AFTARTODOCETI (dal gr. ἀϕϑαρσία "incorruttibilità" e δοκέω "sembro")
Nome dato dagli avversarî ad un gruppo di monofisiti alessandrini, seguaci di Giuliano (v.), vescovo d'Alicarnasso in Caria.
Questi sosteneva che, prima della risurrezione, il corpo del Cristo era "incorruttibile" (ἄϕϑαρτον) cioè non soggetto ad alcuna delle limitazioni proprie della natura umana. Tale la carne era divenuta per effetto della sua unione col Verbo: che, dunque, era esente da ogni sofferenza (ἀπαϑής), non solo per virtù propria (καϑ'ἑαυτόν) ma anche per ciò che riguarda la carne (κατὰ σάρκα). Secondo gli avversarî, ciò equivaleva a dichiarare che il corpo del Cristo era una pura apparenza (docetismo): onde il nome. Altri li chiamò giulianisti, o gaianisti (dal nome del loro vescovo Gaiano), o fantasiasti. Questo fu anzi il nome usato da Severo d'Antiochia, che, prima amico di Giuliano, lo combatté poi, quando, con la reazione antimonofisita all'avvento di Giustino I (518), entrambi si rifugiarono ad Alessandria: dove la lotta assunse caratteri di particolare vivacità. Tra gli aftartodoceti furono compresi altri gruppi di tendenza affine, quale più e quale meno lontano dall'ortodossia di Calcedonia (v. cristologia). Un tentativo recente di rivendicare malgrado tutto, l'ortodossia di Giuliano non pare destinato al successo.
Bibl.: J. Tixeront, Histoire des dogmes, III, 3ª ed., Parigi 1917, p. 114 segg.; R. Seeberg, Lehrbuch der Dogmengeschichte, II, 3ª ed., Erlangen-Lipsia 1923, p. 274; R. Draguet, Julien d'Halicarnasse, ecc., Lovanio 1914.