possessivi, aggettivi e pronomi
I possessivi (aggettivi e pronomi) indicano una relazione tra un’entità e un possessore (reale o figurato). In particolare, essi rinviano a colui che instaura una relazione (per lo più di possesso, ma anche di altro tipo: cfr. § 2) con ciò che è espresso dal nome a cui si riferiscono – nel caso degli aggettivi (1) – o che sostituiscono – nel caso dei pronomi (2):
(1) ieri ho parlato con tua madre [tua = «dell’ascoltatore»]
(2) la macchina di Marco è più veloce della mia [mia = «[macchina] del parlante»]
In italiano i pronomi possessivi e i corrispondenti aggettivi possessivi hanno le stesse forme, riportate nello specchietto seguente:
sing. pl.
masch. femm. masch. femm.
I sing. mio mia miei mie
II sing. tuo tua tuoi tue
III sing. suo sua suoi sue
I pl. nostro nostra nostri nostre
II pl. vostro vostra vostri vostre
III pl. loro loro loro loro
III sing. / pl. proprio propria propri proprie
III sing. / pl. altrui altrui altrui altrui
In questo senso, l’italiano si distingue da lingue come il francese (3) o l’inglese (4), in cui le forme dei due paradigmi sono distinte:
(3) ta maison est plus grande que la mienne [la miennepron. = maagg. maison]
(4) your house is bigger than mine [minepron. = myagg. house]
A causa di tale identità formale, nella letteratura specialistica è stato proposto che aggettivi e pronomi possessivi non siano di fatto distinti in italiano. Secondo alcuni studiosi, infatti, i possessivi che appaiono da soli – cioè senza un nome, come mia in (2) – in un sintagma nominale non sono veri e propri pronomi ma possono essere considerati aggettivi sostantivati: in altre parole, in questi casi «il nome non è sostituito [dal pronome], ma sottinteso» (cfr. Satta 1971: 273, cit. in Serianni 1988: 228). Tuttavia, in questa voce seguiremo le analisi tradizionali e tratteremo tali elementi come pronomi, cioè come elementi utilizzati al posto di nomi.
Come mostra lo specchietto riportato sopra, in italiano i possessivi si accordano in genere e numero con il nome a cui si riferiscono (nel caso degli aggettivi) o che sostituiscono (nel caso dei pronomi) e la loro flessione è uguale a quella degli aggettivi a quattro desinenze della prima classe (➔ aggettivi). Come si può osservare, tale principio ha tuttavia alcune eccezioni, costituite dal possessivo di terza persona plurale, che presenta l’unica forma invariabile loro, e dal possessivo altrui, anch’esso invariabile.
Inoltre, le prime sei basi indicate nello specchietto possono essere paragonate, seppur parzialmente, a quelle dei pronomi personali (➔ personali, pronomi), in quanto si distinguono in base alla persona e al numero del possessore; tuttavia, a differenza dei pronomi personali, i possessivi hanno un’unica base per la terza persona (sia al singolare sia al plurale), che dunque non presenta un’opposizione relativa al genere del possessore.
In questo senso, l’italiano (5) si distingue da una lingua come l’inglese, che invece ha due forme distinte a seconda che il possessore sia maschile o femminile (6):
(5) Gianni ha incontrato suo padre / Maria ha incontrato suo padre [suo = «di lui/lei»]
(6) John met his father [his = «di lui»] ~ Mary met her father [her = «di lei»].
Come già accennato, i possessivi vengono principalmente utilizzati per esprimere una relazione di possesso (su cui cfr. anche § 6). Tuttavia, essi esprimono anche altri significati, più o meno riconducibili, in senso figurato, al possesso.
Ad es., i possessivi possono apparire in sintagmi che indicano «l’organo, la facoltà sensitiva o intellettuale di un certo individuo» (cfr. Serianni 1988: 229):
(7) i tuoi piedi
(8) le nostre idee
(9) la mia fantasia
Negli esempi (7), (8) e (9) i tre nomi (piedi, idee e fantasia) non esprimono oggetti ‘posseduti’ dalle persone indicate dagli aggettivi possessivi; è tuttavia indubbio che i referenti denotati da questi tre nomi abbiano una certa relazione con tali persone.
