Agrigento
(gr. 'ΑϰϱάγαϚ; lat. Agrigentum; arabo Jirjent; fino al 1927 Girgenti)
Città che sorge lungo la costa meridionale della Sicilia a pochi chilometri dal mare, disposta su due alture, il colle di Girgenti e la rupe Atenea e su un altopiano a S di queste che si conclude a mezzogiorno con le scoscese pareti della collina dei Templi. L'area è delimitata da due fiumi, il San Biagio (antico Akragas) e il Sant'Anna (Hypsas), confluenti nel San Leone, alla cui foce era l'antico porto (Emporion). 'ΑϰϱάγαϚ, secondo Pindaro "la più bella città dei mortali", fondata intorno al 580 a.C. da coloni rodii di Gela, raggiunse l'apogeo nel sec. 5° avanti Cristo.
Le mura erette al sommo delle dorsali rocciose abbracciavano alture e altopiano racchiudendo così un'area singolarmente vasta (ha 450 ca.); per adattarsi al terreno erano prive di torri, salvo alcune presso le porte. L'acropoli è stata individuata nella rupe Atenea, mentre la gran parte dell'abitato era nell'altopiano, l'attuale Valle dei Templi. Un'eccezionale densità di luoghi di culto (i templi di Zeus Olimpico, della Concordia, di Giunone Lacinia, ecc.) caratterizzava il limite meridionale, a cui corrispondeva a N un'altra linea di santuari (tempio di Atena, santuario di Demetra), per cui 'ΑϰϱάγαϚ appariva come cinta e protetta da una corona sacra. L'impianto urbano, datato alla metà del sec. 6° a.C., sembra organizzato secondo uno schema ortogonale con insulae larghe m. 35 e di lunghezza variabile. Scarsi i resti di monumenti civili tra cui quelli dell'eklesiastérion, al centro dell'abitato.
Presa dai romani nel 210 a.C., A. divenne per la decadenza delle altre città - e sempre più in età imperiale - l'unico grande centro della Sicilia meridionale. Scarse sono le notizie tra l'invasione dei Vandali e quella musulmana: nel 456 Ricimero sconfisse nei pressi della città Genserico; in una lettera di Gregorio Magno (Ep., I, 72; PL, LXXVII, col. 526) si ha la prima menzione della sede vescovile, che comunque dovrebbe risalire all'inizio del 5° secolo. In età bizantina, con la semiruralizzazione delle città, A. si frammentò entro l'antica cinta in vari villaggi tra cui primeggiò quello sulla collina di Girgenti, in cui si ridusse la città in seguito alla conquista araba.
Il vescovo Gregorio, nel sec. 6°, trasformò in basilica a tre navate (Ss. Pietro e Paolo, poi S. Gregorio) il tempio della Concordia, aprendo arcate nei muri della cella e murando l'intercolumnio con un metodo, adottato anche nella cattedrale di Siracusa, che permetteva di conservare la struttura del tetto; il tempio venne 'ripristinato' nel 1748. Nei suoi pressi e lungo tutto il ciglione calcareo, dal tempio di Giunone fin quasi alla porta aperta verso l'Emporion (detta Aurea in età bizantina) e dove era una necropoli romana, i cristiani scavarono catacombe (grotte Fragapane) che testimoniano di una comunità risalente almeno al sec. 4°, oltre a numerosi arcosoli, tombe a loculo e terragne.
Nell'829 A. fu definitivamente conquistata dai musulmani, che la chiamarono Jirjent (da cui Girgenti), e ripopolata dai berberi Kutāma. L'approdo, favorito dalla vicinanza all'Africa, venne trasferito un po' più a O, nell'insenatura dove oggi è Porto Empedocle e la città, 'porto del sale e del grano', divenne un centro d'esportazione di rilievo internazionale. Sulla collina Girgenti appariva nettamente divisa in due parti: lo hisn fortificato in cui sono notevoli dislivelli e il ribāt fuori le mura. In entrambi sono presenti il tipico schema viario islamico e le abitazioni rupestri; queste ultime, con particolare sviluppo in contrada Balatuzzo, confermano l'inclinazione all'insediamento trogloditico delle popolazioni magrebine immigrate. Il grande sviluppo demico e urbano è testimoniato dalle fonti (al-Muqaddasī, Idrīsī) e dalla ricostituzione della sede vescovile dopo la conquista normanna del 1086. Il conte Ruggero vi restaurò le mura, mantenendo ancora fuori il ribāṭ, mentre il vescovo Gerlando sistemò la cattedrale, l'episcopio e una torre nella parte più alta, presso il castello, per motivi di sicurezza, dato che la popolazione era rimasta musulmana.
Con i Normanni iniziò però un processo di decadenza commerciale e di lento spopolamento che culminò con lo svuotamento pressoché totale del ribāṭ e la scomparsa dell'elemento musulmano che fino al tempo di Guglielmo II costituiva la maggioranza della popolazione; già prima dell'avvento degli Angioini il regresso demico risultava vistoso. Sul finire del sec. 13° il porto di Trapani, aperto verso la Catalogna, assunse il ruolo svolto dall'ormai decaduto scalo di Girgenti.
Mura, torri e porte medievali vennero demolite tra il 1868 e il 1929; ne rimangono solo resti del tratto meridionale. L'impianto viario 'islamico' è in parte conservato; il quartiere del Balatuzzo, trasformato in cava, è stato distrutto dalla speculazione edilizia che ha devastato l'ambiente agrigentino, causando la frana del 1966 e l'abbandono del ribāṭ.
Le strutture della cattedrale risalgono ai secc. 13°-14°, ma solo parte delle tre navate con archi ogivali su pilastri e alcune cappelle mostrano l'aspetto primitivo; il campanile (sec. 15°) ha forme gotico-catalane. Due chiese inglobano strutture greche: S. Biagio, normanna, costruita sul tempio di Demetra; S. Maria dei Greci, a tre navate, su un tempio forse dedicato ad Atena (portale del sec. 13°, soffitto a travature dipinte del 14°). Conservano inoltre elementi medievali le chiese di S. Giorgio (portale del sec. 13°) e di S. Calogero. I resti dello Steri dei Chiaramonte (sec. 14°), inglobati nel Seminario, insistono probabilmente su quelli del castello ricordato dalle fonti d'età normanna.
Tra i monasteri meglio conservati della Sicilia è la cistercense Badia grande di Santo Spirito, fondata nel 1290 da Marchisia Prefoglio, di cui si conservano il portale e il rosone nella facciata, alcune cappelle, il chiostro, l'aula capitolare, il refettorio e il dormitorio. Un altro monastero cistercense è quello di S. Nicola, costruito presso l'eklesiastérion, di cui restano la chiesa, parti del chiostro e del capitolo; nei suoi pressi, in età normanna, fu adattato al culto cristiano il tempietto romano detto òratorio di Falaride'.Rimangono resti anche del trecentesco convento di S. Francesco. Vari palazzi mostrano elementi gotico-catalani. Nel Mus. Diocesano d'Arte Sacra sono conservate opere di oreficeria, tra cui un altarolo portatile bizantino del sec. 12°, affreschi trecenteschi provenienti dalla cattedrale, dal Santo Spirito e dalla chiesa di S. Maria dei Greci e alcune sculture di epoca medievale; altri esempi sono custoditi nel Mus. Civico.
Bibliografia
Fonti:
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