ALBANIA (II, p. 97; App. I, p. 77)
Storia della conoscenza del paese (II, p. 97; App. I, p. 77). - L'unione dell'Albania con l'Italia, avvenuta nel gennaio 1939, ha favorito il progresso della conoscenza del paese, sia per l'invio di missioni di studio, tra le quali una promossa dalla Società geografica italiana, sia per la costituzione di un centro di studî sull'Albania presso l'Accademia d'Italia, sia per l'opera di enti pubblici, tra i quali un Ufficio centrale di Statistica, e un Uíficio del Catasto. L'Istituto geografico militare italiano ha condotto a termine il rilevamento topografico alla scala 1:50.000; 1:100.000.
Il clima (II, p. 100; App. I, p. 77). - Sono state istituite dagli Italiani alcune stazioni meteorologiche; i dati elaborati fino a tutto il 1941 sono interessanti soprattutto per quanto riguarda ie precipitazioni. Risulta confermata la presenza di due zone molto piovose nel nord, l'una presso la costa, l'altra in corrispondenza delle Alpi albanesi (sopra 3 metri) e di un'altra meno accentuata nell'Epiro, specie nei M. Acrocerauni (sopra 2 metri); la presenza, al contrario, di aree di piovosità moderata nella bassa Albania costiera (Musacchia) e anche nelle conche orientali (Corcia, meno di 80 cm.), dove anzi la scarsità si va accentuando verso i minimi del bacino del Vardar.
Demografia (II, p. 102; App. I, p. 77). - Nel dicembre 1941 è stato eseguito un censimento della popolazione, del quale si conoscono i risultati sommarî, esposti nella seguente tabella:
Dai dati di questa tabella, confrontati con quelli a p. 77 dell'Appendice I che si riferiscono al censimento del 1930 (popolazione totale 1.003.097), si dedurrebbe un aumento assai cospicuo della popolazione, in sufficiente accordo coi dati che si posseggono, ma solo per qualche anno, per la natalità e la mortalità. Non si hanno dati attendibili per il movimento migratorio. Assai sensibile risulta la prevalenza dei maschi sulle femmine.
Condizioni economiche (II, p. 105; App. I, p. 78). - Si hanno rilevazioni fatte tra il 1936 e il 1940. Da esse risulta anzitutto che i terreni coltivati si ragguaglierebbero al 12% circa (seminativi 5,9; prati 0,9; vigneti 0,1; altre colture legnose o erbacee 5,1), i terreni coltivabili e gli incolti produttivi all'11%, i pascoli al 30%, i boschi al 36% (di essi, peraltro, solo il 15% veri boschi di alto fusto) le aree improduttive all'11% (compreso il 5% di acque, stagni; paludi, ecc.). Si conferma che la coltura più estesa è quella del mais (circa 94.000 ha. nella media 1934-38); segue il grano (38.500 ha.), mentre gli altri cereali (meno di 18.000 ha. fra tutti) hanno minore importanza. Dati statistici degli ultimi anni, un po' incerti, attesterebbero la tendenza ad un incremento della granicoltura (44.000 ha. nel 1945) e a una contrazione di quella del mais (83.000 ha. nel 1945). Per il grano una decisa posizione di primato ha la provincia di Corcia con le sue vaste conche e le ben esposte colline; seguono le altre provincie del sud, Argirocastro e Berat; inoltre la Musacchia (nell'insieme 9/10 di tutte le aree a grano).
La consistenza degli uliveti risulta alquanto maggiore di quanto prima non si credesse: circa 1.580.000 alberi con una produzione media annua di 154.000 quintali: gli oleifici (circa 1325) erano in massima parte di tipo domestico (trappeti), appena 20 a motore (nel 1940). Il vigneto, forse un tempo più diffuso, si incontra ora solo nel sud e sudest (sponde del lago di Ochrida, conche di Corcia, di Bilihtë, di Kolonjë, di Leskovik, ecc.), cioè nell'Albania greco-ortodossa. Unica coltura industriale il tabacco (2000 ha. e forse più) diffusa in piccoli appezzamenti con carattere domestico.