In generale, la persona denotata dal possessivo stabilisce una relazione con un qualsiasi aspetto della realtà espresso dal nome. Ad es., negli esempi seguenti i possessivi si riferiscono alla persona che arriva (10) e a quelle che hanno l’età di cui si parla (11):
(10) al tuo arrivo
(11) la nostra età
Inoltre, il possessivo può essere usato con una connotazione affettiva in casi in cui il nome indica «una consuetudine, un’azione abituale» (cfr. Serianni 1988: 229):
(12) Centellinavo attonito i miei due soldi di vino (Umberto Saba, “Il sogno di un coscritto (L’osteria fuori porta)”, vv. 19-20)
È inoltre importante notare che i possessivi possono avere un valore tanto soggettivo quanto oggettivo. Il primo, di gran lunga predominante, è illustrato in (13), in cui la seconda persona singolare indica chi prova il sentimento in questione (cioè, in un certo senso, il soggetto logico del nome):
(13) il tuo amore per lo sport [= «l’amore che tu provi per lo sport»]
D’altra parte, in altri casi i possessivi hanno valore oggettivo e come tali esprimono l’oggetto, cioè la persona su cui ricade un certo evento (l’azione, lo stato o il processo) espresso dal nome:
(14) per amor tuo [= «per l’amore che qualcuno prova per te»]
Tuttavia il valore oggettivo è piuttosto raro e per lo più limitato a espressioni cristallizzate, come (14). Normalmente, infatti, per esprimere tale significato oggettivo vengono usati i pronomi personali preceduti da una preposizione, mentre i possessivi sono generalmente associati a un valore soggettivo, come mostra il contrasto fra (15) e (16) (cfr. Serianni 1988: 229):
(15) la mia paura [= «la paura che io provo per qualcosa/qualcuno»]
(16) la paura di me [= «la paura che qualcuno prova per me»].
Diversamente che in altre lingue europee – inglese (17), francese (18), spagnolo (19), tedesco (20) –, in italiano gli aggettivi possessivi sono preceduti dall’➔articolo (21) (sull’uso dell’articolo in italiano antico, cfr. § 5):
(17) my house is white ~ *the my house is white
(18) ma maison est blanche ~ *la ma maison est blanche
(19) mi casa es blanca ~ *la mi casa es blanca
(20) mein Haus ist weiss ~ *das mein Haus ist weiss
(21) *mia casa è bianca ~ la mia casa è bianca
Vi sono tuttavia alcuni casi in cui l’aggettivo possessivo (a eccezione di loro) non può essere preceduto dall’articolo qualora il nome a cui si riferisce sia singolare. Ciò avviene, ad es., con i termini di parentela (➔ parentela, nomi di), come in (22); si noti anche il contrasto con (23), in cui i nomi sono al plurale, e con (24), in cui il possessivo è loro:
(22) mio fratello, tua figlia, nostra nonna, vostro cugino, ecc.
(23) i miei fratelli, le tue figlie, le nostre nonne, i vostri cugini, ecc.
(24) il loro fratello, la loro figlia, la loro nonna, il loro cugino, ecc.
Un comportamento analogo si può osservare anche con alcuni particolari nomi (per es., casa o scuola), che tuttavia non sono preceduti dall’articolo nemmeno in assenza del possessivo (da notare, peraltro, che in alcuni di questi casi il possessivo è posposto):
(25) ci vediamo a casa mia [cfr. anche a casa di Giacomo]
(26) a scuola nostra c’è occupazione [cfr. anche a scuola]
(27) è mio dovere avvisarvi [cfr. anche è dovere di ogni cittadino]
Per quanto riguarda i pronomi possessivi, in italiano essi sono normalmente preceduti dall’articolo, così come avviene in alcune delle lingue illustrate in precedenza – anche se non in tutte; cfr. rispettivamente il caso del francese (3) e quello dell’inglese (4):
(28) il mio amico è arrivato proprio quando il tuo stava partendo
Si noti peraltro che l’articolo è richiesto anche qualora il pronome sostituisca un nome di parentela, che normalmente – come si è potuto notare in (22) – non ammette l’articolo con gli aggettivi possessivi:
(29) mio fratello è arrivato proprio quando il tuo stava partendo.
