ALARI BONACOLSI, Pier Iacopo, detto l'Antico
Nacque probabilmente in Mantova da Antonio "de Halari", che nella città aveva dimora, qualche anno prima del 1460. Ciò si può dedurre, come notò H.J. Hermann, dalla prima data nota della sua attività di medaglista: nel 1479 Gianfrancesco Gonzaga, signore di Bozzolo, lo incaricò di effigiarlo con la moglie Antonia del Balzo. Seguì una serie di medaglie sempre per i signori di Bozzolo. Nel novembre del 1493 l'A. si recò a Mantova per un breve periodo, portando con sé una lettera di raccomandazione di Gianfrancesco al marchese Francesco Gonzaga. Del giugno dell'anno dopo è una lettera dell'A. a quest'ultimo, in cui gli dava notizia dell'invio di un "fero ritrato". Nel 1495 l'A. si sarebbe recato a Roma, come può dedursi da un pagamento del marzo di quell'anno a tali "magistris Antiquo et Philippo", per lavori in Castel Sant'Angelo. L'anno successivo, nell'estate, morì a Bozzolo Gianfrancesco: nella lista di opere d'arte stesa per l'inventano generale dei beni del principe, l'A. risulta nominato, esplicitamente solo per "due vaseti de argento dorati". L'A. si recò quindi per qualche tempo a Mantova, dove probabilmente lavorò per il marchese, dal quale, nel 1497, fu inviato a Roma con incarichi speciali: ebbe allora modo di incontrarsi col protonotaro apostolico Lodovico Agnello, che procurava a Isabella d'Este rarità antiche.
Nel 1498 l'A. era di nuovo a Bozzolo, al servizio del vescovo Lodovico Gonzaga, che, in una lettera del 29 novembre, ricordava due opere dell'A., un Apollo e "la nuda della bissa scudelara" (una Venere con la tartaruga). Sembra che in quell'anno, e nel seguente, l'A. si fosse impegnato ad eseguire per il suo protettore anche opere in marmo; materiale che Lodovico Gonzaga faceva ricercare a Venezia in quel torno di tempo. Contemporaneamente l'A. attendeva, sempre per il suo protettore, a un Ercole di bronzo, che però conduceva con lentezza, e che nel maggio 1499 non era ancora compiuto. Nel 1499 l'A. - che in quest'anno risulta già ammogliato e con figli in giovane età - era impegnato alla fusione di una testa di Scipione per il vescovo Lodovico.
Nel marzo 1500 Isabella d'Este chiedeva all'A. lavori per il suo famoso "camerino", senza che l'artista potesse esaudirla. L'anno seguente, invece, essa lo ringraziava, con lettera datata al 26 marzo, del "puttino del spino", che evidentemente l'A. aveva tratto dal noto esemplare antico, e a riscontro del quale gli richiedeva poi, nel 1503, un'altra figuretta di bronzo. Dal 1501 l'A. si era stabilito a Gazzuolo, dove continuava ad eseguire lavori anche per il vescovo: di questo tempo è un Apollo. Dalla lista di famiglia del vescovo (29 maggio 1501) risulta che l'A., da tempo imprecisato, faceva parte dei "famigliari" del prelato con la qualifica di "camarero" e lo stipendio annuo di 18 ducati. Frattanto l'A. lavorava in continuazione per Isabella d'Este (del 1504 è un fitto carteggio tra la marchesa, il vescovo e l'A., circa l'esecuzione di un S. Giovannino aureo). Fra i vari lavori per la marchesa sono ricordati i modelli per una testa di cavallo e un'aquila da gettare in argento; i restauri (1506) di due teste antiche di marmo, delle quali una rappresentante Minerva, e di un "Cupidine". Essendo poi l'A. tenuto per grande conoscitore e restauratore di cose antiche (da ciò deriva il suo soprannome di Antico), Isabella ricorreva frequentemente al suo parere per acquisti. Del 1514 è un restauro di una statua di Marte, del 1515 il parere su di un rilievo ed altri oggetti antichi, provenienti dalla collezione di Galeazzo Sforza a Pesaro. Del 1519 è una lettera, inviata dall'A. alla marchesa, in cui egli elenca una serie di opere antiche da copiare e gliene offre alcune altre, di cui aveva già esegmto esemplari per il vescovo Lodovico. Tra di esse "Ercule che amaza Anteo" e il "chavallo de Santo Iani Laterano, zioè Auellio Antonino".
Negli anni seguenti, ormai giunto ad età avanzata, rallentò la sua operosità, riservandosi di dare consigli a quei principi e signori che a lui si nivolgevano quale esperto. Morì a Gazzuolo verso la metà del luglio 1528.
