AGHLABITI
. Dinastia di emiri di origine araba, che nel sec. IX dell'E. V., avendo il suo centro a Kairuan (al-Qairawān), dominò in forma quasi autonoma la Tunisia e regioni finitime. Il sorgere di essa si riconnette col noto fenomeno d'indebolimento e di scomposizione del Califfato arabo, che dopo avere rapidamente esteso il suo impero dall'Indo all'Atlantico, vedeva, attraverso cause complesse, formarsi qua e là, e specialmente nelle regioni periferiche, dei piccoli stati indipendenti, che si staccavano del tutto dal tronco centrale, o che conservavano solo una formale dipendenza dal Califfato. Fondatore del dominio aghlabita fu Ibrāhīm ibn al-Aghlab at-Tamīmī, governatore della regione algerina dello Zāb, ove ristabilì l'ordine turbato da violente sollevazioni; procedendo poi vigorosamente a domare altri disordini verificatisi nell'Ifrīqiyah durante il governatorato dell'inetto Muḥammad ibn Muqātil, fratello di latte del califfo Hārūn ar-Rashīd, acquistò una posizione preponderante nella Barberia di mezzo, e finì con l'ottenere dal Califfo, nell'anno 800 dell'E. V., una speciale investitura, le cui condizioni non sono interamente note, ma che ad ogni modo rappresentava una forma di potere superiore a quella dei comuni governatori dipendenti direttamente dal governo centrale, e che difatti fu l'inizio di un dominio ereditario in gran parte autonomo. Ibrāhīm ibn al-Aghlab, che visse fino all'812, rafforzò con varî provvedimemi il suo potere, e soffocò parecchie rivolte, fra le qualì due scoppiate a Tripoli nell'805 e nell'811-12. Secondo la sua designazione, gli successe il figlio Abū 'l-‛Abbās ‛Abd Allāh, e, morto questi, tenne il potere suo fratello Abū Muḥammad Ziyādat Allāh I, abile politico, fornito di cultura, sebbene crudele, bizzarro e vizioso; il quale consolidò il dominio aghlaḥita, e fra altre imprese iniziò nell'anno 827 la conquista della Sicilia. Secondo la tradizione, un certo Eufemio, capo dei Siracusani che si erano ribellati all'impero bizantino, sconfitto e profugo in Africa, sospinse l'emiro aghlabita all'impresa, che fu decisa dopo essersene discusso in un'assemblea di notabili. Mentre nel secolo precedente i Musulmani, conquistata l'Africa, avevano fatto ripetutamente delle scorrerie di tipo piratesco contro le grandi isole del Mediterraneo e anche contro qualche località del continente italiano, ora veniva tentata una vera e propria spedizione, che, sebbene di forze limitate, mirava a una conquista stabile. Sbarcati a Mazara, i Musulmani condotti dal qāḍī Asad ebbero un primo successo sui Bizantini, e quindi avanzarono contro Siracusa, assediandola; ma morto Asad, scoppiate delle sedizioni e organizzatasi nell'isola una vasta resistenza, dovettero abbandonare l'assedio e ridursi a Mazara. Soccorsi in seguito da un altro esercito giunto dall'Africa, ripresero l'offensiva e occuparono Palermo (831). A distanza di molti anni e attraverso accanite resistenze locali e lotte con le spedizioni organizzate da Bisanzio, furono prese altre città e piazzeforti dell'isola: Messina, Cefalù, Castrogiovanni, e nell'878, dopo circa un anno di assedio, Siracusa, che aveva resistito eroicamente alla fame e agli assalti dei Musulmani. Questi si resero così padroni quasi per intero della Sicilia, che servì loro di base per compiere varie scorrerie e temporanee occupazioni nel continente, sia lungo le coste orientali, sia in quelle occidentali, che seminarono di stragi e d'inaudite crudeltà. In Africa il dominio aghlabita si estese verso ovest fino a Bona e ai confini del regno ibāḍita di Tihāret; verso est comprese Tripoli e le zone finitime, che erano però esposte alle rivolte dei Berberi e specialmente agli assalti degli Ibāḍiti, che sull'altopiano dei Nefūsah avevano un loro forte centro, riconnesso col regno di Tihāret. Morto nell'838 Ziyādat Allāh I, gli successe il fratello Abū ‛Iqāl al-Aghlab, che tenne per breve tempo il potere, emanando alcune disposizioni amministrative improntate a spirito di giustizia e di rispetto alla religione. Suo figlio Abū 'l-‛Abbās