Sulla consistenza del bestiame si ha una statistica del 1938, che darebbe circa 391.000 bovini, 1.574.000 pecore, 932.000 capre, 54.000 cavalli, 45.000 asini, 21.000 bufali e 15.000 maiali; ma questi dati, in grave disaccordo con quelli di rilevazioni precedenti (1927 e 1934), appaiono assai sospetti.
Le esplorazioni e le prospezioni del sottosuolo albanese hanno dato risultati assai soddisfacenti. La produzione di petrolio è andata crescendo fino a raggiungere, in anni di punta, le 200.000 tonnellate, quasi esclusivamente dal bacino del Devoll; tanto che si era costruito un oleodotto lungo 80 km. fino allo scalo di Valona.
Giacimenti di ferro sono stati segnalati e studiati soprattutto nella regione di Kuksi e in quella di Pogradec, ma in queste medesime regioni e in più larga misura a nordest, nell'area tra Tropojë e Krumë presso il confine iugoslavo, sono apparsi numerosi e promettenti giacimenti di cromite, la cui utilizzazione era tuttavia condizionata alla soluzione del problema dei trasporti da regioni così remote ai porti della costa. Lo stesso problema si poneva per molti dei giacimenti di minerali di rame riconosciuti nella regione di Puka, a Rehova, ecc.; uno dei più notevoli fra essi si trova peraltro nel basso Fani a non grande distanza da Alessio.
Tutte le notizie di carattere economico testè esposte si riferiscono agli anni precedenti la seconda Guerra mondiale. Circa le conseguenze di questa sulla situazione attuale dell'economia albanese come pure sulle correnti di esportazione e di importazione, profondamente mutate, si conosce assai poco di sicuro.
Nel periodo nel quale l'Albania è stata unita politicamente all'Italia sono continuati vigorosamente i lavori stradali: ultimata l'autostrada Tirana-Durazzo (85 km.), fu iniziata la costruzione di una ferrovia da Durazzo ad Elbasan. La rete delle strade principali è lunga oggi circa 1600 km.
Sulla base della divisione in provincie, mantenuta quasi senza modificazioni, era stato completato in Albania, nel periodo dell'unione con l'Italia, un riordinamento amministrativo con una divisione in comuni e relativa determinazione dei rispettivi confini.
In seguito alla seconda Guerra mondiale l'Albania si è ordinata (v. appresso) a regime repubblicano.
Finanze (App. I, p. 78). La quasi totalità dell'attività economica del paese è stata nazionalizzata: lo stato e le cooperative esercitano praticamente il monopolio della produzione. Il 20 agosto 1946 il parlamento albanese ha approvato la legge sul piano quinquennale per lo sviluppo dell'economia, la cui attuazione è affidata a una commissione statale per l'economia pianificata; il 27 dicembre 1946 era stato concluso un trattato con la Iugoslavia, che prevedeva l'unione economica e doganale tra i due paesi e l'allineamento delle monete. Tale trattato è stato denunciato dall'Albania nel luglio 1948. Il bilancio, in equilibrio nell'anteguerra, presentava per l'esercizio 1946-47 notevole disavanzo:
Durante la guerra la circolazione monetaria era aumentata da 26 milioni nel 1939 a 406,2 nel marzo 1946. Nel luglio 1946 si procedette quindi a un primo cambio della moneta sulla base di 1 franco nuovo per 5 vecchi. Nel luglio 1947, in ottemperanza anche al trattato con la Iugoslavia (il quale stabiliva che la circolazione albanese dovesse essere proporzionata a quella iugoslava) fu attuata la riforma monetaria e introdotta una nuova unità monetaria, il lek, il cui cambio con il dollaro S. U. venne fissato a 50 lek = 1 $. I franchi in circolazione vennero cambiati al saggio di 1 lek = 9 franchi. Salarî e prezzi furono adeguatì sulla base dello stesso rapporto. Tutte le banche sono state nazionalizzate.