Suoi figli furono Federico, che seguitò l'arte paterna; Delia, maritata nel 1518, col favore della marchesa Isabella al cui servizio attendeva, a un gentiluomo mantovano, Galeotto Nuvoloni; e Alessandro, che appunto è ricordato come "Alessandro dell'Antico".
Quanto al cognome, l'A. è nominato come "Petrus Iacobus Illarius", in un decreto del 1504 (Arch. di Stato di Mantova, Arch. Gonzaga, Decreti, reg. ne 33, c. 79r.), ma il 3 dic. 1535 è ricordato come "Petrus Iacobus Bonacolsius cognomine Antiquus" (Arch. Gonzaga, Decreti, reg. n. 40, c. 108r); potrebbe il mutamento esser dipeso dall'assunzione del cognome di qualche ramo dei Bonacolsi estintosi. Quel che è certo è che il cognome Alari risulta testimoniato dai genealogisti mantovani.
Il primo gruppo di medaglie, per Gianfrancesco, risulta ispirato soprattutto ad esemplari della medaglistica romana, specie nelle figurazioni allegoriche, pur intervenendo un influsso di Bartolomeo Talpa, attivo a Mantova proprio in quegli anni. A questo periodo iniziale sarebbero da riportare anche alcune placchette bronzee con raffigurazioni di carattere allegorico, talvolta di non chiaro significato. Rifiutate spesso al catalogo dello scultore, sono state riferite a qualche anonimo imitatore dei "versi" delle sue medaglie, ma la finezza dell'esecuzione e l'alta qualità di qualche esemplare (fra tutti è notevole quello con la cosidetta Allegoria della Morte, del Bargello) ne dichiarano la paternità. Porse il capolavoro dell'A. è il cosidetto Vaso mantovano, in bronzo, eseguito molto probabilmente per i signori di Bozzolo, ricco di festoni, maschere, tabelle decorative. Più pressante si fa il richiamo al mondo classico nelle statuette bronzee eseguite, in gran parte, per il vescovo Lodovico. È arduo poterne stabilire una successione cronologica sicura, anche perché, in anni diversi, egli ne trasse molteplici repliche, come risulta dal carteggio con i Gonzaga: in questo senso i documenti sono di scarso aiuto. L'A., inoltre, non usava datare e nemmeno firmare i suoi lavori (sola eccezione alcune medaglie, tra cui quella di Maddalena Mantovana, datata 20 nov. 1504).
Tra queste numerose opere di piccole proporzioni spicca il famoso Eros estense (Firenze, Museo nazionale), di cui esiste una replica nel Museo nazionale di Capodimonte a Napoli, un tempo attribuita a Donatello (De Rinaldis, Planiscig, Venturi). Nella Venus felix di Vienna l'A. mostra ancora questo carattere di classicismo attinto al mondo antico e a quello rinascimentale, mentre nell'altra Venere, sempre a Vienna, il modello ricalcato sembra quello celebre della Venere vincitrice. Nella folla di Amori, Veneri, Mercuri, Apollini, che riecheggiano fondamentalmente gli stessi motivi, vanno ricordati, per maggiore altezza di qualità, la cosiddetta Dea della via Traiana, di Berlino, e l'Ercole che uccide Anteo, a Vienna: quest'ultimo pezzo fu eseguito senza dubbio per Isabella d'Este, come dichiara la scritta incisa nella base. Tra i rilievi bronzei eccelle la serie dei tondi con scene delle Fatiche d'Ercole, forse apprestata anch'essa per la marchesa di Mantova, attorno al 1500. Di questo tempo si deve ritenere, anche se non della medesima serie, il rilievo bronzeo rappresentante Ercole che riposa dopo la lotta col leone nemeo (coll. Strauss di New York) che non èincluso nel catalogo delle opere dell'A., redatto accuratamente da E. J. Hermann. Ad esso si possono aggiungere le seguenti nuove e vecchie attribuzioni: Placchetta con soggetto classico, Londra, Victoria and Albert Museum; altro esemplare a Berlino, K. Friedrich Museum (E. Maclagan); Putto, terracotta, ubicazione ignota (A. Venturi); Cibele, Firenze, Museo nazionale del Bargello (U. Rossi); Marco Aurelio a cavallo, Vienna, Kunsthistorisches Museum (J. Schlosser); Cerere; Guerriero; Cavaspine; Venere coronata; Ercole e Dioniso, Modena, Museo Estense (R. Salvini); Gladiatore, Vienna, Kunsthistorisches Museum (R. Salvini); rilievo con Ercole che riposa dopo la lotta con il leone nemeo, New York, coll. Strauss (L. Planiscig), sopra ricordato.
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