore di Cassala venivano arretrate. Il nemico, accortosi tardi del movimento, le inseguiva il 19 con mezzi meccanizzati. Dal 26 al 31 la lotta si svolgeva accanita a Barentù e Agordat; il 1° febbraio carri armati di grosso tonnellaggio britannico penetravano nelle linee italiane a sud di Agordat; il comando supremo ordinava il ripiegamento su Cheren. Dal 3 al 13 febbraio le forze britanniche non riuscivano a scardinare le nuove posizioni italiane. Per oltre un mese la lotta si limitava poi a piccole azioni locali. Si riaccese il 15 marzo e per 12 giorni infuriò su tutto il fronte. Il dominio della stretta di Dongolas, conseguito dal nemico, imponeva nella notte sul 27 il ripiegamento da Cheren. Superata dall'avversario un'ultima resistenza nella zona di Ad Teclasan, Asmara veniva ceduta il 1° aprile quale città aperta. Il 3, forze motorizzate britanniche raggiungevano Adigrat. Poche forze italiane riuscite a portarsi al sud si raccoglievano sull'Amba Alagi, attorno al comandante superiore. L'8 un violento attacco riusciva ad aver ragione anche di Massaua: tutta l'Eritrea cadeva così in possesso del nemico.
Il 22 gennaio i Britannici passavano il confine dell'Oltre Giuba. Tra il 17 e il 18 febbraio attraversavano il Giuba presso la foce e dirigevano verso Margherita; il 22 occupavano Gelib; il 24 erano a Modun. Perduta col Giuba ogni possibilità di ulteriore resistenza in Somalia, il comando superiore ne decideva lo sgombero. Mogadiscio veniva occupata il 26 (l'indomani in Eritrea cadeva Cheren).
Nella nuova situazione le forze del Somaliland venivano fatte ripiegare a protezione della ferrovia di Gibuti. Poco dopo, il 16 marzo, l'avversario sbarcava a Berbera. La sua avanzata da Giggiga su Harar veniva contrastata (gen. C. De Simone già comandante lo scacchiere Giuba) ma la situazione generale induceva il comando superiore a ordinare che le forze dello scacchiere si raccogliessero sul fiume Auasc a protezione della capitale.
Il 30 marzo il governatore di Addis Abeba trattava la resa della città che pertanto veniva occupata dalle truppe inglesi il 6 aprile. Il 9 dello stesso mese gli ultimi automezzi e i superstiti dell'Auasc giungevano nel Galla Sidama.
Con la perdita dell'Eritrea, della Somalia, dell'Harar e dello Scioa era spezzata l'unità strategica dell'AOI. Le residue forze si raccoglievano in ridotti sull'Amba Alagi, nel Galla e Sidama e nel Gondarino. Le operazioni contro l'Amba Alagi furono precedute da quelle contro Dessiè, posizione avamposto, sul fronte sud, del ridotto. Travolta questa tra il 19 e il 26 aprile, la difesa italiana, sotto il comando diretto del duca d'Aosta, resistè, sulla parte più elevata del massiccio e sue propaggini immediate fino al mattino del 17 maggio quando Amedeo di Savoia decise la resa. L'11 giugno, unità navali inglesi occuparono Assab.
Mentre si svolgeva l'offensiva britannica contro l'Eritrea e la Somalia, il Galla e Sidama (gen. Gazzera), che era stato impegnato solo con azioni locali (Mega, Javello), ritirava le truppe sul ciglio dell'altipiano. Ai primi di maggio l'avversario concentrava i suoi sforzi nella zona di sinistra dell'Omo avanzando: dallo Scioa (nord) per Sciasciamanne su Dalle; da Neghelli e Javello (sud) sullo stesso obiettivo (si era duramente combattuto a Uadarà). Il 18 raggiungeva Dalle, minacciando Soddu che occupava il 22. Il 5 giugno, passava l'Omo Bottego sopravanzando anche quelle fra le nostre truppe che erano riuscite a raggiungere, ma non a superare, il fiume.
La situazione intorno a Gimma precipitava. Il comandante del ridotto ordinava l'arretramento del fronte. Il 21 le truppe britanniche prendevano possesso della città. Dal 24 al 26 avevano luogo attacchi attorno a Dembidollo sede del comando. Tra il 28 giugno e il 2 luglio gli ultimi presidî esausti cedevano le armi. Il 4 veniva ordinata la cessazione delle ostilità.