Preistoria e archeologia (II, p. 113). - Le ricerche per la preistoria, promosse dalla missione archeologica italiana, portarono alla scoperta di tracce del periodo paleolitico nella regione meridionale dell'Albania; quivi, nei pressi del lago di Vivari e nella grotta di S. Maria che si apre nel torrente Paula, tra Vagaljo e Murzi, furono trovati oggetti litici della facies musteriana ed altri del paleolitico superiore. I manufatti di tipo musteriano di selce o diaspro e ricavati da ciottoli fluitati comprendono dischi, rozze lame e raschiatoi, talvolta con base a linea sinuosa. Tra quelli del paleolitico superiore, meno numerosi, sono caratteristici i raschiatoi "a muso", le lame e le schegge tagliate con la tecnica del bulino. Altre tracce del periodo paleolitico vennero segnalate presso il villaggio di Gradishta, mentre nella zona dei monti Acrocerauni e delle baie di Valona e di Dukati vennero individuate vestigia di abitati neolitici. Nei pressi del villagio di Dukati (grotta detta del Kanalit) apparvero anche tracce di industria eneolitica, ma per il periodo eneolitico le ricerche a Velca, non lungi da Valona, sono state di gran lunga più conclusive. In questa localita, accanto ad un ricco armamentario litico, le cui forme, per il taglio regolare, rivelano indubbia conoscenza di oggetti metallici, fu trovata una ricca messe di frammenti di vasi. Alcuni appartengono al tipo di ceramica di impasto grossolano nerastro, altri alla ceramica di argilla scura con ornati incisi, oppure di argilla depurata rossa con superficie levigata e decorata con ornati dipinti in rosso e nero. Le analogie più immediate rivelate da questi vasi, si hanno con la ceramica tessala dei primi due periodi, con quella del territorio nord-occidentale greco e delle stazioni eneolitiche dell'Italia meridionale. Queste analogie confermano ancora una volta quei rapporti di commercio e forse anche etnici, tra le due sponde dell'Adriatico, già precedentemente supposti.
Per la conoscenza delle epoche successive, notevolmente fruttuosa è stata la continuazione degli scavi italiani di Butrinto (VIII, p. 181), dove sulla vetta dell'acropoli venne in luce, oltre a frammenti di terrecotte votive ed architettoniche, un deposito, forse proveniente da una stipe sacra, di vasi protocorinzî, corinzî del VII-VI secolo ed attici del VI secolo. In uno dei frammenti corinzî il nome di Athena prova il culto della dea nel luogo. Questi vasi, nel loro complesso, documentano le prime relazioni commerciali con le genti greche. Nella città bassa, cinta da poderose mura, la scoperta di una porta munita di un complesso sistema di fortificazione e che si apre in direzione del mare, attesta che la difesa della città fu rinforzata al principio dell'età ellenistica, quando essa fu coinvolta nelle agitate vicende che seguirono alla morte di Alessandro Magno. La porta era fiancheggiata da due robuste torri quadrate e quella alla destra era prolungata verso l'esterno da un corpo semicircolare, in maniera da aumentare la potenza dell'offesa verso il fianco dell'assalitore, non protetto dallo scudo. Inoltre nella città bassa venne scoperto un grande edificio con spaziose sale, delle quali una absidata, e con vaste aree scoperte; forse costituiva il ginnasio. Altri tre edifici termali di età romana, appartenenti nel nucleo originale al II secolo d. C. e più volte ricostruiti, sono stati scoperti, confemiando la ricchezza di acqua della città.