Muḥammad I, che regnò dall'841 all'856, lottò con fortuna contro discordie interne e specialmente contro suo fratello Abū Gia‛far Ahmad, che aveva ordito una vasta congiura per ottenere il potere; lottò anche contro parecchi ribelli. Suo figlio Abū Ibrāhīm Aḥmad (856-863) si dedicò a migliorare le condizioni economiche del suo regno, costruendo ponti, scavando cisterne e facendo varî altri lavori di pubblica utilità; si segnalò anche per opere di beneficenza. Dopo la sua morte, il fratello Abū Muḥammad Ziyādat Allāh II, principe dotato di eccellenti qualità. regnò per un anno, essendosi spento nell'864. Sotto i successori, lo stato aghlabita, che aveva raggiunto una certa solidità politica e anche un certo sviluppo di civiltà, decadde rapidamente, avviandosi alla sua fine, determinata dal sorgere della potenza fāṭimita. Abū ‛Abd Allāh Muḥammad II, figlio di Abū Ibrāhīm Aḥmad, regnò dopo lo zio Abū Muḥammad Ziyādat Allāh II; era, come appare da storici arabi, di animo generoso e buono, ma privo di capacità di governo, prodigo, e dedito a piaceri frivoli, al vino, alla caccia. Una speciale passione aveva per la caccia alle gru, che gli valse il soprannome di Abū 'l-gharānīq (quel dalle gru). Durante il suo regno una grave rivolta di popolazioni berbere dell'ovest annientò l'esercito aghlabita inviato per domarla. Morto nell'875 Abū ‛Abd Allāh Muḥammad II, avrebbe dovuto succedergli, secondo la sua designazione, il figlio Aḥmad Abū ‛Ilqāl, ancora bambino; ma il popolo proclamò il fratello del defunto emiro, Abū Isḥāq Ibrāhīm II, e lo indusse, nonostante le sue riluttanze, ad accettare il potere. Egli rivelò una certa capacità ed energia, attese a varie costruzioni e diede impulso all'impresa di Sicilia. Durante il suo regno, il principe ṭūlūnide al-‛Abbās ibn Ṭūlūn, ribellatosi al padre, che, padrone dell'Egitto, nell'878 aveva intrapreso la conquista della Siria, fece una spedizione contro la Cirenaica e la Tripolitania, con l'intento di costituirs; un suo proprio dominio. Le forze inviate contro di lui da Abū Isḥāq Ibrāhīm II furono sconfitte presso Lebdah, ma, poco dopo, l'intervento dei Berberi Nefūsah mise in fuga il Ṭūlūnide. Liberato da tale pericolo, l'emiro aghlabita ebbe a lottare contro parecchie rivolte di popolazioni berbere, per domare le quali adoperò mezzi crudeli e delittuosi, macchiandosi nello stesso tempo di orribili scelleratezze anche contro i proprî sudditi e persone di sua famiglia. Dal califfo, cui erano giunti reclami, fu invitato a lasciare il potere in favore di suo figlio Abū ‛l-'Abbās ‛Abd Allāh, che fu insidiato dal suo stesso figlio, Ziyādat Allāh II, il quale aspirando al trono, finì col fare assassinare suo padre, e vide poi la distruzione del dominio aghlabita.
Negli ultimi anni del sec. IX aveva preso largameme piede nell'Africa settentrionale, e specialmente presso la tribù berbera dei Kutāmah, la propaganda sciita, che mirava alla formazione di un dominio del tutto indipendente dal califfato ‛abbāside e fondato sui principî dei settarî di ‛Alī. Gli Aghlabiti si trovarono di fronte a forze notevoli, animate da profondo fanatismo, e finirono col soggiacere. La presa di al-Qairawān, nel 910, per opera del famoso missionario sciita Abū ‛Abd Allāh, segna appunto la fine dell'emirato aghlabita. Il quale appare in complesso come un innesto di dominio arabo su popolazioni berbere, con risultati non del tutto privi d'importanza per la storia dell'Africa. Parecchi dei principi di quella dinastia ebbero attitudini alla civiltà e qualità d'animo notevoli, sminuite o annientate da tendenze a vizî che spesso li portavano prematuramente alla tomba.
Bibl.: Ibn Khaldoun, Histoire des Berbères (trad. De Slane), Algeri 1852-1856; id., Hist. de l'Afrique sous la dynastie des Aghlabites (testo arabo e trad. di A. Noël des Verges), Parigi 1841; Amari, Storia dei Musulmani di Sicilia, Firenze 1854-1868; Fournel, Les Berbers: Études sur la conquête de l'Afrique par les Arabes, Parigi 1875-81; Vonderheyden, La Berbérie orientale sous la dynastie des Benou 'l-Aṛlab, 1927.