DI SOMMA, Agazio
Nacque nel 1591 a Simeri, presso Catanzaro, da Antonio e Camilla Ferrari. Dopo aver intrapreso i primi studi in un collegio di gesuiti del luogo, si laureò a Roma, dove iniziò a frequentare l'Accademia degli Umoristi (cfr. M. Maylender, Storia delle accademie d'Italia, Bologna 1930, p. 376) e dove conobbe probabilmente il suo primo protettore, Scipione Cobelluzzi, segretario di papa Paolo V, che lo introdusse al servizio di un altro segretario dello stesso papa, Porfirio Feliciano. Quando nel 1616 il Cobelluzzi venne nominato cardinale, richiamò il D. presso di sé come segretario. In seguito entrò al servizio di un altro cardinale, Luigi Capponi, arcivescovo di Ravenna, ma dopo poco tempo dovette ritornare a Catanzaro per la morte dei genitori. Ritornò comunque quasi subito a Roma, ed è di questo secondo soggiorno romano la vicenda che, testimoniata dalle lettere di Giovan Battista Marino (cfr. G. B. Marino, Epistolario, a cura di A. Borzelli-F. Nicolini, Bari 1912, lettere 226 s., 230 ss.), lo renderà noto, anche se solo di nome, agli studiosi del Seicento letterario italiano.
La frequenza dell'Accademia degli Umoristi lo aveva messo in contatto, forse non sempre direttamente, con alcune delle personalità più importanti della cultura letteraria del tempo, dal Marino al Bruni, al Preti. Anche il D., accanto all'attività di predicatore e di segretario, aveva tentato la strada della letteratura non solo di occasione ed encomiastica, e fin dal 1618 aveva inviato al Tassoni alcuni brani del suo poema America per conoscerne il giudizio, che fu invero piuttosto negativo (cfr. A. Tassoni, Lettere, a cura di P. Puliatti, Bari 1978, I, pp. 386-389, lettera 436). Affascinato e ammirato dal successo dell'Adone di Marino, in una lettera inviata a Fabrizio Ricci, datata 5 sett. 1623, il D. espresse il giudizio di una superiorità del poema del Marino rispetto alla Gerusalemme liberata del Tasso, facendosi scudo su presunte dichiarazioni dello stesso tono fatte dal Preti e dal Guglielmi. Il Preti, e sulla sua scia il Bruni, due fra i più famosi marinisti del tempo, sconfessarono il D., dicendo di non aver mai affermato nulla di simile e provocando così il risentimento dell'amico Marino, che nelle lettere sopra ricordate espresse il suo rammarico per le prese di posizione dei suoi seguaci. La lettera al Ricci venne pubblicata insieme a due canti del poema del D. America (I due primi canti dell'America. Poema heroico, Roma 1624).
L'argomento del poema non era per quei tempi particolarmente originale (cfr. A. Belloni, Il Seicento, Milano 1952, p. 228): infatti gli avvenimenti legati alla scoperta dell'America, dalle peripezie del viaggio alle avventure in terre sconosciute, erano alla portata di tutti attraverso le testimonianze di storici e cronisti. Il D. tralascia di raccontare le avventure di viaggio per concentrare l'attenzione su quello che successe a Colombo e ai suoi marinai dopo l'avvistamento della nuova terra. Vengono naturalmente rilevate le differenze fra gli Spagnoli cristiani e gli indigeni idolatri, ma non manca la figura del giovane eroe indigeno che, illuminato dalla grazia divina, finisce per allearsi con le forze cristiane.
Il D., per un intreccio di amicizie e protezioni che risalivano ai suoi parenti calabresi, era intimo del cardinale G. Borgia, colui che, nel 1632, durante un famoso concistoro segreto (8 marzo), accusò il papa Urbano VIII di non appoggiare sufficientemente l'esercito spagnolo. In seguito a questo avvenimento, come amico del Borgia, fu imprigionato per tre giorni e quindi cacciato da Roma. Si ritirò quindi a Catanzaro, dove visse isolato per un certo periodo. Nel 1655 venne eletto papa Alessandro VII, e il D., che lo aveva conosciuto nel periodo in cui frequentava l'Accademia degli Umoristi, gli chiese il permesso, subito accordatogli, di rientrare a Roma.
Venne poi nominato vicario generale apostolico della diocesi di Catanzaro, nel 1659 fu consacrato vescovo di Cerenzia e Cariati, e nel 1664 vescovo di Catanzaro, dove morì nel 1671.
Dei D. ci restano alcuni scritti di diverso tipo: oltre al poema America, già ricordato, altre composizioni poetiche, di tipo soprattutto encomiastico e celebrativo, sono conservate in diversi manoscritti presso la Bibl. ap. Vaticana: Chigi I. VII.273, cc. 324r-326r; Barb. lat. 3886, cc. 86r-88v; Borghes. 184, c.n.n. (la poesia del D. è alla fine del codice).
Egli non faceva comunque professione di letteratura; era un predicatore e la maggior parte delle sue opere ha un taglio prettamente storicoerudito, come il discorso Della Prefettura di Roma (conservato manoscritto presso la Vaticana in diversi esemplari: Barb. lat. 2425 e 5194; Vat. lat. 12934), la Vita di papa Paolo V (conservata anch'essa manoscritta, ibid., Barb. lat. 4937, 4938 e 4951) e il più tardo Historico racconto de i terremoti della Calabria dall'anno 1638 fin l'anno 41, Napoli 1641. Suo è anche un Discorso dell'origine dell'anno santo, tenuto in occasione del giubileo del 1625 (in Saggi accademici dati in Roma nell'Accademia del Sereniss. Prencipe Cardinal di Savoia, Venezia 1630, pp. 102 ss.) e un'operetta filosofica, l'Arte di viver felice, o le tre giornate d'oro. Dialogo d'Aristippo e Filadelfo (l'edizione consultata è stata stampata a Napoli nel 1714).
Fonti e Bibl.: Le notizie sulla sua vita si ricavano da L. Allacci, Apes Urbanae, Romae 1633, pp. 20 s.; N. Toppi, Biblioteca napolitana, Napoli 1678, p. 2; L. Nicodemi, Addizioni copiose alla Biblioteca napolitana del dottor N. Toppi, Napoli 1683, p. 2; G. Fiore, Della Calabria illustrata, Napoli 1743, II, pp. 300 s.; F. S. Quadrio, Della storia e della ragione d'ogni poesia, VI, Milano 1749, p. 684; A. Zavarroni, Bibliotheca calabra, Napoli 1753, pp. 133 s.; L. Accattatis, Le biografie degli uomini illustri delle Calabrie, Cosenza 1870, II, pp. 195-200; G. Falcone, Poeti e rimatori calabresi. Notizie ed esempi, Napoli 1902, II, pp. 85 s.; L. Aliquò Lenzi-F. Aliquò Taverriti, Gli scrittori calabresi, Reggio di Calabria 1955, I, pp. 278 s.; F. Croce, Il marinismo conservatore del Preti e del Bruni, in La Rassegna della letter. ital., s. 7, LXIX (1965), p. 27 (poi in Tre momenti del barocco letterario ital., Firenze 1966, p. 15); A. Paudice, Un giudizio "parziale" svelato: A. D. e il primato dell'Adone, in Filologia e critica, III (1978), 1, pp. 95-106; P. Gauchat, Hierarchia catholica..., IV, Monasterii 1935, pp. 135, 141.