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FIRENZUOLA, Agnolo

di Giuseppe Fatini - Enciclopedia Italiana (1932)
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FIRENZUOLA, Agnolo

Giuseppe Fatini

Nato a Firenze il 1493, studiò legge a Siena e a Perugia; fattosi vallombrosano, fu a Roma procuratore dell'ordine nella Curia sotto Leone X e Clemente VII, guadagnandone benefici ecclesiastici e dandosi a vita mondana. Nel 1526 fu dispensato dai voti monastici, conservando i benefici. Colpito da lue celtica, che lo straziò per undici lunghi anni, tornò a Firenze verso il 1534, e poco dopo si stabilì a Prato, essendo abate perpetuo della Badia di S. Salvatore presso Vaiano. Visse allora fra gli studî e i lieti conversari; fondò l'accademia dell'Addiaccio, una specie d'Arcadia anticipata. Perduta la prebenda della Badia, rimanendone solo pensionario, si trovò in gravi strettezze; povero e dimenticato morì a Prato il 27 giugno 1543.

Gaio e spensierato, il F. ritrae negli scritti le tendenze varie e discordanti di quel ceto medio del Rinascimento che gareggiava con la classe aristocratica nell'amore del bello e nel pieno godimento della vita, senza un'idealità che l'ispirasse, senza un vigoroso pensiero che lo sorreggesse. Perciò i suoi scritti hanno tutti un'impronta amena e mondana, tanto quelli del periodo romano, che sotto l'influsso dell'arte del Boccaccio e di Apuleio, ancora non bene assimilata, si muovono un po' impacciati e rozzi, quanto quelli del periodo pratese, che da una più intima fusione degli elementi classici coi popolari derivano spigliatezza, eleganza e perspicuità, facendoci dimenticare la loro povertà di pensiero. Così il F. toccò con arguta festevolezza della questione della lingua (Discacciamento delle nuove lettere aggiunte, Roma 1524); provò la sua abilità stilistica con la libera traduzione dell'Asino d'oro d'Apuleio (Venezia 1550), adattandolo ai suoi tempi per aver modo di esaltare la sua donna ispiratrice e cantare la propria palingenesi; difese la dignità della donna con la monotona Epistola in lode delle donne; nei Ragionamenti discusse delle astruserie dell'amore platonico con un tono solenne, temperato dall'arguzia, in pagine che fanno da introduzione a scollacciate novelle: questi Ragionamenti, ricollegandosi agli Asolani e al Decameron, offrono, benché incompleti, un vivace quadro della società contemporanea.

Nel periodo pratese tentò il teatro con due fredde commedie I Lucidi e La Trinuzia (Firenze 1549); continuò a scombiccherare versi petrarcheschi, meglio riuscendo nelle ridanciane poesie bernesche; gareggiando coi maestri della pittura e della scultura, delineò con mano sicura il tipo ideale di bella donna nel trattato dialogico I discorsi delle bellezze delle donne; per il tramite d'una riduzione spagnola rifece il Panciatantra indiano in La prima veste dei discorsi degli animali, abbellendola di novelle e di favole animate da un piacevole sorriso satirico.

Opere: Prose di A.F., Firenze 1548; Rime, Firenze 1549

Bibl.: G. Fatini, A. F. e la borghesia letterata del Rinascimento, Cortona 1907; Le più belle pagine di A. F. scelte da A. Baldini, Milano 1925; E. Ciafardini, A. F., in Rivista d'Italia, XV, ii (1912), pp. 3-46; 881-946.

Vedi anche
Dóni, Anton Francesco Scrittore (Firenze 1513 - Monselice 1574). Spirito inquieto e curioso, ingegno versatile e bizzarro, fu autore prolifico. Sua opera maggiore sono I marmi (1553). Vita Frate servita, abbandonò nel 1540 l'ordine per trasformarsi in prete secolare. Peregrinò per l'Italia settentrionale (Genova, Alessandria, ... Bèrni, Francesco Poeta burlesco e satirico (Lamporecchio 1497 o 1498 - Firenze 1535). Fu a Roma e altrove al servizio di varî prelati. La sua fama è affidata soprattutto alle rime giocose (sonetti, sonettesse, capitoli) nelle quali, continuando la tradizione della poesia burlesca tre-quattrocentesca, superò i predecessori ... Trìssino, Gian Giorgio Letterato (Vicenza 1478 - Roma 1550). Il nome di T. è noto soprattutto per la Sofonisba (1514-15, pubbl. 1524), prima tragedia 'regolare', cioè composta secondo le regole di Aristotele, e per il Castellano (1529), in cui sostenne che la lingua letteraria italiana non deve essere fiorentina né toscana, ... favola Breve narrazione per lo più in versi. Quando si parla di f. come genere letterario, ci si riferisce comunemente a quella i cui caratteri fondamentali furono segnati già da Esopo e universalmente diffusi da Fedro: essenziale è che essa racchiuda una verità morale o un insegnamento di saggezza pratica ...
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  • CLEMENTE VII
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