Pochi ritrovamenti sono stati possibili a Durazzo, dove la città moderna si è impiantata sul posto di quella antica; pure si possono segnalare la scoperta di un tesoretto di quattromila denari di argento di età imperiale e quella di alcune sculture. Altrove, ricerche italiane nei pressi di Gradishta ne hanno confermato la identificazione, già da tempo proposta, con l'antica Byllis, e delimitato la cinta di fortificazione forse del secolo IV a. C. e la cavea del teatro; analogamente, le rovine presso l'odierna Pliocia sono state nuovamente investigate, confermandone l'identificazione con la citta, più volte menzionata da scrittori antichi, di Amanzia. Infine, abitati preromani furono segnalati a Petrela, nei pressi di Tirana, e a Kalaja Rrmait presso Gramsci. Ad Apollonia una missione archeologica francese aveva messo in luce notevoli edifici, tra cui un portico lungo m. 77 e largo m. 12 di età ellenistica, un odeo e il monumento detto degli Agonoteti, formato da un portico, da un vestibolo e da una piccola cavea, elevato in età romana da Quinto Villio Crispino Furio Proculo, pritane ed agonoteta, in onore del fratello; ed aveva esplorata parte della necropoli. In successivi scavi italiani sono stati scoperti un ricco monumento funebre, in forma di tempio in antis, appartenente alla seconda metà del II secolo d. C., e i resti di un grande edificio, forse il ginnasio di età imperiale romana, impiantato su di un edificio più antico. Numerosi frammenti di anfore vinarie rodie testimoniano l'attività commerciale della fiorente città, nella quale sono state scoperte anche pregevoli opere di scultura.
Bibl.: L. M. Ugolini, in Rend. Accad. Lincei, s. VI, IX, 1935, p. 10 segg.; d., Albania Antica, III (L'Acropoli di Butrinto), Roma 1942; L. Rey, in Albania rev. d'arch., II, 1927, p. 11, segg., III, 1928, p. 13 segg. IV, 1932, p. 9 segg., V, 1935, p. 7 segg., VI, 1939, p. 13, segg.; D. Mustilli, in Rend. Accad. d'Italia, II, 1941, p. 677 segg. e in Rivista d'Albania, I, 1940, p. 279 segg., 319 segg., II, 1941, p. I, segg., III, 1942, p. 31 segg., p. 178 segg., IV, 1943, p. 83 segg.; A. de Franciscis, in Rend. Accad. Lettere, Arch. e B.A. di Napoli, XXI, 1941, p. 273 segg.; C. P. Sestieri, in Rivista d'Albania, III, 1942, p. 1 segg., IV, 1943, p. 34 segg. ed in Epigraphica, III, 1942, p. 110 segg., IV, 1942, p. 127 segg. e in Bull. del Museo dell'Impero Romano, XIII, 1942, p. 3 segg.; id., Studi e Testi editi dall'Ist. di Studi Albanesi, vol. II, 1943 e in Le Arti, 1943, p. 115 segg.
Storia (II, p. 114; App. I, p. 79). - La posizione politico-economica acquistata dall'Italia in Albania, incontrò difficoltà nel suo sviluppo dopo che la crisi dei Sudeti del 1938 inasprì il gioco diplomatico fra potenze dell'Asse e potenze occidentali e l'eventualità d'un conflitto indusse i governi delle grandi Potenze a compiere ogni sforzo per raggiungere nuove posizioni politiche, indebolendo quelle avversarie. Anche il governo albanese subì pressioni da parte inglese e francese perché respingesse la tutela di fatto dell'Italia e, coincidendo tali pressioni con l'opposto tentativo del governo italiano di vincolare sempre più l'Albania al suo destino politico e farle accettare più ampie sue iniziative economiche, non rimasero senza effetto sulle decisioni di re Zogu. La prospettiva di una maggiore libertà di movimenti, che la situazione generale europea offriva, venne accolta con interesse dal sovrano albanese che aveva bisogno, per consolidarsi all'interno, di mostrare una sua autonomia dì volontà, e che riteneva ora rovesciate le posizioni in quanto era l'Italia a dover tenere in gran conto l'amicizia albanese. Non considerò che, irrigidendosi nei confronti di Roma, poteva dare la giustificazione a Mussolini di compiere l'estremo passo nel controllo assoluto dell'Albania. Un segno della reazione di Mussolini si ebbe con la sospensione delle quote del prestito all'Albania e l'invio di unità della flotta da guerra nelle acque albanesi. Allorché, l'8 marzo 1939, Tirana propose di mettere su basi aggiornate l'alleanza, la risposta fu che dal momento che era stata sollevata la questione di una modificazione dei rapporti fra l'Italia e l'Albania, essa doveva essere risolta "nel senso di rafforzare l'alleanza sino ad accomunare nello stesso destino i due stati e i due popoli". Non era quanto chiedeva re Zogu e la tensione si aggravò sfociando nello sbarco delle truppe italiane.