Se si eccettua il caso di alcune formule cristallizzate, in cui l’aggettivo ha una posizione fissa alla sinistra (per es., di tua iniziativa, a vostro agio, a suo dire, a nostro giudizio, di mia mano, in loro potere) o alla destra del nome (per es., pace all’anima sua, è uno che sa il fatto suo, è colpa loro, bontà sua, in cuor mio, da par suo; esempi da Serianni 1988: 231), in italiano gli aggettivi possessivi possono generalmente apparire tanto alla sinistra quanto alla destra del nome, anche se con interpretazioni non del tutto equivalenti.
Più precisamente, la posizione non marcata (cioè quella ‘preferita’ e pertanto più frequente) degli aggettivi possessivi è alla sinistra del nome (e di eventuali altri aggettivi), come si può osservare in molti degli esempi già illustrati e anche in (30-32):
(30) il tuo telefono è occupato da un’ora
(31) i miei più cari amici sono in vacanza
(32) Marco abita con i suoi genitori
Tuttavia, in molti casi essi possono apparire anche dopo il nome, sebbene tale posizione sia stilisticamente marcata (cfr. Castellani Pollidori 1966: 33; Brunet 1980: 17). Illustriamo questo aspetto negli esempi seguenti:
(33) gli amici tuoi sono molto simpatici
(34) ho visto la macchina tua parcheggiata in divieto di sosta
(35) i pranzi dai parenti miei sono sempre molto noiosi
Come osservato in Serianni (1988: 231), la posposizione dell’aggettivo possessivo è normale, in ogni circostanza, nell’italiano regionale del Centro-Sud (a eccezione della Sicilia). Tuttavia, in italiano standard tale posizione è associata per lo più a un uso enfatico (spesso correlato a un’interpretazione contrastiva; ➔ focalizzazioni) del possessivo stesso: ad es., la posposizione di tuoi in (33) indica che il sintagma gli amici tuoi deve (o, almeno, può) essere interpretato in opposizione a «gli amici di qualcun altro»; analogamente, i parenti miei in (35) è da intendersi in contrasto con «i parenti di qualcun altro».
È inoltre importante notare che negli usi allocutivi, fin dall’epoca antica, il possessivo è sempre posposto (per es., figli miei!, amico mio!), e ciò può essere legato al fatto che in questi casi esso ha sempre un valore che si può ritenere enfatico (cfr. Serianni 1988: 231; ➔ allocutivi, pronomi; ➔ vocativo).
Oltre alla posposizione, in italiano esiste un altro tipo di costruzione marcata che ha proprio la funzione di focalizzare un possessivo, generalmente assegnandogli un’interpretazione contrastiva (➔ sintassi). Si consideri l’esempio seguente:
(36) ho letto il tuo, di libro
Una frase come (36), in cui il possessivo è seguito da una pausa (o da una virgola nello scritto) e poi dalla preposizione di seguita dal nome, è appropriata in un contesto in cui lo stesso nome (in questo caso, libro) codifica un’informazione data (cioè già nota o accessibile agli interlocutori) e in cui il parlante vuole porre l’accento sulla persona denotata dal possessivo, generalmente per creare un effetto di contrasto: ad es., opponendo tuo a un’altra persona in (36), in modo tale che il sintagma nominale sia interpretato come «il libro tuo e non quello di un altro». Si noti che in queste strutture il ➔ sintagma preposizionale contenente il nome può anche apparire in una posizione non adiacente al possessivo, all’inizio della frase:
(37) di libro, ho letto il tuo
Sebbene questa frase non sia totalmente equivalente a (36) – tra le due, infatti, solo (37) può essere parafrasata come «parlando di libri, ho letto il tuo» –, entrambe condividono la funzione di focalizzare il possessivo.
È inoltre importante osservare che l’esistenza di costruzioni marcate come (36-37) accomuna i possessivi agli aggettivi qualificativi, molti dei quali possono occorrere in strutture analoghe, come in (38), e ad altri aggettivi determinativi, quali i dimostrativi in (39) e gli interrogativi in (40):
(38) ho letto il libro rosso → ho letto quello rosso, di libro / di libro, ho letto quello rosso
(39) ho letto questo libro → ho letto questo, di libro / di libro, ho letto questo
(40) quale libro hai letto? → quale hai letto, di libro? / di libro, quale hai letto?
Alcune particolarità nell’uso dei possessivi si possono riscontrare nella lingua letteraria dei secoli scorsi e in alcuni dialetti italiani odierni.