Era ancora salda la difesa dell'Amhara (gen. Nasi) organizzata in un ridotto centrale (Gondar-Azozò) che faceva sistema con una serie di capisaldi isolati destinati a sbarrare le principali comunicazioni con Gondar. Il 28 settembre, i difensori del passo di Uolchefit cedettero alla fame. Gli sforzi britannici si concentrarono contro le difese di Culqualbert: si combattè il 12 e il 13 novembre e infine più duramente il 21. L'ultima battaglia per il possesso di Gondar durò 4 giorni, dal 24 al 28 novembre (v. gondar, in questa App.).
Così l'AOI priva dei mezzi necessarî per alimentare la guerra moderna e senza possibilità di esserne efficacemente rifornita, cadeva sotto i colpi del preponderante apparato bellico nemico.
La nuova Etiopia nelle relazioni internazionali. - In conseguenza degli avvenimenti descritti, il 5 maggio dello stesso anno il negus Hāyla Sellāsē rientrava nella capitale etiopica. Già erano intervenute intese tra il negus ed il governo britannico circa la futura sorte dell'Etiopia; e tali intese diedero luogo alla dichiarazione fatta da Eden alla Camera dei comuni il 4 febbraio 1941, contenente l'impegno britannico alla restaurazione del negus senza alcun acquisto territoriale britannico in Abissinia, e alla dichiarazione del negus di aver bisogno di guida ed assistenza estera, da determinare in base ad un accordo internazionale. Successivamente il ripristino del governo del negus, in relazione alle necessità della guerra allora in corso, fu praticamente regolato dall'accordo anglo-etiopico del 31 gennaio 1942. Questo stabiliva, fra l'altro, l'abolizione del regime capitolare, fissato per il vecchio stato etiopico dal trattato Klobukowski del 1908, e la sostituzione del tribunale speciale misto con organi giurisdizionali etiopici, cui erano chiamati a partecipare magistrati britannici. Regolava altresì l'occupazione militare britannica di una parte del territorio durante la guerra. A seguito di questi accordi fu anche provveduto, da parte britannica, allo sgombero della quasi totalità della popolazione italiana in Etiopia.
Alla fine della guerra un secondo trattato fra Gran Bretagna ed Etiopia veniva concluso il 19 dicembre 1944, abolendo una parte notevole delle restrizioni di guerra e riducendo l'occupazione militare britannica alle regioni di Giggiga e dell'Ogaden.
L'Etiopia, già ammessa tra le Nazioni Unite sin dalla prima costituzione di quella organizzazione e firmataria della Carta di S. Francisco del 1945, prese parte alla conferenza di Parigi del 1946 e fu tra gli stati firmatarî del trattato di pace con l'Italia del 10 febbraio 1947 Con tale trattato (articoli 33-38) l'Italia riconobbe l'indipendenza dell'Etiopia, assumendo anche l'onere (art. 74) di riparazioni nei confronti di quello stato. L'Etiopia fu anche chiamata dalla conferenza di Londra, nel novembre 1947, ad esporre il suo punto di vista sulla questione dei territorî italiani di Africa, questione ancora in sospeso. Le relazioni diplomatiche tra l'Italia e l'Etiopia sinora (settembre 1948) non sono state ancora riprese, per quanto l'Etiopia abbia ratificato il trattato di pace. Per le relazioni etiopico-francesi v. somalia francese, in questa Appendice. Per la politica interna degli ultimi anni v. hāyla sellāsē , in questa App.
Bibl.: A. Piccioli, L'opera dell'Italia in A. O. I., Roma 1939; Chr. Sandford, Ethiopia under Haile Sellasie, Londra 1946; W. E. D. Allen, Guerrilla war in Abyssinia, Londra 1943. Per le operazioni militari v.: F. Bernozzi, Fuga sul Kenia, Milano 1947; C. De Ryschy, La guerra in A. O. I. fino al mese di luglio 1941, Milano 1942; C. De Simone, La Divisione speciale del Harar nella conquista del Somaliland, in Rivista di fanteria, gennaio 1941; E. Fabiani, La battaglia di Cheren, in Rivista militare, dicembre 1946; L. Magliari Galante, La conquista della Somalia britannica, in Nazione militare, novembre 1940.