Per l'occupazione militare dell'Albania fu costituito un corpo di spedizione, composto da 1 divisione di fanteria, 4 reggimenti di bersaglieri, 2 battaglioni carri armati, 1 gruppo di squadroni carri veloci, il battaglione "S. Marco", 2 battaglioni di camicie nere, 2 gruppi artiglieria di medio calibro, altri minori elementi di artiglieria, del genio e dei servizî; esso prese imbarco, il 6 aprile, nei porti di Bari, Brindisi e Taranto, sopra un convoglio di circa 20 navi da trasporto. A Grottaglie, un reggimento granatieri fu tenuto pronto ad essere aviotrasportato a Tirana, non appena si fosse ottenuta la disponibilità di quell'aerodromo. Il corpo di spedizione, agli ordini del generale A. Guzzoni, contava complessivamente 22.000 uomini, 64 pezzi d'artiglieria, 140 carri armati, 2.000 autoveicoli e motociclette, 5.000 biciclette, 2.500 quadrupedi. Il convoglio navale salpò, nel pomeriggio del 6 aprile, scortato da un'imponente forza navale: 2 corazzate, 7 incrociatori, 16 caccia, 14 torpediniere, 10 sommergibili e altre navi minori, mentre negli aeroporti pugliesi erano riuniti oltre 6 stormi di aviazione da caccia, da bombardamento, da ricognizione, da trasporto. L'insieme delle forze impiegate era cospicuo e tale da scoraggiare ogni eventualc reazione armata. Anche alle frontiere metropolitane, con la Francia e con la Iugoslavia, fu attuata una cauta, ma vigile sorveglianza. Il corpo di spedizione si articolò in quattro colonne che, alle primissime ore del 7 aprile, precedute da reparti di marinai, sbarcarono rispettivamente a S. Giovanni di Medua (colonnello A. Scattini), a Durazzo (generale G. Messe), a Valona (colonnello T. Bernardi), a Santi Quaranta (colonnello M. Carasi). Le resistenze furono lievissime, un po' più intense a Durazzo e a S. Quaranta, e vennero ovunque rapidamente vinte, anche con l'ausilio delle artiglierie navali. Le perdite italiane assommarono in tutto a 12 morti e 53 feriti. Poco dopo le 10, a Durazzo, si presentarono parlamentari di re Zogu, che però tendevano soltanto a prender tempo e quindi le operazioni di occupazione, dopo breve sosta, proseguirono. Le colonne del corpo di spedizione, lasciato un adeguato presidio nei rispettivi porti di sbarco, si irradiarono verso gli obbiettivi assegnati e, precisamente, la colonna Scattini marciò su Scutari, che raggiunse il giorno 8 e, contemporaneamente, inviò un distaccamento ad Alessio; la colonna Messe si diresse su Tirana, ma fu ritardata nella sua marcia dall'interruzione, provocata dagli Albanesi, del ponte di Shijak, sul fiume Arzèn e dall'opportunità di attendere che fosse completato lo sbarco delle artiglierie e dei materiali; la colonna Bernardi puntò su Fieri e Berat e la colonna Carasi si spinse verso Delvino e Argirocastro. Come previsto, la popolazione si dimostrò favorevole all'azione italiana e si ebbero in varî centri festose manifestazioni di giubilo. Tirana venne occupata dalla colonna Messe la mattina dell'8 e poco dopo prese terra il reggimento granatieri aviotrasportato da Grottaglie. L'occupazione dell'Albania fu completata, pacificamente, in pochi giorni: Scutari, Elbasan, Delvino furono raggiunte lo stesso giorno 8 e alla sera re Zogu, accompagnato dalla consorte, dal figlio e da un piccolissimo seguito, si rifugiò in Grecia. Argirocastro ru occupata il giorno 9; Berat, la zona petrolifera del Devoli, Corizza, Croia il 10; Tepeleni, Prëmet, Bilishtë il giorno successivo; Kukes e Peshköpijë il 12. Dall'Italia furono, subito dopo, inviate altre divisioni, allo scopo di costituire in Albania una stabile sistemazione militare, nella quale fu assorbito totalmente il preesistente esercito albanese.