In questo quadro va anzitutto segnalato l’uso delle forme preposizionali analitiche di lui e di lei in luogo del possessivo suo. Come discusso in Serianni (1988: 230), mentre «oggi si evita, tranne che nel linguaggio burocratico e nella prosa letteraria di singoli scrittori, […] di far precedere di lui, di lei dall’articolo, [quest’uso è] ancora pienamente vitale nell’Ottocento», come illustrato in (41):
(41) Il fluido adunque che […] dalle pareti dell’escavazione decorre, o dal di lei fondo zampilla (Gioja 1829: 105)
Oltre alle forme illustrate nel § 1, in italiano antico è attestato l’aggettivo possessivo costui/costei (con il significato di «di costui/costei») alla sinistra del nome, come nel seguente esempio dantesco (cfr. Ambrosini 1978: 184):
(42) mi prese del costui piacer sì forte (Dante, Inf. V, 104)
Inoltre, in italiano antico (e in alcuni dialetti toscani e mediani di oggi), le forme di terza persona singolare (per es., suo/sua/suoi/sue) sono usate anche per indicare un possessore plurale (cfr. Ambrosini 1978: 182; Serianni 1988: 229), così come avveniva in latino con suus -a -um (e come avviene in spagnolo):
(43) Suo cimitero da questa parte hanno con Epicuro tutti suoi seguaci (Dante, Inf. X, 13-14)
(44) Come del suo voler li angeli tuoi
fan sacrificio a te, cantando osanna,
così facciano li uomini de’ suoi (Dante, Purg. XI, 10-12)
Altre forme attestate in passato e non sopravvissute sono, ad es., le forme invariabili mie, tuo, suo e i plurali mia, tua, sua del fiorentino del Quattrocento e del Cinquecento – come in (45-47) – e le forme tui e sui – in (48) – dell’antica forma poetica (che tuttavia si trovano quasi esclusivamente in rima; cfr. Serianni 1988: 229; ➔ Umanesimo e Rinascimento, lingua dell’):
(45) è già spento mie foco (Poliziano, Stanze I, 23)
(46) odor delle tuo foglie (ivi, 4)
(47) molti virtuosi amici mia (Benvenuto Cellini, Vita XXXII)
(48) Chi fuor li maggior tui? (Dante, Inf. X, 42)
Per quanto riguarda la loro posizione sintattica, in toscano antico, come in alcuni dialetti centro-meridionali di oggi (➔ meridionali, dialetti), gli aggettivi possessivi singolari hanno forme enclitiche (tratto parzialmente condiviso, in area romanza, dal romeno), soprattutto coi nomi di parentela, come si vede in (49) (cfr. Ambrosini 1978: 182; Serianni 1988: 229):
(49) Mògliema [= mia moglie] nol mi crederà […]; io non vorrei che tu ad un’ora ti facessi beffe di mòglieta [= di tua moglie] e di noi (Boccaccio, Dec. VIII, 6)
Segnaliamo inoltre rari casi di possessivi proclitici, che sono alla base di formazioni del tipo messere, madonna (cfr. Ambrosini 1978: 182).
Infine, in italiano antico (e nell’italiano letterario fino all’Ottocento) si trovano sintagmi nominali con omissione dell’articolo davanti al possessivo (cfr. Serianni 1988: 153), la cui presenza è invece obbligatoria nell’italiano di oggi (salvo nei casi particolari illustrati nel § 3):
(50) E cominciò a legare sue pietre (Novellino II)
(51) unico spirto a mia vita raminga (Ugo Foscolo, “Dei sepolcri”, v. 12).
Come osservato nel § 2, la funzione principale dei possessivi è quella di codificare una relazione di possesso. In italiano essa può essere tuttavia espressa anche in altri modi, senza l’uso dei possessivi.
