Figlio di Alberico di Spoleto e di Marozia (m. Roma 954), reagendo (questa la tradizione) a un'offesa fattagli da Ugo di Provenza, re d'Italia, terzo marito della madre (932), con l'aiuto dell'aristocrazia romana ostile a Ugo, in cui vedeva minaccia di predominio straniero, cacciò il patrigno, imprigionò la madre e il fratello, papa Giovanni XI, e divenne signore assoluto di Roma col titolo di princeps et senator Romanorum. Avocò a sé ogni potere, inviando conti in Campania e duchi in Sabina, e dominando i quattro papi (Leone VII, Stefano VIII, Marino II, Agapito II) succedutisi durante il quarto di secolo del suo principato, che esprimeva la fierezza, nel grande ricordo dell'antico, dell'aristocrazia militare romana. Amico di Oddone di Cluny, favorì in ogni modo la riforma monastica. Lottò con fortuna contro i tentativi di Ugo di Provenza di rioccupare Roma (933 e 936), fino a che questi rinunciò (946) al suo proposito. Per sua volontà, fu rifiutata (951) l'incoronazione imperiale a Ottone I. Prossimo a morire, nel 954, ottenne dalla nobiltà romana l'impegno di eleggere pontefice, alla morte di Agapito, suo figlio Ottaviano. Nella disgregazione politica e civile dell'Europa del sec. 10º il tentativo di A. spicca tra gli analoghi episodî a carattere locale per aver sviluppato coerentemente a contatto del potere religioso universale del papato la tradizione particolaristica dell'aristocrazia romana.