Nel frattempo re Zogu era fuggito ìn Grecia senz'aver organizzato una seria resistenza. L'ambasciatore Francesco Jacomoni, che aveva già concordato con gli esponenti ostili al re i piani d'azione, fu in grado di promuovere subito la formazione di un governo presieduto da Shefqet Verlaci e di riunire un'assemblea costituente. Questa, il 12 aprile, offrì la corona d'Albania al re d'Italia, proclamando l'unione personale tra i due paesi. Vittorio Emanuele III delegò i suoi poteri in territorio albanese ad un luogotenente generale, nella persona di Jacomoni. Il 3 giugno fu emanato lo "statuto fondamentale del regno d'Albania" che estendeva all'Albania le basi costituzionali dello stato italiano. L'unico organo caratteristico era il Consiglio superiore fascista corporativo, formato dai componenti del Consiglio centrale del partito fascista albanese e dai componenti effettivi del Consiglio centrale dell'economia corporativa, quale espressione del potere legislativo.
La necessità di far sentire il meno possibile agli Albanesi la perdita dell'indipendenza, oltre che di costituire una piattaforma di penetrazione politico-economica nella penisola balcanica, diede alcuni vantaggi di carattere economico e commerciale all'Albania. La viabilità, i lavori di bonifica, lo sfruttamento del sottosuolo, l'attrezzatura dei porti, la trasformazione edilizia delle principali città fecero dei progressi notevoli. Questi lavori, insieme alle esigenze delle numerose guarnigioni militari e alle iniziative degli Italiani che si stabilirono in territorio albanese, provocarono il sorgere di piccole industrie, diedero impulso all'artigianato locale, in definitiva elevarono il livello di vita del popolo albanese. S'incominciò a formare una piccola borghesia cittadina, di commercianti e professionisti, che si pose per la prima volta il problema dell'individualità della nazione albanese, dei suoi rapporti con le altre nazioni balcaniche, dei suoi elementi di sviluppo. L'opposizione alla dominazione italiana poté contare su forze scaltrite, più mature per una lotta politica organizzata.
La difficoltà d'associare strettamente gli Albanesi alla vita italiana costrinse il governo fascista a continue concessioni, a dare nuovi sbocchi alle ambizioni albanesi, a creare situazioni di contrasto politico tra gli Albanesi e i popoli con essi confinanti, tali da isolare l'Albania nel quadro balcanico e da renderle indispensabile la cooperazione italiana. Lo sviluppo dell'Albania doveva apparire condizionato ai suoi legami con l'Italia. A queste esigenze ubbidì il programma di annessioni territoriali all'Albania, cui diedero occasione le guerre contro la Grecia (ottobre 1940-aprile 1941; v. grecia) e contro la Iugoslavia (aprile 1941; v. iugoslavia). L'ingrandimento territoriale dell'Albania rappresentò il mezzo per ottenere dal popolo albanese un atteggiamento per lo più leale durante le fasi critiche per le quali passò la campagna militare contro la Grecia. Nell'aprile 1941 l'Albania si annetteva la Ciamuria - zona di confine colla Grecia, con centro Giannina - il Cossovo e parte della Macedonia iugoslava coi centri di Dibra, Struga, Tetovo, Gostivar e Kičevo.