Innanzitutto, l’italiano ammette l’omissione dell’aggettivo possessivo quando l’individuazione del possessore è ovvia anche senza la sua codifica esplicita (cfr. Serianni 1988: 232; si veda anche Brunet 1980: 157-159):
(52) ho lasciato l’auto in doppia fila [l’auto = «la mia auto»]
(53) come stanno i figli? [i figli = «i tuoi/suoi figli»]
Se da un lato in frasi come (52-53) il possessivo è facoltativo, dall’altro la sua realizzazione è totalmente esclusa qualora venga utilizzato un pronome intensivo in casi in cui ci si riferisca a parti del corpo, come in (54-55); per estensione, l’uso di pronomi intensivi determina l’impossibilità di utilizzare il possessivo anche quando il nome non si riferisce a una parte del corpo, come in (56):
(54) Marco si gratta la testa ~ *Marco (si) gratta la sua testa
(55) non ti mangiare le unghie ~ *non (ti) mangiare le tue unghie
(56) mi hanno rubato la macchina / hanno rubato la mia macchina ~ *mi hanno rubato la mia macchina
(57) gli è svenuta tra le braccia [= «è svenuta tra le sue (di lui) braccia»].
Proprio può essere usato in italiano per rafforzare un altro possessivo (specie se di terza persona), sia esso un aggettivo – come in (58) – o un pronome – come in (59) (➔ intensificatori; ➔ riflessivi, pronomi; ► proprio / suo). In questo caso, proprio si colloca necessariamente alla destra dell’altro possessivo:
(58) mediante il suo proprio peso si spezzerà nel punto dove sarà sostenuto (Galileo Galilei, Lettere, Andrea Arrighetti a Galileo Galilei a Siena)
(59) abile a sostenere altro peso oltre il suo proprio (ivi)
Oltre all’uso rafforzativo, proprio ha principalmente una funzione anaforica; in questo caso, esso viene realizzato come aggettivo o pronome possessivo di terza persona (tanto singolare quanto plurale) se il possessore a cui si riferisce equivale al soggetto della frase:
(60) Matteo ha visto il proprio vicino rientrare a casa
(61) Giovanni e Lucia sono usciti con i propri figli
È ora importante notare che la funzione di proprio è parzialmente sovrapposta a quella di suo o loro. Queste due forme, infatti, possono essere interpretate sia anaforicamente (cioè come riflessivi, in modo simile a proprio; ➔ anafora) sia deitticamente (cioè come pronomi; ➔ deittici):
(62) l’amico di Carlo accompagna suo figlio a scuola
a. suo anaforico = «dell’amico di Carlo»
b. suo deittico = «di Carlo / di qualcun altro»
In altre parole, suo e loro riuniscono in sé le due diverse funzioni che il latino attribuiva a due forme distinte, rispettivamente il riflessivo suus -a -um e il pronome eius (genitivo maschile femminile e neutro di is ea id).
A causa di questa parziale sovrapposizione, proprio e suo/loro sono talvolta intercambiabili: ad es., la frase (60) sarebbe accettabile e riceverebbe la stessa interpretazione se venisse usato suo al posto di proprio; analogamente, in (61) propri potrebbe essere sostituito da loro.
Tuttavia, poiché proprio ha possibilità funzionali più specifiche rispetto agli altri due pronomi (solamente nel caso di proprio, infatti, il possessore deve coincidere con il soggetto della frase in quanto esso non ammette un’interpretazione deittica), generalmente l’uso di tale possessivo consente di evitare ambiguità che invece sorgerebbero con suo o loro. Si considerino gli esempi seguenti:
(63) Matteo crede che Carlo abbia visto il proprio vicino
(64) Matteo crede che Carlo abbia visto il suo vicino
Mentre l’anafora proprio in (63) può riferirsi solo al soggetto della frase in cui occorre (per es., al soggetto di abbia visto, cioè Carlo), in (64) il suo vicino può riferirsi sia al vicino di Matteo sia a quello di Carlo. Date queste possibili ambiguità, è «consigliabile usare proprio invece di suo quando potrebbero sorgere equivoci» (Serianni 1988: 230).
Va inoltre osservato che, mentre oggi proprio può solo essere utilizzato come anafora di terza persona, in italiano antico poteva anche sostituire un possessivo di prima o seconda persona:
(65) ma non eran da ciò le proprie penne [= «le mie (di Dante) ali»] (Dante, Par. XXXIII, 139)
(66) Io veggio ben sì come tu t’annidi nel proprio lume [= «nel tuo (di Giustiniano) lume»] (Dante, Par. V, 124-125)
(67) O Saùl, come in su la propria spada [= «sulla tua (di Saùl) spada»] (Dante, Purg. XII, 40).
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