Il movimento d'opposizione all'Italia, dapprima poggiato su elementi isolati, si organizzò allorché poté collegarsi alle forze partigiane che dal 1941 sorsero in Serbia, in Montenegro, in Bulgaria. A un serbo di Ipek, Dušian, e a un montenegrino di Gusinja, Melavin, si deve il primo tentativo di formare in Albania un gruppo armato col compito di attacco contro le truppe e le attrezzature militari italiane e di incitamento alla rivolta. Essi erano stati arrestati all'inizio del conflitto con la Iugoslavia ed erano riusciti a fuggire da Valona, rifugiandosi in un villaggio dell'Albania meridionale, Kanina. Li raggiunse quasi subito Enver Hoxha, col prestigio d'una attività clandestina notevole e d'una grande capacità organizzativa. Nuclei di armati incominciarono ad operare in varî punti dell'Albania, mettendo in continuo allarme le guarnigioni italiane e preparando lentamente un'atmosfera di lotta colle loro azioni di disturbo, coi loro attacchi improvvisi. La loro mobilità e la collaborazione delle popolazioni rendeva difficile impegnarli in combattimento e neutralizzarne l'azione. In pari tempo si sviluppò il lavoro di propaganda a base di opuscoli, di fogli volanti, che giungevano in ogni villaggio, nelle campagne e prospettavano la imminente riscossa del popolo albanese, suggerivano la linea di condotta da seguire, minacciavano rappresaglie contro chi collaborava con lo straniero, esaltavano le gesta partigiane. A Prëmet si svolse nel 1942 il primo congresso del movimento partigiano, che tracciò un organico programma di lotta e ne affidò la direzione a Enver Hoxha.
Dopo l'armistizio dell'Italia cogli Alleati (8 settembre 1943), sostituitisi i Tedeschi nell'occupazione del paese alle truppe italiane, che solo in piccola parte poterono schierarsi con gl'insorti indigeni, vennero meno talune perplessità e incertezze che avevano prima impedito a vasti strati del popolo albanese, per convinzione o interesse legati all'Italia, di affiancarsi ai partigiani e la lotta acquistò in popolarità, assunse meglio il carattere di lotta di liberazione nazionale e poté contare su una più attiva solidarietà della massa della nazione. Dai primitivi nuclei di partigiani si sviluppò un vero e proprio esercito, con numerose formazioni forti per consistenza e slancio combattivo, coordinate l'una all'altra. I comandi locali tedeschi cercarono nell'asprezza della reazione quella possibilità di dominare la situazione che gli effettivi di truppe a loro disposizione non offrivano. La cifra di ventiduemila caduti albanesi - se confrontata al milione di abitanti dell'Albania - indica quanto fosse dura la lotta durante i quattordici mesi di occupazione tedesca. Nel maggio 1944 si costituì il Comitato antifascista di liberazione nazionale, divenuto poco dopo Fronte di liberazione nazionale (F N C), sotto la presidenza di Enver Hoxha. In ottobre, con sede Berat, venne formato un governo democratico, presieduto da Hoxha, che assunse anche il comando delle truppe. A fine ottobre ebbe inizio l'attacco generale contro le forze tedesche che portò, il 17 novembre, alla liberazione di Tirana e, nei giorni successivi, di Durazzo e Scutari. In dicembre quasi tutta l'Albania era sotto il controllo del Fronte di liberazione nazionale. Circa settantamila uomini mossero dall'Albania verso il Montenegro e la Bosnia contribuendo alla lotta del maresciallo Tito contro i Tedeschi.
Alla guerra partigiana parteciparono anche truppe italiane. Infatti la proclamazione dell'armistizio aveva sorpreso in Albania la 9ª armata, che in gran parte fu sopraffatta dai Tedeschi. La divisione "Perugia" tentò di opporre resistenza nella zona di Tepeleni-Delvino-Santi Quaranta, ma soggetta alla concentrica pressione dei partigiani e dei Tedeschi fu dispersa e subì, per rappresaglia tedesca, gravi perdite. La divisione "Firenze", che trovavasi a Croia, accordatasi con i partigiani, combatté con alterna vicenda contro i Tedeschi e mantenne la sua unità organica fino al 29 settembre 1943, giorno in cui si trasformò in "Comando militare italiano delle truppe della montagna" e continuò la lotta contro i Tedeschi sotto forma di guerriglia. Militari provenienti da diversi reparti furono riuniti nel battaglione "Gramsci", che contribuì anch'esso notevolmente alla guerra partigiana, fino alla evacuazione delle truppe tedesche dall'Albania.
Il fatto che quasi nessun contingente di truppe alleate, salvo pochi gruppi di paracadutisti e caccia avesse partecipato alla liberazione nazionale diede al nuovo governo albanese una autonomia di decisioni che si ripercosse sulla rapidità delle trasformazioni interne di carattere costituzionale e sociale. L'11 febbraio 1945 fu proclamata la repubblica del popolo albanese. Il Fronte nazionale, uscendo vittorioso dalle elezioni del 2 dicembre 1945 (93,8% dei voti), rimase arbitro dell'indirizzo politico-sociale dell'Albania. Il governo Hoxha venne riconosciuto nell'ottobre 1944 dalla Iugoslavia, dalla Bulgaria e dall'Ungheria, il 10 novembre successivo dalla Gran Bretagna, dagli Stati Uniti e dall'Unione Sovietica e, il 26 dicembre, dalla Francia. Il suo orientamento di politica estera fu subito volto a stabilire i più stretti rapporti con gli altri paesi balcanici, soprattutto con la Iugoslavia. Uno dei primi atti di Hoxha fu di rinunziare al distretto di Cossovo. Il 10 luglio 1946 tra Belgrado e Tirana venne firmato un trattato di amicizia e mutua assistenza completato, nel dicembre dello stesso anno, da un accordo di unione doganale. Taluni ambienti albanesi si sono anche prospettata l'utilità di entrare come settima repubblica autonoma nella Repubblica popolare iugoslava.
Bibl.: Oltre gli scritti apparsi in Studi albanesi, editi dell'Istituto per l'Europa orientale in Roma e nella Rivista di Albania, pubblicata a Roma, fra il 1940 e il 1943, sotto la direzione di F. Ercole, vedi: A. Baldacci, Studi speciali albanesi, 3 voll., Roma 1933-37; C. Tagliavini, Lingua albanese, in Studi Albanesi, voll. V-VI, Roma 1935-36; M. Urban, Die Siedlungen Südalbaniens, in Tübinger geogr. Abhandl., R. II, Heft 4, 1938; P. Verani Borgucci, I petrolî d'Albania, Roma 1939; ISPI, Ufficio Studî, Albania, Milano 1940; Consociazione turistica italiana, Albania (Guida, preceduta da un ampio sguardo d'insieme con contributi di varî autori); M. Boldrini, Sull'antropologia e la demografia degli Albanesi, in Giorn. degli Economisti, luglio-agosto 1940; A. Giannini, L'Albania dall'indipendenza all'unione con l'Italia, Milano 1940; S. Zuber, Appunti sulla tettonica e sull'evoluzione geologica dei giacimenti metalliferi albanesi, con carta tettonica dell'Albania, Roma 1940; Istituto di studi adriatici, Albania, 2 voll., Venezia 1940-41 (contributi di varî autori); A. Sestini, Le pianure costiere dell'Albania, in Boll. Soc. Geogr. Ital., 1940; id., I laghi dell'Albania, in Riv. Geogr. Ital., 1941; id., La Ciamuria, in Boll. Soc. Geogr. Ital., 1941; B. Castiglioni, Tirana, in Boll. Soc. Geogr. Ital., 1941; M. Magnani, Bibliografia geologica e geografico-fisica dell'Albania, 2ª ed., Roma 1941; P. Frosini, Contributo alla valutazione delle risorse idroelettriche dell'Albania, in L'energia elettrica, Roma 1941; G. Lorenzoni, Albania agricola, pastorale e forestale, in Giorn. degli Economisti, 1941; F. Milone, L'Albania economica, Padova 1941; Erich von Luckwald, Albanienland zwischen Gestern und Morgen, Monaco 1942; Società geografica italiana, L'Albania, Bologna (1943) con contributi di varî autori. Per le finanze confronta anche il Bollettino congiunturale della rivista Mirovoe Khoziaistvo u Mirovaia Politika, luglio 1947.